Nel “De diligendo Deo”, (composto fra il 1130 ed il 1141),
San Bernardo continua la spiegazione di come si possa raggiungere l'amore di
Dio, attraverso la via dell'«umiltà». La sua dottrina cristiana dell'amore è originale, indipendente dunque
da ogni influenza platonica e neoplatonica. Secondo Bernardo
esistono «quattro gradi» sostanziali
dell'amore (Dil VIII,23-25; IX,26;X,27-29;XI,33), che presenta come un
itinerario della vita cristiana, che dal sé (la carne) esce, cerca Dio, ed
infine torna al sé (alla carne), ma solo per Dio. I gradi sono:
1) L'amore di se stessi per sé. Il primo di questi
gradi è l’amore naturale. Il livello più comune e fondamentale, perché
appartiene alla natura dell’uomo. La natura, poiché è troppo fragile e debole,
è spinta a servire anzitutto se stessa, sotto l’impulso della necessità. È
questo l’amore carnale, col quale l’uomo ama anzitutto se stesso per se stesso.
Infatti non ha coscienza se non di se stesso, come è stato scritto: «Prima ciò che è animale, poi ciò che è
spirituale» (1 Corinzi 15,46). Non è imposto da un precetto, ma è suscitato
dalla natura. L’invito del vangelo all’amore del prossimo tempera la tendenza
egoistica dell’amore naturale. Fa crescere la giustizia: secondo la «legge
della vita» suscita l’attenzione a coloro che condividono la stessa natura. Ma
perché questa esperienza «naturale» possa essere vissuta in pienezza è
necessario almeno un primo riferimento a Dio. Riferimento favorito, con
intelligente «pedagogia», da Dio stesso, il quale non solo crea l’uomo, ma fa
nascere in lui il desiderio di amarlo.
«bisogna che il
nostro amore cominci dalla carne. Se poi è diretto secondo un giusto ordine,
sotto l'ispirazione della Grazia, sarà infine perfezionato dallo spirito.
Infatti non viene prima lo spirituale, ma ciò che è animale precede ciò che è
spirituale. Perciò prima l'uomo ama sé stesso per sé. Vedendo poi che da solo
non può sussistere, comincia a cercare Dio per mezzo della fede, come un essere
necessario e Lo ama».
2) L'amore
di Dio per sé. E si giunge, così, quasi con uno sviluppo naturale, al
secondo grado dell’amore, quello nel quale l’uomo comincia ad amare Dio per i
benefici che Egli, nel suo amore provvidente, gli dona. Riconoscere questo
amore è, per l’uomo, segno della sua prudenza. In questo modo accade che l’uomo
animale e carnale, che non sapeva amare nessuno all’infuori di se stesso,
cominci ad amare anche Dio, sia pure in considerazione di sé, poiché si accorge
che in lui, come spesso ha sperimentato, egli può tutto quello che giova
potere, e senza di lui non può nulla. L’uomo, perciò, arriva ad amare Dio, ma
ancora per sé, non ancora per Lui. «Nel secondo grado, quindi, ama Dio, ma per sé, non per
Lui. Cominciando però a frequentare Dio e ad onorarlo in rapporto alle proprie
necessità, viene a conoscerlo a poco a poco con la lettura, con la riflessione,
con la preghiera, con l'obbedienza; così gli si avvicina quasi insensibilmente
attraverso una certa familiarità e gusta pura quanto sia soave».
3) L'amore di Dio per Dio. Siamo ormai al
terzo grado dell’amore di Dio. Quasi per logica conseguenza, l’uomo comincia ad
amare Dio per la Sua dolcezza, che egli ha più volte sperimentato nei momenti
di bisogno. Ne consegue che ad amare puramente Dio ci attiri più la dolcezza
gustata di quanto non ci solleciti la nostra necessità, secondo l’esempio dei
samaritani, i quali alla donna che annunziava la presenza del Signore
risposero: «Non è più per la tua parola
che noi crediamo; noi stessi lo abbiamo ascoltato e sappiamo che questi è
veramente il salvatore del mondo» (Gv 4,42); così anche noi, seguendo il
loro esempio, finiamo per rivolgerci alla nostra carne dicendo: «Non amiamo più Dio per le tue necessità, ma
perché abbiamo gustato e sappiamo quanto è dolce il Signore». La necessità
è infatti una specie di linguaggio della carne e proclama con il suo
comportamento i benefici che ha conosciuto nell’esperienza. A colui che avrà
vissuto questa esperienza, non sarà difficile osservare il comandamento
dell’amore del prossimo. Infatti egli ama Dio secondo verità e per questo ama
anche ciò che appartiene a Dio. Ama in maniera casta e perciò non gli pesa
obbedire a un casto comandamento rendendo più casto il proprio cuore
nell’obbedienza della carità. Ama secondo giustizia e perciò accoglie
volentieri un comandamento giusto. Quest’amore è ben gradito perché è gratuito.
