Il termine «Logos» è un sostantivo greco traslitterato (riscritto) in italiano,
che significa “Parola”. Esso ricorre frequentemente nel Nuovo Testamento, non
solo per indicare la parola degli uomini, ma anche di Dio e del Signore (vedi post pubblicato Genn.
2016 Gesù Cristo è il Verbo di Dio, prologo di Gv). In verità l’espressione “Parola di Dio” o “Parola
del Signore” s’incontra spesso sia nei vangeli (vedi Matteo 15,6; Marco 7,13;
Luca 5,2; 8,11-21; 11,28, ecc.) che nei restanti scritti neotestamentari (Atti
4,31; 6,2-7; 8,14 ecc.) per indicare la «rivelazione divina» annunciata da Gesù o
contenuta nell’Antico Testamento. Il sostantivo «Logos» però è riferito a una persona divina, per indicare il Figlio
di Dio, solo negli scritti giovannei: nel quarto vangelo (Giovanni 1,1-14),
nella prima lettera di Giovanni (1Giovanni 1,1) e nell’Apocalisse (19,13).
In questi passi giovannei il
termine «Logos» si riferisce con
trasparenza al «Verbo», cioè alla seconda Persona della Trinità, ed è sinonimo di
Figlio: «In principio era il Logos e
il Logos era presso Dio e il Logos era Dio» (Giovanni 1,1). «E il Logos si è fatto carne» (1,14). «Ciò che
era fin da principio…, ossia il Logos
della vita» (Prima lett. Giovanni 1,1). «È avvolto in un mantello intriso di
sangue e il suo nome è Logos di Dio»
(Apocalisse 19,13).
In questi testi
il «Logos» indica senza equivoci il Figlio di Dio, che si è fatto uomo. Ma
perché Giovanni chiama Gesù Cristo «Logos»,
cioè «Verbo, Parola»? La risposta si trova nella prospettiva della cristologia
giovannea: presentare il Figlio di Dio come la rivelazione piena e perfetta del
Padre. Il Verbo incarnato è il rivelatore escatologico, ossia la parola ultima
e perfetta di Dio all’umanità.
Per il
quarto evangelista Gesù è la luce divina che manifesta e comunica la
vita del Padre (Giovanni 1,4); il Figlio di Dio si è incarnato, condividendo la
sorte dell’uomo mortale, per portare la grazia della verità (1,14-17), cioè il
dono della rivelazione escatologica. Il Cristo è la manifestazione vivente
dell’amore del Padre per l’umanità peccatrice: «Dio ha tanto amato il mondo da
dare il suo Figlio unigenito» (3,16). Gesù è la verità in persona: «Io sono la
via, la verità e la vita» (14,6). Il Verbo incarnato è la rivelazione
personificata e perfetta di Dio. Per tale ragione il Cristo è il «Logos».
In questa presentazione giovannea della missione salvifica
del Signore Gesù troviamo una prospettiva molto originale, quella del
compimento perfetto della «rivelazione divina» iniziata con Mosè. Per il quarto
evangelista Dio si è manifestato in modo vero, autentico e reale nell’Antico
testamento, tuttavia questa «rivelazione divina» non è né perfetta né definitiva.
Gli scritti antico testamentari sono realmente parola di Dio, contengono la «rivelazione divina», però non ci offrono la parola ultima e definitiva, non
contengono la verità, cioè la «manifestazione escatologica» e piena del
Signore, perché questo dono della rivelazione perfetta è avvenuto solo per
mezzo del Verbo incarnato, Gesù di Nazaret, nel quale si trova in pienezza la
grazia della verità (1,14). Per tale ragione l’evangelista Giovanni verso la
conclusione del prologo dichiara: «La legge per mezzo di Mosè fu donata, ma la grazia della verità per mezzo di Gesù Cristo avvenne» (1,17).
Questo
passo (reso alla lettera) è composto su un chiaro confronto o parallelismo
fra la rivelazione della Torah (la legge), dono di Dio concesso per mezzo di
Mosè, e la «verità», grazia o favore divino della rivelazione perfetta avvenuta
per mezzo del Verbo incarnato. Non è un’opposizione o antitesi, ma un
parallelismo progressivo, per cui nella prima fase della storia salvifica Dio
si è manifestato in modo autentico, ma parziale e imperfetto, per mezzo del
grande eroe dell’Esodo, mentre nella seconda fase, inaugurata dall’incarnazione
del «Logos», abbiamo la «rivelazione» piena e ultima di Dio. Per queste ragioni cristologiche il Figlio di Dio
dell’evangelista Giovanni è presentato come il «Logos», il «Verbo»; egli infatti
incarna e personifica la rivelazione piena del Padre, per cui si identifica con
la «verità».
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