In tutta
la tradizione del pensiero filosofico, dalle origini al XIX secolo,
il «Divenire delle Cose» (ossia «L’ Esser-Cosa», come oscillazione tra «L’
Essere» e il «Niente») viene inteso non come l’ aspetto definitivo e
conclusivo, ma come l' aspetto originario e originariamente manifesto del
«Senso» della «Cosa»: come l’ aspetto che, per quanto indubitabile e
prioritario, deve essere però integrato dall’ affermazione dell’ esistenza di
una realtà «Indiveniente», «Eterna», «Immutabile», «Divina», e deve essere così
integrato, appunto perché è la «Verità» stessa a richiederlo.
L’ evocazione Greca del «Senso»
della «Cosa» sprigiona cioè la «Volontà di Dominio», ma questa «Volontà» è
circondata dai limiti invalicabili della «Divina Realtà Immutabile» e delle sue
proiezioni nel mondo (le Leggi di natura, Fisiche, Psichiche, Morali,
Politico-Giuridiche, ecc.).
Con la
Filosofia Contemporanea incomincia, invece, ed è tuttora in atto, un
processo di autocritica della Filosofia, dove vien messa sempre più in
questione ogni «Verità» che presuma presentarsi come «Incontrovertibile e
Immutabile», e ogni «Realtà» «Indiveniente ed Eterna». Ma anche nella Filosofia
Contemporanea continua a rimanere fermo il «Senso» Greco della «Cosa»; anzi si
presenta nella sua maggiore purezza e radicalità, in quanto l’ oscillazione
delle «Cose» tra «l’ Essere» e il «Niente» non è più intesa soltanto come l’
aspetto originario e originariamente evidente delle «Cose», ma anche come il
loro aspetto definitivo. In questo modo la «Volontà di Dominio» non trova più
alcun limite nell’ esistenza di una realtà «Immutabile» , ma può spingersi sino
a progettare il «Dominio» della totalità stessa delle «Cose». Un «Dominio» che
sembra tanto più concreto e lontano dall’ utopia quanto più efficace e potente
si presenta il Sapere Scientifico, che forse più di ogni altro fattore ha
contribuito a mettere in questione l’ idea di una «Verità» o di una «Realtà» «Immutabili». La
Filosofia Contemporanea è pertanto completamente solidale con la «Scienza
Moderna» e con la Civiltà della «Tecnica».
Ma
è ancora completamente aperta la questione di fondo, sulla quale
nessuno si interroga, ma dalla quale dipende il «Destino dell’ Occidente e
dell’ Intero Pianeta»:
Qual’ è la «Verità» del «Senso» Greco della «Cosa»? e dunque: Qual’ è la
«Verità» della nostra Civiltà? Queste domande ne portano con sé un' altra:
Qual’ è la «Verità» della negazione della «Verità»?
Sino a
che queste domande restano senza risposta, ogni pretesa di comprendere
il «Senso» della nostra esistenza nella Civiltà della «Tecnica» è destinata a
fallire; come lo sono tutti i tentativi di risolvere i problemi concreti del
nostro tempo. Se alla loro radice si trova la «Volontà di Dominio» e di
«Potenza» (la Volontà che oggi si presenta come possibilità di distruzione
della Terra) e se la «Volontà di Potenza» si sprigiona dal «Senso» Greco della
«Cosa», allora la possibilità del tramonto della «Volontà di Potenza» è
affidata innanzi tutto alla possibilità del tramonto di quell’ evento
gigantesco che è l’ apertura del «Senso» Greco della «Cosa».
Ma affinché questa possibilità sia
autentica, è innanzi tutto necessario conoscere gli «Abissi» e le
«Altezze» del pensiero filosofico, e la sua crescita storica, e il suo
incarnarsi negli eventi e nelle forme della nostra civiltà .
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