venerdì 7 marzo 2014

IL DIVENIRE: «EVIDENZA SUPREMA E ORIGINARIA»


La tradizione «Metafisica», dai Greci a Hegel, afferma che esiste un «Senso» definitivo (Immutabile, Assoluto, Divino) della totalità, perché ritiene che senza di esso il «Divenire» delle «Cose» (il loro uscire e ritornare nel «Niente») sarebbe impensabile. Dopo Hegel, ma anche sotto la spinta del pensiero hegeliano, diventa invece sempre più irriducibile la convinzione «Antimetafisica» che se esistesse un «Senso» definitivo e Immutabile della totalità dell’«Ente», il «Divenire» del mondo non potrebbe esistere. Il «Divenire», infatti, è innovazione, imprevedibilità, creatività libera da ogni vincolo: questi caratteri competono al «Divenire», proprio in quanto esso è inteso come l’ uscire delle «Cose» dal «Niente» (il pensiero Greco, non il Cristianesimo, evoca per primo il concetto di «Creazione»: il Cristianesimo lo applica anche alla «Materia» del mondo che per i Greci non può essere prodotta dall’azione di Dio. Ma se esiste un Dio (cioè un Senso definitivo della totalità degli Enti) l’ innovazione, l’ imprevedibilità, la libera creatività del «Divenire» risultano impensabili: tutto è già in Dio e non rimane più nulla da «produrre». 
Ma, a partire dai Greci e, daccapo, una volta per tutte, il «Divenire» è inteso come l’«Evidenza Suprema e Originaria». E’ quindi sul fondamento di questa «Evidenza» che il sapere filosofico degli ultimi 150 anni ha negato in modo sempre più perentorio l’ esistenza di un qualsiasi «Senso» definitivo e Immutabile della totalità dell’«Ente», e quindi è giunto a negare anche l’esistenza di ogni «Unità» che pretenda raccogliere in se stessa l’infinita e diveniente molteplicità delle «Cose». L’«Unità» che rende gli «Enti» parti del «Tutto» è l’ Unità in cui consiste il «Senso» definitivo del «Tutto» (tale «Senso» è appunto unitario), si che l’«Unità» del «Tutto» (l’Unità senza di cui il concetto di «totalità» è impensabile) rende impossibile l’innovazione imprevedibile e la libera creatività del «Divenire». 
Appare, da quanto si sta dicendo, che il «Senso» greco dell’«Esser-Cosa» non solo determina il «Tramonto» della comprensione «Metafisica» del «Senso» definitivo della totalità e il progressivo affermarsi della specializzazione Scientifico-Tecnologica, ma, prima ancora,  nell’ ambito stesso del sapere filosofico, determina il passaggio dalla forma «Metafisica» alla forma Antimetafisica di tale sapere, il rifiuto sempre più deciso di ogni «Senso» definitivo e unitario della totalità, la negazione di ogni dimensione, forma, struttura Immutabile che pretenda esistere accanto, all’ interno o al di sopra della realtà diveniente. 
Gli Immutabili sono il Dio della tradizione Metafisico -Teologica e dell’ Immanentismo moderno, le leggi della natura, l’ anima immortale dell’ uomo, l’autorità del padrone, del monarca, dello Stato, la razionalità dialettica della storia, la stabilità, identità e sostanzialità degli oggetti, le Leggi della società e dell’ economia concepite, appunto, come leggi naturali eterne, i valori della Morale e i principi della «Fede» cristiana, le gerarchie sociali ed economiche e gli ordinamenti politici connessi, il diritto e il bello naturali, l’ organizzazione totalizzante dell’esistenza attorno a un «Principio Assoluto» come l’ordine divino del mondo, o il mercato libero, o la società senza classi. 
Ma l’Immutabile, all’interno del quale tutti gli altri vengono evocati e ricevono legittimità, è l’«Epistéme», cioè la «Volontà» di conoscere incontrovertibilmente e definitivamente la realtà e le forme in cui tale «Volontà» si esprime: la «Verità definitiva», i «Principi primi», il «Fondamento», il «Centro» e l’«Unità» del sapere. La distruzione delle forme immutabili non determina quindi soltanto l’abbandono della tradizione «Metafisica» e il trionfo dell’Antimetafisicismo filosofico e della specializzazione Scientifico-Tecnologica, ma anche il superamento del modo di vivere tradizionale della Società Europea. 
La Civiltà della «Tecnica», in cui confluisce questo complesso sviluppo, è l’organizzazione della vita umana, dove il «Senso» greco della «Cosa» e del «Divenire» si libera radicalmente da ciò che lo soffoca  e lo rende impensabile. Sin dall’inizio della nostra Civiltà, tale «Senso» è sentito infatti come l’«Evidenza Suprema e Supremamente Indiscutibile». La liberazione dell’uomo moderno è essenzialmente la liberazione dagli «Immutabili» attorno ai quali è andata costituendosi la tradizione europea. 
Prima dei Greci, in tutte le grandi Civiltà dell’Oriente, l’opposizione infinita dell’«Essere e del Niente» rimane nell’ombra. Rimane quindi nell’ombra anche il «Senso» radicale della nascita e della morte (quello per cui nascere è uscire dal «Niente» e morte è il ritornarvi) e il «Divenire» è l’«Unità» dell’«Essere e del Niente». Ciò significa che con i Greci l’uomo incomincia a nascere, a morire, a produrre e a distruggere in un modo radicalmente nuovo, che oggi si è diffuso su tutta la «Terra», soppiantando ogni altra forma di esistenza.   

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