Dopo le parole di Gesù, espresse all’interno
del grande “Discorso della Montagna”, ecco entrare in azione le mani di Cristo
che lottano contro il male fisico e quello spirituale e storico (Cap. 8). Si
presentano innanzitutto «tre» racconti di guarigione. Il primo riguarda
un lebbroso: le mani di Gesù lo toccano, contro le norme di purità allora
vigenti, quasi per assumere su di sé quel male così da cancellarlo. Ed è la
parola efficace e creatrice di Cristo che riporta in quel lebbroso, raffigurato
ai piedi del suo salvatore, la salute: «Lo voglio, sii sanato». La seconda
guarigione si compie a distanza. Ormai la discriminante non è più storica e
razziale ma interiore: il centurione che riceve il dono della salute per il suo
servo è pagano ed è esaudito in base alla sua fede. Per due volte, infatti, si
ribadisce questo tema: «Presso nessuno in Israele ho trovato una fede cosi
grande….Sia fatto secondo la tua fede» (versetti 10 e 13).
Dall’universalismo del secondo miracolo si passa
all’intimità familiare del terzo: di scena, infatti, è la suocera di
Pietro. Diversamente da quanto farà Marco, che introduce anche i discepoli, qui
al centro domina solo Cristo che ha di fronte la malata, la quale, una volta
guarita, si dedicherà a servire il suo salvatore. In finale a questo trittico,
come non di rado si ha nei vangeli, un sommario evoca una serie di guarigioni
operate da Cristo. Matteo, però, le interpreta alla luce del cosiddetto quarto
canto del Servo del Signore, un testo letto in chiave messianica e contenuto
nel libro di Isaia (53,4): «Egli si è fatto carico delle nostre infermità e si
è addossato i nostri dolori». Ancora una volta si esalta il rapporto tra Cristo
e la profezia biblica.
Si ha poi un
intervallo con un dialogo nel quale vengono messe in luce le esigenze
radicali del “regno di Dio”, cioè la povertà e il distacco dalle cose e dagli
affetti, esigenze espresse in forma paradossale e radicale, come si era già
notato nel “Discorso della Montagna”. Continua poi la serie delle azioni
salvifiche di Cristo con un altro dittico di miracoli. Ecco la tempesta sedata,
nella quale Matteo introduce anche l’aspetto ecclesiale: la comunità dei
discepoli è in difficoltà nelle tempeste della storia perché essi sono «uomini oligopistoi», cioè di poca e debole
fede. E’ solo con la fiducia in Cristo, Signore dell’universo, che si avrà
salvezza.
Segue l’episodio degli
indemoniati di Gadara, al di là del lago di Tiberiade: Marco e Luca,
che hanno un racconto più lungo, parlano di un solo indemoniato e ambientano
l’episodio nel territorio di Gerasa, intendendo forse la stessa area
geografica. Il demonio, i sepolcri, i porci, il lago-mare sono nel linguaggio
biblico la rappresentazione del male. Ciò che Gesù compie è, perciò, un
esorcismo contro Satana e il male: esso si conclude con il trionfo della
salvezza, incompresa però da coloro che si fermano solo alla superficie degli
eventi, come fanno i Gadareni.
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