venerdì 7 febbraio 2014

TECNICA - STATO - ECONOMIA


Una delle radici dello Stato moderno è il desiderio dell' uomo di sottrarsi all' imprevedibilità della vita, facendo funzionare lo Stato come una macchina tecnicamente razionale a cui viene riconosciuto il monopolio della forza e che quindi consente a ognuno di calcolare in anticipo le conseguenze delle azioni proprie e altrui. Così si esprime Max Weber; ma questa constatazione risale a Hobbes. Allo Stato si chiede di eliminare il più possibile il rischio del vivere. 
Anche il Capitalismo è un calcolo razionale (a differenza delle forme violente di acquisizione della ricchezza). Tuttavia è anche rischio, scommessa, imprevedibilità delle conseguenze dell' agire. Due componenti inseparabili, fino a che il Capitalismo esiste nella sua forma tradizionale. 
Il talento dell' imprenditore (vedi pubbl. Ottobre 2013) sta nell' indovinare ciò che dal punto di vista scientifico è imprevedibile: la forma relativamente più remunerativa di investimento. A sua volta, il talento è inseparabile dalla fortuna. Il più capace degli imprenditori, se è sfortunato, non è capace. Oggi si sa che una teoria scientifica non è valida se non è confermata e che tale conferma è una forma di fortuna, una circostanza felice. 
Ma l' imprenditore capace deve avere una fortuna incomparabilmente più grande di quella richiesta per le teorie scientifiche: egli ha tanto più successo quanto più rischia, cioè si lascia alle spalle le precauzioni della razionalità scientifica, che essendo di dominio pubblico sono adottabili anche dalla concorrenza. Sebbene siano entrambi macchine tecnicamente razionali, Stato e impresa capitalistica vanno dunque in direzioni opposte: azzeramento e moltiplicazione del rischio. 
La tendenza verso lo Stato-Azienda , o l' Azienda-Stato , non è soltanto un fenomeno italiano. Alla sua base sta il crescente potenziamento dell' Economia e il crescente indebolimento dello Stato moderno. Ciò nonostante, a tale potenziamento corrisponde non solo l' indebolimento dello Stato, ma anche quello della produzione economica legata principalmente al rischio, al talento e alla fortuna del singolo imprenditore. 
La macchina economica tende a diventare l' erede della macchina statale e del compito, proprio di quest' ultima, di garantire gli individui dal rischio del vivere. Contro l' oppressione di uno Stato sempre più obsoleto rispetto ai bisogni della società civile, le «Destre» mirano invece, ancora, a un' Azienda-Stato diretta da ultimo (sebbene non esclusivamente) da uno o più superimprenditori capaci di rischiare e soprattutto fortunati. 
Ma in questo modo si mira a qualcosa che corre a sua volta il rischio di diventare obsoleto prima di nascere. Lo Stato-Azienda, così inteso, è uno Stato a rischio. Certo, in Democrazia l' elettorato ha il diritto di rischiare e di imporre il rischio alle minoranze, credendo che la fortuna continuerà ad accompagnare i superimprenditori statali. Però è opportuno sapere quel che si sta facendo. 
La difesa dello Stato tradizionale contro le prevaricazioni dell' Economia è invece propria delle «Sinistre». Che a loro volta stentano a comprendere la tendenza, di cui si è detto, che conduce dalla macchina tecnicamente razionale dello Stato a quella di una Economia sempre più simile alle procedure scientifiche e sempre meno bisognosa del carisma e della fortuna di certe persone , la presenza delle quali può peraltro costituire un passaggio obbligato.
Ormai, anche le «Sinistre» credono nella necessità di rafforzare l' iniziativa privata; e la concezione minimalista dello Stato non equivale, per le «Destre», alla soppressione di esso. Ma le «Sinistre» continuano a credere nella capacità dell' apparato giuridico statale di guidare i popoli. Per esse la crisi dello Stato può essere superata restando all' interno della Politica.

Si tratta di comprendere che è la «Tecnica» a conferire potenza agli Stati e alle Economie. Nel suo significato più autentico la «Tecnica» è la «Potenza» che presta ascolto alla voce del pensiero filosofico degli ultimi due secoli , la voce cioè che mostra l' inesistenza di ogni limite assoluto all' agire dell' uomo e innanzitutto all' agire tecnico. Tale ascolto non va confuso con un ozio astratto: è la condizione che consente all' operatività «Tecnica» di accrescere indefinitamente la propria «Potenza». 
Andiamo verso un tempo in cui, a eliminare il rischio del vivere, non sarà più né la forma tradizionale dello Stato né lo Stato-Azienda, ma la «Tecnica», di cui entrambi hanno così bisogno da doverla togliere dalla sua funzione di «mezzo» per assegnarle quella di «scopo». Non più lo Stato o lo Stato-Azienda che si servono della razionalità tecnologica, ma quest' ultima che si serve di ciò che rimane di essi una volta che da scopi siano diventati mezzi: mezzi di cui la «Tecnica» può servirsi per accrescere il proprio «Dominio sul mondo». Se a questo punto si vuol usare ancora la parola Politica, si può dire che la grande Politica è destinata a restare estranea alle «Destre» e alle «Sinistre» mondiali fino a quando non comprendano l' inevitabilità della rotazione che dalla dominazione dello Stato e dell' Economia conduce alla «Dominazione della Tecnica».

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