venerdì 7 marzo 2014

IL TRAMONTO DELLA FILOSOFIA NELLA SCIENZA E NELLA TECNICA


La Scienza oggi intende essere la forma autentica del sapere umano e quindi la pietra di paragone cui debbono commisurarsi tutte le altre forme di conoscenza e innanzitutto la Filosofia. Inoltre, la Scienza si presenta come la guida più affidabile nelle decisioni che l’ uomo deve prendere e come lo strumento più efficace per risolvere i problemi sempre più complessi della vita. La Scienza ha ereditato il peso e la posizione centrale che la Filosofia possedeva nella cultura europea del passato. 
L’ «agire umano», a sua volta, diventa sempre più specialistico quanto più esso è guidato dalla Scienza. La logica della Scienza è ormai adottata dalle grandi forze mondiali. Stati Uniti e Unione Sovietica (Vedi pubbl. dicembre 2013) «Mondo Capitalistico e Comunista» sono ormai gigantesche strutture di amministrazione «Scientifico-Tecnologica» della terra, il cui «Dominio» è tanto più efficace quanto più esse considerano gli oggetti e gli eventi come campi isolati. 
La nostra cultura è indubbiamente consapevole della progressiva specializzazione del «conoscere» e dell’«agire», dove, in nome della Scienza, la Filosofia viene sempre più radicalmente «emarginata». Ciò che invece la nostra cultura non riesce a scorgere è il carattere profondamente, essenzialmente filosofico dell’ «emarginazione» della Filosofia. 
Il Tramonto della Filosofia nella Scienza è un’ avventura della Filosofia: non avviene lasciando alle proprie spalle la dimensione che la Filosofia, sin dal suo inizio, ha portato alla luce, ma  Avviene all’ «Interno» di questa dimensione. Tale dimensione è il «Senso» che il pensiero greco attribuisce all’«Esser-Cosa» delle «Cose» del mondo. 
A partire dai Greci, una «Cosa» è ciò che oscilla tra L’«Essere e il Niente». Una «Cosa» è ciò-che-è, ma che non era (era «Niente», tutta o in parte) e tornerà a «Non Essere». Appunto per questa sua relazione all’«Essere e al Niente», i Greci chiamano «Ente» la «Cosa». L’«Ente» è ciò che «Diviene». Per l’ intera tradizione filosofica, infatti, L’«Ente» Immutabile, Ingenerato, Imperituro, Eterno, (l’ Ente che non esce dal «Niente» e non vi ritorna) è «Eterno» non per il fatto di essere un «Ente» (in quanto l’ Immutabile è un «Ente», secondo la nostra cultura potrebbe Divenire, nascere e morire), ma perché è un certo «Ente» che possiede una struttura privilegiata rispetto a tutte le «Cose» che escono dal «Niente» e vi ritornano. 
Il «Senso» greco della «Cosa» è lo spazio in cui cresce l’ intera Civiltà Occidentale. L’ estrema capacità di «Dominio», che compete alla nostra Civiltà, è fondata sulla persuasione che le «Cose» non sono indissolubilmente legate né all’ «Essere» né al «Niente», e che quindi è possibile agire su di esse, cioè guidare e controllare la loro oscillazione tra l’ «Essere e il Niente». La «Potenza» della nostra Civiltà supera ogni altra «Potenza», perché guida un’ oscillazione la cui ampiezza è infinita, cioè riesce a percorrere l’ infinita distanza che separa ciò che è dal «Niente». 
Dio , il primo Tecnico, crea il mondo dal «Nulla» e può risospingerlo nel «Nulla». La «Tecnica», l’ ultimo Dio, ricrea il mondo e ha la possibilità di annientarlo. 
Ma il Tramonto della Filosofia nella «Scienza e nella Tecnica» ha un carattere essenzialmente filosofico, non solo perché la Civiltà della «Scienza e della Tecnica» è il modo con cui oggi domina il «Senso» greco della «Cosa», ma perché è proprio questo «Senso» a condurre inevitabilmente alla specializzazione del «conoscere» e dell’ «agire». Infatti, se le parti del mondo escono dal «Niente» e vi ritornano, esistono, ma sarebbero potute rimanere un «Niente», ognuna di esse si trova in una relazione «accidentale» con le altre. Ciò che esce dal «Niente» non può avere alcun legame indissolubile con ciò che già esiste: sopraggiunge, non avendo stretto in precedenza alcun patto col già esistente, non avendo in vista alcunché, non avendo di per se stesso alcuno scopo; essendo dunque qualcosa di semplicemente giustapposto e quindi di assolutamente isolato dal contesto in cui viene a trovarsi. L’ «agire» è quindi completamente libero di assegnarli qualsiasi scopo, lo può manipolare senza limiti, come avviene ad esempio nei progetti dell’ «Ingegneria Genetica» e in generale nel progetto tecnologico di «Dominio» di qualsiasi aspetto del mondo. 
Il «Senso» greco della «Cosa» sta al fondamento della persuasione, dominante nella cultura contemporanea, che il mondo sia un aggregato di parti isolate, la cui conoscenza è quindi ottenuta da una specializzazione sempre più rigorosa del sapere. La Scienza, in quanto sapere specialistico, si fonda sul «Senso» che l’ «Ontologia» greca ha assegnato una volta per tutte all’«Esser-Cosa» delle «Cose», e d’altra parte la Scienza è incompatibile con quella conoscenza filosofica della totalità degli «Enti» che, daccapo, è stato proprio il pensiero greco a portare per la prima volta alla luce. 
La Filosofia, nascendo, si presenta come «Epistéme» (Sapere Incontrovertibile) solo in quanto intende cogliere il «Senso» definitivo della totalità dell’«Ente». La conoscenza di una parte della realtà, infatti, non può essere una «Verità Definitiva e Incontrovertibile», perché la conoscenza di ciò che sta oltre la parte potrebbe metterla in una luce diversa, conferirle un «Senso» diverso da quello inizialmente posseduto. 
       

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