venerdì 19 febbraio 2016

NUOVE CONTROVERSIE TRA GESU’ E I FARISEI


Continuano le reazioni di fronte al ministero pubblico di Gesù (Mt Cap. 12). Ora di scena sono i “Farisei” che, pur rappresentando la corrente più aperta del giudaismo di allora, si rivelano in questo racconto molto ostili a Cristo, al punto tale da progettare la rovina stessa di Gesù (versetto 14)). Due sono i momenti del conflitto, ma entrambi hanno per tema l’osservanza del sabato, una delle norme fondamentali della tradizione giudaica. Da un lato, infatti, i discepoli di Gesù la violano compiendo un “lavoro”, quello del cogliere spighe per masticarne i grani, e dall’altro è lo stesso Cristo a violarla attraverso la guarigione di un uomo dalla mano paralizzata, un gesto considerato anch’esso come un’opera proibita nel giorno di riposo. 

In entrambi i casi Gesù replica con un’aspra requisitoria fondata sulla Bibbia. Nella prima situazione egli appella alla violazione delle regole sacrali da parte di Davide in fuga nel deserto (si legga 1Samulele 21) e da parte dei sacerdoti stessi durante i sacrifici compiuti di sabato (Levitico 24). Citando ancora una volta il passo di Osea (6,6), secondo il quale Dio preferisce l’amore generoso e fattivo al rito fine a se stesso, Cristo ripropone l’autentica santità, che non è mera osservanza rituale ma impegno vitale. Nel secondo caso egli argomenta sulla base della prassi che di sabato ammette eccezioni in situazioni gravi: la sofferenza di una creatura umana non è forse un caso grave? Potenti e terribili agli orecchi dei “Farisei” risuonano due frasi di Cristo: «Io vi dico che qui c’è qualcosa più grande del tempio…. Il Figlio dell’uomo è signore del sabato» (versetti 6 e 8). 

A questo punto l’evangelista offre un’interpretazione della figura di Gesù sulla base della citazione del primo canto del Servo del Signore (Isaia 42,1-4), un passo letto in chiave messianica, ove la figura di Cristo è intravista in filigrana come l’uomo della «misericordia», che non getta via la canna incrinata e non spegne il lucignolo che fumiga. E subito dopo, ecco ancora un miracolo nei confronti di un indemoniato, cieco e muto: è noto il nesso che sovente si poneva tra peccato e malattia, tra Satana e sofferenza. Questo atto scatena di nuovo la reazione dei “Farisei”, i quali accusano Gesù di magia demoniaca. 

Egli rintuzza questo attacco, mostrando che la sua non è collusione con Satana ma collisione: infatti, egli è venuto per scacciare e piegare il diavolo e instaurare il regno di Dio. I “Farisei” lo sanno ma, pur vedendo, essi si oppongono a Cristo e alla sua opera: è questa la «bestemmia contro lo Spirito», cioè il rifiuto cosciente e sistematico della verità e del bene conosciuto, una colpa che non può essere perdonata. Perciò io vi dico: «Qualunque peccato e bestemmia saranno perdonati agli uomini, ma la bestemmia contro lo Spirito non sarà perdonata…» (versetto 31) Gesù prosegue con: «A chiunque parlerà male del Figlio dell’uomo sarà perdonato; ma la bestemmia contro lo Spirito Santo non gli sarà perdonata né in questo mondo, né in quello futuro» (versetto 32), (vedi anche Post pubblicato Sett.2015 “Il peccato imperdonabile). Infine Gesù ricorre a un’immagine che aveva già usato (Matteo 7,17-18) e a un’altra che riprenderà (13,52), cioè all’albero e ai suoi frutti e al tesoro personale, per indicare il bene e il male che ogni uomo può produrre e rivelare. 

Il confronto tra Gesù e i “Farisei” prosegue ora con la richiesta di un «segno», cioè di una prova ultimativa che giustifichi le asserzioni di Cristo, considerate come spropositate. Con sdegno Gesù, che ha già nei miracoli offerto il «segno» della sua missione, rigetta questa richiesta e appella, invece, a un «segno» teologico, quello dGiona il profeta». E’ un simbolo biblico riletto alla luce del mistero pasquale, cioè la morte e la risurrezione, il vero «segno ultimo e decisivo». Il grosso pesce che inghiottì Giona, figura del mare e dei suoi mostri di morte, diventa l’emblema del sepolcro dal quale Cristo uscirà nella gloria della Pasqua. E’ per questo che contro i “Fariseie coloro che rifiutano il vangelo del regno si rovescerà il giudizio divino, nel quale saranno testimoni gli stessi Niniviti convertiti da Giona e la regina di Saba – «la regina del sud» –, che diventano il simbolo dei pagani aperti e disponibili alla predicazione del vangelo. 

Dopo un’inserzione sull’opera diabolica che non cessa mai di attuarsi all’interno dell’uomo, si introduce finalmente il ritratto di coloro che accolgono Cristo, i suoi discepoli. Essi sono come la madre e i fratelli e le sorelle di Gesù, cioè a lui legati da un vincolo intimo e profondo. Mentre prima era di scena la «generazione perversa e adultera» (12,39), ecco ora la generazione «santa e giusta», quella di coloro che fanno «la volontà del Padre che è nei cieli». Si chiude, così, una parte molto importante e tormentata del vangelo di Matteo, scandita dai miracoli di Gesù e dalla reazione dell’uditorio.   

     


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