sabato 15 ottobre 2016

DEMOCRITO E L’ATOMISMO



La scuola di Mileto non finì con Anassimene. Da Mileto proviene anche Leucippo, fondatore dell’«atomismo»che, dopo aver recepito l’eredità dei maggiori filosofi della Ionia, ebbe modo di conoscere a Elea il pensiero di Parmenide attraverso l’insegnamento di Zenone. Ben presto la figura del suo discepolo Democrito di Abdera lo soverchiò a tal punto che i posteri giunsero a mettere in dubbio persino la sua esistenza. 


Come Empedocle e Anassagora, anche Democrito pensa come trasformare l’«essere» di Parmenide, affinché il mondo dell’esperienza, il nascere, il perire e la molteplicità possano trovare una spiegazione soddisfacente. 


Diversamente da Empedocle e Anassagora che avevano pensato a forme qualitativamente differenti dell’«essere», gli atomisti concedono agli eleati il carattere qualitativamente omogeneo dell’«essere», ma non la sua compatta unità. Anzi, proprio dalla frantumazione dell’«essere-Uno» eleatico in infiniti «esseri-uni» nasce l’«atomismo» che afferma l’esistenza di una pluralità infinita di parti indivisibili dell’estensione. Queste parti Democrito le chiama «atomi», termine che in greco significa «non-divisibile». Gli «atomi» sono l’«essere» e quindi hanno le caratteristiche dell’«essere»: sono cioè unità indivisibili, ingenerabili, incorruttibili, eterne, non percepibili dai «sensi», ma dalla «ragione». 

La loro esistenza è nel vuoto che consente loro di distinguersi uno dall’altro e di muoversi. Limitato dal vuoto, ogni «atomo» ha una certa “grandezza”, una certa “figura”, una certa “posizione” e un certo “rapporto d’ordine” con gli altri «atomi». Per queste caratteristiche ogni «atomo» è quello che è, e differisce dagli altri. I fenomeni sono aggregati di «atomi» e le infinite differenze tra i fenomeni sono determinate dalla possibilità di infinite combinazioni di «atomi». Quindi anche gli aspetti qualitativi delle cose debbono essere intesi come determinati da aggregazioni atomiche. Ma se l’insieme degli «atomi» è l’«essere», il vuoto che consente loro di aggregarsi e dispiegarsi è il «non-essere», per cui l’«atomismo», per giustificare “molteplicità e divenire”, è costretto ad affermare che il «non-essere è». 

Il tentativo di conciliare «ragione ed esperienza», iniziato da Empedocle e Anassagora, dopo che Parmenide ne aveva messo in evidenza in modo radicale l’antitesi, trova nell’«atomismo» la soluzione più coerente, non tanto perché gli «atomi» di Democrito, a differenza delle «quattro radici» di Empedocle e delle «omeomerie» di Anassagora non presentano differenze qualitative, quanto per aver mostrato che «ragione ed esperienza» non sono conciliabili se non abbandonando un tratto essenziale della ragione che dice: «l’essere è e il non-essere non è». 

Nota finale 

Con Democrito la ricerca filosofica afferma di voler provare a praticare quella via che Parmenide aveva dichiarato «impraticabile e preclusa a ogni ricerca». 


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