venerdì 4 marzo 2016

RICHIESTA DI UN SEGNO DAL CIELO E PROFESSIONE DI FEDE DI PIETRO


Ancora una volta Matteo introduce una controversia tra Gesù e i rappresentanti di «due» gruppi religiosi del giudaismo di allora, i “farisei” di orientamento “progressista” e i “sadducei” legati al sacerdozio e “conservatori”. La loro richiesta di un «segno» che legittimi l’attività di Cristo (si veda un’analoga richiesta in 12, 38-39) provoca una risposta sferzante. Essi, infatti, sono capaci di interpretare i dati offerti dal clima e dalla natura («l’aspetto del cielo»), ma hanno occhi chiusi ai «segni dei tempi», cioè alla presenza del regno di Dio nella storia attraverso Cristo. L’incomprensione colpisce anche i discepoli che sono «uomini di poca fede» (versetto 8), incapaci di cogliere la lezione che Gesù rivolge loro prendendo spunto dai pani appena moltiplicati. Essi sono segno di un altro pane il cui lievito, causa di corruzione, rappresenta la «dottrina dei farisei e dei sadducei» (Mt 16 versetto 12). 

Alla fine anche i discepoli si aprono alla rivelazione, ma Gesù vuole condurli alla comprensione del mistero della sua persona ed egli lo fa con una domanda capitale: «Voi, chi dite che io sia?». Pietro risponde come interprete di tutti gli altri e come ideale portavoce della fede comune della Chiesa : «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente». Gesù replica a questa purissima professione di fede con una beatitudine destinata a Simone, il cui nome è ora mutato in Pietro, partendo dal simbolo della pietra (in aramaico si poteva usare per Pietro-pietra  un unico termine, “Kefa”). Egli sarà il fondamento, visibile nel tempo, della Chiesa di Cristo («mia chiesa»): il termine “ekklesía”, «Chiesa» (o anche «assemblea»), ricorre nei vangeli solo qui e in 18,17. 

Anzi, a Pietro vengono affidate le chiavi del regno dei cieli, un’immagine per indicare l’amministrazione a pieni poteri delegati (vedi Isaia 22,22) per l’ammissione a quel regno. Infatti la coppia successiva di verbi «legare» e «sciogliere», di origine giuridica, vuole sottolineare il potere di giudizio e di perdono affidato a Pietro e alla Chiesa, così che essa renda visibile ed efficace nel mondo il ministero della riconciliazione con Dio e sigilli il «rifiuto» (nel capitolo 18 si estenderà questo ministero anche agli apostoli). Il brano ha, perciò, un grande significato per delineare il profilo della Chiesa, contro la quale invano sferra il suo attacco la città del male, raffigurata nell’immagine delle «porte degli inferi». 

Subito dopo Cristo rivela alla Chiesa, rappresentata da Pietro e dagli apostoli, il suo destino di «morte e di gloria». La reazione di Pietro rivela l’imperfezione della sua fede, per cui Gesù è costretto a rimproverarlo aspramente come tentatore (Satana) e pietra d’inciampo («scandalo») (versetto 23). Se la confessione di fede aveva aperto a Pietro una missione altissima, ora la sua sconfessione da parte di Gesù lo conduce a seguire la «via della croce», superando la sua visione così umana e limitata. Allora Gesù disse ai suoi discepoli: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua» (versetto 24). La lezione di Cristo è centrata sulla donazione d’amore che egli tra poco rivelerà ai discepoli salendo sulla croce.        

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