Con l’accenno alle guardie del sepolcro, fatto dal solo Matteo (cap. 28 vrs.4), l’evangelista vuole sottolineare la validità indiscutibile della "risurrezione". Essa, però, non è descritta da nessun vangelo canonico, a differenza di quelli apocrifi, non riconosciuti dalla Chiesa, pronti invece a rappresentare tale evento con quella coreografia che ha condizionato la successiva tradizione cristiana. Matteo, come gli altri evangelisti, descrive solo l’incontro che avviene dopo il sabato, «all’alba del primo giorno della settimana», tra le donne e un angelo (vrs.1).
Le donne presentate da Matteo sono solo Maria di Magdala e
«l’altra Maria», prima chiamata anche «madre di Giacomo e Giuseppe» (27,56).
Siamo in presenza di una “teofania”, cioè di una solenne apparizione divina in
cui il terremoto, la folgore, il bianco dell’angelo, la pietra sepolcrale
rotolata via segnalano che si sta compiendo una rivelazione divina. Essa ha al
centro la fede pasquale proclamata dal Credo cristiano: «È risorto…È risorto
dai morti» (28,6-7). Le donne devono essere testimoni e missionarie di questo
annunzio. Un annunzio fondato perché subito dopo esse incontrano Cristo risorto
che conferma a loro la missione. L’esperienza delle donne ha i connotati di un
evento storico perché mai si sarebbe attribuito a una donna la funzione di
testimone, essendo per l’antico diritto, le donne, inabilitate a testimoniare.
Il vangelo di Matteo si conclude,
dopo la conferma della "risurrezione" da parte della stessa guardia alla tomba,
con una solenne apparizione di Cristo risorto ai discepoli su un monte della
Galilea. Ormai egli è il Figlio dell’uomo cantato da Daniele, dotato di un potere
universale (7,14).
Egli dà il mandato missionario alla sua Chiesa perché faccia
nuovi discepoli tra i popoli, battezzi e insegni la legge di Cristo, legge
d’amore, di verità e libertà. Le ultime parole del risorto lo presentano come
l’Emmanuele (1,23), il Dio-con-noi «tutti i giorni, sino alla fine del mondo»
(vrs.20).
Nota Finale
I discepoli di Gesù non avrebbero mai avuto l'impressione che Gesù
fosse veramente «risorto e vivo» se non avessero insieme direttamente constatato
che proprio il «corpo» era apparso, e che questo esercitava ancora le sue
funzioni corporee. Lo “spirito” di Gesù senza il “corpo” di Gesù sarebbe stato
– per la mentalità giudaica degli apostoli – qualcosa di affatto «anormale»,
sarebbe stato un «fantasma», come avevano sospettato alla prima apparizione di
Gesù: credevano di vedere un «fantasma», persino quando mangiò e bevve con loro
(cfr. Lc 24,37). Ne segue che gli apostoli, da veri figli del popolo ebreo, non
potevano credere e aderire fermamente alla realtà delle apparizioni del
Risorto «se non a
condizione» che il suo corpo più non giacesse nel sepolcro,
che insomma il sepolcro di Gerusalemme fosse davvero «vuoto».
Se i discepoli,
come pretende la teoria delle visioni, avessero percepito delle apparizioni di
Gesù in Galilea senza poter insieme rendersi conto del «sepolcro vuoto» in
Gerusalemme, tali apparizioni non avrebbero prodotto effetti durevoli in loro;
tutt'al più avrebbero pensato ad un «fantasma» singolare, ad uno spettro, come
già altra volta, tra l'infuriare della burrasca avevano creduto di vedere sulle
onde sconvolte del lago di Genezareth.
Ciò
che i discepoli hanno constatato riguardo alla «risurrezione» contiene
quindi, in ogni caso, un elemento «oggettivo» ,
visibile all'esterno, osservabile, perfettamente dimostrabile e controllabile:
il fatto del «sepolcro vuoto». Senza questo fatto, la fede ferma e vivente degli
apostoli nella «risurrezione», data la loro mentalità, non avrebbe alcuna
motivazione sufficiente. Ogni teoria che crede di poter prescindere da questo
fatto, parlando di esperienze puramente soggettive provate in Galilea, senza
nominare insieme il «sepolcro vuoto»,
si tradisce , appunto per questo.
La tradizione cristiana considera l'evento della
risurrezione di Gesù come storico e fondamento della fede cristiana. Il Catechismo della Chiesa cattolica dice che alla luce delle testimonianze
contenute nei Vangeli «È impossibile interpretare la risurrezione di Gesù al di
fuori dell'ordine fisico e non riconoscerla come avvenimento storico». Joseph Ratzinger ha affermato che la «risurrezione» di
Gesù è un «mistero» che va oltre la scienza: Gesù non ritorna alla normale vita
biologica (come Lazzaro e le altre persone risuscitate di cui si parla nei
Vangeli), ma il suo corpo viene trasformato, per cui non è più soggetto alle
leggi dello «spazio» e del «tempo» (così saranno anche i nostri corpi alla fine dei
tempi). Per Ratzinger, la «risurrezione» di Gesù inaugura una nuova dimensione
definita «escatologica»: l'evento avviene
nella storia e vi lascia un'impronta, ma va al di là della storia. Secondo il teologo Hans Kessler, la «risurrezione» è
comunque "una realtà accettabile e comprensibile solo nella fede",
piuttosto che un fatto indagabile e verificabile con i mezzi dello storico.
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