Empedocle di Agrigento è il primo pensatore che
cerca di risolvere l’antitesi aperta da Parmenide tra «ragione ed esperienza», tentando di salvare, da un lato, il
principio che nulla nasce e nulla perisce e quindi che l’«essere» sempre permane, e, dall’altro, i fenomeni che l’esperienza
ci attesta. Dunque il nascere e il perire, intesi come un venire dal nulla e un
andare nel nulla, sono impossibili, perché l’«essere è»; tuttavia nascere e perire hanno una loro plausibile
realtà se vengono intesi come un venire da cose che sono e un trasformarsi in
cose che pure sono.
Nascita e Morte
sono dunque mescolanza e dissoluzione di determinate sostanze che sono
ingenerate e indistruttibili, e quindi che permangono eternamente uguali.
Queste sostanze sono quattro: “Acqua”, “Terra”, “Aria” e “Fuoco”
che Empedocle nomina «radici di tutte le cose». Empedocle, inoltre, chiama “Amicizia” la forza che tiene unite le
«quattro» radici in cui è contenuto tutto l’«essere» dell’universo diveniente, e chiama “Contesa” (opposta) la forza che separa le une dalle altre radici
dell’«essere» producendo il
«divenire» cosmico.
Con Empedocle
diventa esplicito il tema che nel «divenire» cosmico, non solo gli enti non si
generano dal niente e non si dissolvono nel niente, ma che il loro stesso
«divenire» non può essere determinato dal niente, ma da una forza o da un
sistema di forze (“Amicizia” e “Contesa”) che producono e distruggono le
diverse configurazioni delle cose. Tale forza viene intesa poi da Anassagora
come «Mente» (Noús) che unifica in sé le due opposte attività dell’ “Amicizia” e della “Contesa” e che anticipa il concetto platonico di «Demiurgo» e il
concetto aristotelico di «Motore Immobile» dell’universo e più in generale di
causa efficiente.
Con Empedocle
diventa inoltre esplicita la nozione di elemento (Stoichéion) inteso come qualcosa di originario e «qualitativamente immutabile» che produce
la molteplicità, non con una sua trasformazione qualitativa, ma con il suo diverso
modo di combinarsi e separarsi dagli altri elementi altrettanto immutabili
nelle loro qualità.
Nota finale:
Il tentativo di Empedocle di conciliare l’esperienza del
«divenire» col principio parmenideo dell’«immutabilità» dell’«essere» indica il
senso fondamentale in cui verrà operata tale conciliazione, ma non raggiunge
l’intento. Infatti se ogni cosa possiede una propria qualità, per cui è quella
che è e si distingue dalle altre, non è possibile affermare che soltanto le «quattro radici» siano l’«essere», perché l’«essere» è tutte le qualità e determinazioni che formano l’universo.
Con questa obiezione Anassagora oltrepasserà la concezione empedoclea dell’«essere» per giungere a quella
conciliazione di esperienza e ragione che ancora sfugge a Empedocle.
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