giovedì 11 febbraio 2016

IL DISCORSO MISSIONARIO


Il secondo grande discorso di Gesù ( Mt cap. 10) è preparato dal “ritratto di gruppo” dei dodici discepoli, elencati a coppie, dal «primo», Simone chiamato Pietro, sino all’ultimo, «Giuda L’Iscariota, che poi lo tradì». La loro missione è la stessa di Gesù: rivolgendosi prima di tutto a Israele, come popolo dell’elezione divina, essi devono predicare e guarire, cioè annunziare la venuta del regno dei cieli in parole e in opere. E’ forte la sottolineatura che viene riservata alla lotta contro il male fisico e spirituale. L’invio per la missione – Matteo ha naturalmente davanti agli occhi l’azione e la testimonianza della Chiesa delle origini – comprende il “Discorso Missionario” che Cristo rivolge ai discepoli come vero e proprio programma. 

Subito egli sottolinea la necessità della povertà e della gratuità nell’impegno apostolico (tra l’altro, il verbo greco apostellein, “inviare”, “mandare”, da cui deriva il vocabolo «apostolo», è presente nel versetto 16). Si delinea, poi, un’esperienza ben nota ai primi cristiani, quella dell’accettazione e del rifiuto, a cui il discepolo va incontro con serenità, ben sapendo che il giudizio di simili comportamenti è affidato a Dio, che ha inviato e tutela il suo testimone. Partendo certamente dalle vicende che la Chiesa di Matteo aveva vissuto, l’evangelista modella le parole di Gesù alla luce della storia della comunità cristiana delle origini: i vangeli, infatti, non sono verbali o testi storiografici ma, fondandosi sulla parola storica di Gesù, la conservano in modo vivo, attualizzandola e confrontandola con il loro presente. 

Così, lunga è la lista dei rifiuti che verranno opposti ai missionari del vangelo: ci saranno persecuzioni da parte di uomini vari che deferiranno i discepoli ai tribunali, di Giudei che li denunceranno alle autorità sinagogali, di pagani che li consegneranno ai politici, e persino da parte di familiari, i quali colpiranno i loro stessi parenti. Tuttavia, anche se queste prove dureranno sempre, fino alla venuta gloriosa di Cristo al concludersi della storia, i testimoni del vangelo saranno sereni perché sanno che questo è già accaduto al loro Signore e che lo Spirito Santo è accanto a loro a sostenerli. Si ha, allora, un vigoroso appello alla fiducia, nella consapevolezza che Dio non abbandona la vita («anima e corpo») dei suoi fedeli, lui che si prende cura dei passeri del cielo e persino dei capelli del nostro capo. 

Il discorso prosegue con una nuova rappresentazione della radicalità che la scelta di seguire Cristo comporta. E’ come se una spada tagliasse tutti i fili delle relazioni umane che ci legano al mondo: il discepolo deve sapere persino perdere la propria vita per Cristo. Infatti Gesù presenta la via della croce, cioè del martirio, come una strada aperta anche davanti al discepolo. Ma essa ha come meta la pienezza: «Chi avrà perduto la sua vita per causa mia, la troverà». 

Il “Discorso Missionario” si chiude sulla scena dell’accoglienza: per sei volte risuona il verbo «accogliere», segno del frutto positivo che la missione può ottenere. Molti, infatti, aderiranno all’annunzio dei discepoli che sono definiti con tre termini suggestivi: profeti, giusti e piccoli. I primi due sono attinti all’Antico Testamento, il terzo è tipico di Matteo, che vuole sottolineare la semplicità, la fiducia e la povertà dei testimoni del vangelo (Mt 10, 40-42). Dopo queste parole, anche Gesù si mette sulle strade della Galilea «per insegnare e predicare» il “regno di Dio”.

Per il discorso sulla “missione” Matteo ha potuto servirsi di due esemplari provenienti da due fonti differenti. Egli li fonde insieme e vi aggiunge molte altre parole del Signore che illustrano lo stile della “missione” e, soprattutto, il coraggio che il missionario deve avere nell’affrontare la “persecuzione”. La parte sulla “persecuzione” è la più ampia e originale, anch’essa però costruita su materiali già presenti in Marco e Luca, ma collocati altrove. Nella concezione di Matteo, “missione e persecuzione” si accompagnano. La “persecuzione” vorrebbe fermare la “missione”, in realtà la favorisce. La “persecuzione” è un fatto della storia di sempre, non solo degli ultimi tempi. 

        

Nessun commento:

Posta un commento