lunedì 8 febbraio 2016

ALTRI MIRACOLI E CONTROVERSIE CON SCRIBI E FARISEI






































Alla sequenza dei miracoli subentrano ora le parole di Gesù (Matteo Cap. 9). Sono le parole polemiche pronunziate in una triplice controversia, che vede come interlocutori di Cristo tre rappresentanti del giudaismo di allora nelle sue varie articolazioni. S’avanzano anzitutto gli “scribi”, cioè i dottori della legge mosaica, interpreti e tutori delle norme e delle tradizioni. La discussione è incorniciata all’interno di un nuovo miracolo di Gesù, la guarigione del paralitico, e riguarda il potere divino che Cristo afferma di possedere, quello di perdonare i peccati, un potere che egli affiderà poi anche «agli uomini», cioè alla Chiesa (versetto 8). 

C’è poi la controversia con i “farisei”, una corrente religiosa del giudaismo più “Spirituale” e profonda di quanto fanno balenare i vangeli. Essa è incorniciata dalla chiamata di Matteo, funzionario delle imposte, alla sequela di Gesù, e riguarda l’apertura del regno di Dio ai peccatori convertiti e agli ultimi, sulla scia delle parole del profeta Osea: «Io voglio l’amore, non i sacrifici» (6,6), parole che esaltano l’adesione vitale rispetto al puro e semplice rito e all’osservanza legale. Infine, c’è una diatriba con i discepoli del Battista che non si rassegnavano a lasciare il loro maestro e lo consideravano superiore a Cristo. Il tema è quello del digiuno. Cristo, ricorrendo al simbolismo delle nozze, delle stoffe e degli otri per il vino, attesta la novità, la libertà, la gioia del suo messaggio e della vita secondo il regno di Dio. 

Come accade spesso in Matteo, si ha un’alternanza tra parole e atti di Gesù. Subito dopo le controversie, ecco un altro trittico di guarigioni. Il primo quadro comprende, in realtà, «due» miracoli intrecciati tra loro: quello della donna che soffriva di emorragie e quindi – secondo le norme rituali – era impura, e quello della figlia di «uno dei capi» (Marco parlerà del capo della sinagoga), che Gesù riporta in vita. Si noti il rilievo dato alla fede per comprendere il miracolo e il fatto che, agli occhi dell’evangelista, la morte con Gesù presente diventa solo un sonno da cui egli ci risveglia (è l’immagine e la terminologia della risurrezione). 

Segue poi la guarigione dei due ciechi (un parallelo è in 20,29-34): anche in questo caso si menziona la fede e i due la testimoniano con l’invocazione: «Figlio di Davide» e «Signore» rivolta a Cristo. Infine, ecco il terzo quadro con lo scioglimento della parola in un muto nel quale si intravede anche una presenza satanica, forse secondo la concezione biblica per cui  a ogni malattia corrisponde in radice un peccato, concezione che Cristo supererà. Certo è che chi non crede, come i “farisei”, non sa intuire nell’episodio l’azione liberatrice di Dio ma, al contrario, vede solo uno scontro perverso nell’orizzonte del male, a cui anche Gesù è relegato. Un sommario finale, che descrive le parole e le opere molteplici di Cristo, prepara il successivo grande “Discorso Missionario”.      










































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