È casto, perché non è profuso a parole o con la lingua, ma con le opere e nella
verità. È giusto, poiché come lo si riceve, così lo si rende. Infatti, chi ama così,
non ama diversamente da come è stato amato, ama cercando anche lui, a sua
volta, non il proprio interesse, ma quello di Gesù Cristo, come Egli non ha
ricercato il proprio interesse, ma il nostro, o meglio noi. Ama così colui che
dice: «Lodate il Signore, perché è buono»
(Sal 117,1). Chi loda il Signore non perché è buono con lui, ma perché è buono
in sé, è colui che ama veramente Dio per Dio e non per se stesso. Non ama così
colui del quale si dice: «Ti loderà
quando gli avrai fatto del bene» (Sal 48,19). Questo è il terzo grado
d’amore, con cui finalmente Dio è amato per se stesso. «Dopo aver
assaporato questa soavità l'anima passa al terzo grado, amando Dio non per sé,
ma per Lui. In questo grado ci si ferma a lungo, anzi, non so se in questa vita
sia possibile raggiungere il quarto grado».
4) L'amore di sé per Dio. Bernardo giunge, così, all’ultimo, il
più elevato grado dell’amore, quello nel quale l’amore tra Dio e l’uomo
realizza un’unione personale e totale, una comunione di volontà. Un’esperienza
che Bernardo non si esita a definire «Deificazione». Esperienza che in questa
vita si può raggiungere solo raramente e per pochi istanti. Per aiutare a
comprendere questa esperienza, Bernardo utilizza alcune immagini note alla
letteratura cristiana antica. Esprime, così, la comunione profonda e personale
tra Dio e l’uomo, una comunione nella quale i due, lungi dall’essere
«annullati», formano una realtà nuova. Quando ciò potrà accadere? Quando l’uomo
troverà nella piena comunione con Dio il compimento della propria vita?
Bernardo lo precisa: solo dopo la «risurrezione». L’anima potrà sperare di
raggiungere il quarto grado dell’amore – o meglio d’essere raggiunta in esso, poiché è
la potenza di Dio che lo concede a chi vuole, non l’attività umana che riesce a
raggiungerlo – solo quando sarà in un corpo spirituale e immortale, in un corpo
integro, tranquillo e piacevole e sottoposto in tutto allo spirito. «Quello cioè in
cui l'uomo ama sé stesso solo per Dio. Allora, sarà mirabilmente quasi dimentico
di sé, quasi abbandonerà sé stesso per tendere tutto a Dio, tanto da essere uno
spirito solo con Lui. Io credo che provasse questo il profeta, quando diceva:
-Entrerò nella potenza del Signore e mi ricorderò solo della Tua giustizia».
Il grado supremo dell’amore non è “amare Dio per Dio”, ma “amare l’uomo per Dio”. Perché se Dio è il Creatore e Salvatore, non basta
amare Lui solo, ma è
bello amare in Lui anche la creatura che Egli ha amorevolmente plasmato e
redento: La perfezione si raggiunge nel «quarto grado», quando l’uomo giunge ad amare se
stesso – ed i fratelli tutti – per Dio. Il credente, giunto all’amore di Dio,
riesce a cogliere lo splendore di Dio in tutte le sue opere, a goderne
e ad amare le persone per amore di Dio.
Nella
stessa opera Bernardo elabora una
diversa e complementare scala, sempre in «quattro gradi», che non è
sovrapponibile alla precedente (XII,34-XV,40). Si può amare Dio
come «servi», come «mercenari», come «figli» e come «spose».
Il «servo»
ama Dio per timore, il «mercenario» ama Dio per la
paga che ne ricava, il «figlio» ama Dio come
padre che lo genera e lo guida, ma
solo la «sposa» ama Dio come sposo,
essendone “inebriata” – afferma Bernardo.
Nel “De diligendo Deo”,
dunque, San Bernardo presenta l'«amore» come
una forza finalizzata alla più alta e totale fusione in Dio col Suo Spirito,
che, oltre a essere «sorgente» d'ogni amore,
ne è anche «foce», in quanto il peccato non
sta nell'«odiare», ma nel disperdere l'amore
di Dio verso il sé (la carne), non offrendolo così a Dio stesso, Amore d'amore.
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