sabato 1 ottobre 2016

EMPEDOCLE E LA DOTTRINA DEI QUATTRO ELEMENTI


Empedocle di Agrigento è il primo pensatore che cerca di risolvere l’antitesi aperta da Parmenide tra «ragione ed esperienza», tentando di salvare, da un lato, il principio che nulla nasce e nulla perisce e quindi che l’«essere» sempre permane, e, dall’altro, i fenomeni che l’esperienza ci attesta. Dunque il nascere e il perire, intesi come un venire dal nulla e un andare nel nulla, sono impossibili, perché l’«essere è»; tuttavia nascere e perire hanno una loro plausibile realtà se vengono intesi come un venire da cose che sono e un trasformarsi in cose che pure sono. 

Nascita e Morte sono dunque mescolanza e dissoluzione di determinate sostanze che sono ingenerate e indistruttibili, e quindi che permangono eternamente uguali. Queste sostanze sono quattro: “Acqua, Terra, Aria e Fuoco” che Empedocle nomina «radici di tutte le cose». Empedocle, inoltre, chiama “Amicizia” la forza che tiene unite le «quattro» radici in cui è contenuto tutto l’«essere» dell’universo diveniente, e chiama “Contesa” (opposta) la forza che separa le une dalle altre radici dell’«essere» producendo il «divenire» cosmico. 

Con Empedocle diventa esplicito il tema che nel «divenire» cosmico, non solo gli enti non si generano dal niente e non si dissolvono nel niente, ma che il loro stesso «divenire» non può essere determinato dal niente, ma da una forza o da un sistema di forze (“Amicizia” e “Contesa”) che producono e distruggono le diverse configurazioni delle cose. Tale forza viene intesa poi da Anassagora come «Mente» (Noús) che unifica in sé le due opposte attività dell’ “Amicizia” e della “Contesa” e che anticipa il concetto platonico di «Demiurgo» e il concetto aristotelico di «Motore Immobile» dell’universo e più in generale di causa efficiente. 

Con Empedocle diventa inoltre esplicita la nozione di elemento (Stoichéion) inteso come qualcosa di originario e «qualitativamente immutabile» che produce la molteplicità, non con una sua trasformazione qualitativa, ma con il suo diverso modo di combinarsi e separarsi dagli altri elementi altrettanto immutabili nelle loro qualità. 

Nota finale: 

Il tentativo di Empedocle di conciliare l’esperienza del «divenire» col principio parmenideo dell’«immutabilità» dell’«essere» indica il senso fondamentale in cui verrà operata tale conciliazione, ma non raggiunge l’intento. Infatti se ogni cosa possiede una propria qualità, per cui è quella che è e si distingue dalle altre, non è possibile affermare che soltanto le «quattro radici» siano l’«essere», perché l’«essere» è tutte le qualità e determinazioni che formano l’universo. Con questa obiezione Anassagora oltrepasserà la concezione empedoclea dell’«essere» per giungere a quella conciliazione di esperienza e ragione che ancora sfugge a Empedocle.  


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