domenica 25 gennaio 2015

SPINOZA, DIO E IL NULLA


Radicalizzando la definizione cartesiana di «sostanza» e concependola come unica, infinita, incondizionata causa sui (causa e sostanza) Spinoza approda alla concezione che vuole la «sostanza» coincidente con l’«Essere divino». Da ciò il suo «monismo», che è al tempo stesso panteistico e naturalistico, essendo il «Tutto» manifestazione della divina natura, unica pur nel suo duplice aspetto di natura naturans – universale principio attivo di ogni accadere – e natura naturata, intesa come molteplicità dei singoli accadimenti.
Insieme all’Etica l’altro grande capolavoro spinoziano è il «Trattato teologico-politico», dove il filosofo affronta il problema della Religione e dei rapporti tra la coscienza religiosa e lo Stato. Convinto propugnatore del principio della «libertà di coscienza», Spinoza si batte contro i pregiudizi dei teologi e rivendica il libero esame della Scrittura, seguendo le regole del metodo storico e l’autorità della Ragione: «La vera felicità e la beatitudine di un uomo consiste soltanto nella sapienza e nella conoscenza della Verità».  
La Filosofia nasce volendo essere libera: indipendente da miti, fedi, religioni, opinioni, istinti, costumi sociali, oltre che da ogni costrizione e comandamento che provengano dall'esterno di ciò che essa porta alla luce, chiamandolo «Verità». Ma lungo la sua storia la Filosofia si è posta sempre in rapporto con tutte queste forze, da cui essa non intende farsi guidare, per indagarne il significato e la consistenza: soprattutto con le religioni monoteistiche (e con il potere politico)  e in particolare col Cristianesimo.
All'interno della grande epoca della tradizione filosofica, cioè del pensiero che pone l' «Eterno» al di sopra o nel cuore del Tempo, e al suo fondamento, Spinoza è certamente il più lontano dal mondo religioso. Sono note le vicende di questo grande, probo e pacifico pensatore ebreo, cacciato dalla Sinagoga e condannato, oltre che dagli ebrei, dai cristiani, protestanti e cattolici, e dagli Stati. Nonostante l'ammirazione di un ristretto circolo di amici, lo si considera l'uomo empio e pericoloso di questo secolo .
Odiato o dimenticato per un secolo, a partire dagli ultimi lustri del XVIII secolo il pensiero di Spinoza viene riconosciuto in tutta la sua potenza. Jacobi, Fichte, Schelling, Herder, Goethe, Schiller, Lessing, Hegel, Schopenhauer, Nietzsche, Borges, Einstein, tra gli artefici e i testimoni di questa rinascita. Che anche oggi è attuale , soprattutto per le tesi sul rapporto tra «Stato» e «Chiesa», «Fede» e «Ragione» e per la difesa della Democrazia. La libertà di filosofare, si legge sul frontespizio del «Tractatus theologico-politicus», si può concedere senza danno per la pietà e la pace dello Stato, ma, anche, essa non si può togliere senza togliere la pietà e la pace dello Stato. Sullo sfondo di queste tematiche, la decisione del filosofo di ricercare un bene vero e condivisibile: qualcosa grazie al quale, una volta scoperto e acquisito, godessi in eterno una gioia continua e suprema.
Tale bene è Dio. Un Dio, certo, molto diverso da quello pensato dalla Filosofia dopo l' annuncio Cristiano: ad esempio non è «Persona», non ha «Volontà» né scopi, include la «Natura», e quindi anche ciò che erroneamente gli uomini credono «Male» e «Peccato». E tuttavia possiede quei caratteri della «Potenza» e dell' «Eternità» che sono propri di ogni modo in cui la tradizione filosofica ha pensato il divino. Si tratterebbe di comprendere che anche alle radici di una Filosofia come quella di Spinoza, così lontana dalle (sia pur grandi) abitudini concettuali della civiltà occidentale, è presente l' «Essenza» stessa di quelle abitudini, il tratto decisivo rispetto al quale le pur profonde differenze tra Spinoza e i suoi avversari passano in secondo piano. Alle radici, diciamo: perché si tratterebbe di scendere sul fondo dell'abisso su cui è sospeso il pensiero dell'uomo occidentale, e ormai dell'uomo planetario.
Sin dall'inizio dell'«Etica», il suo capolavoro, Spinoza distingue ciò che esiste necessariamente, cioè non è mai inesistente, ed è Dio, l' «Eterno», da ciò che invece non esiste necessariamente, nel «Senso» che non è sempre esistente ed è l' insieme delle cose prodotte da Dio, esistenti nel Tempo. Ora, essenzialmente, radicalmente più decisiva del modo in cui Spinoza dimostra l' esistenza di Dio, e più decisiva di ogni altra dimostrazione di tale esistenza, proposta lungo la storia del pensiero occidentale e la convinzione che le cose del mondo non esistono necessariamente: nel «Senso», appunto, che non sono sempre esistenti (anche se accadono necessariamente).
Spinoza condivide questa convinzione con ogni altra forma (anche religiosa, dunque) del pensiero dell'Occidente. Si dirà: è ovvio che la condivida! Infatti è la «Verità» più evidente di tutte! E oggi si aggiunge: ed unica «Verità» evidente! - Questo dire e questa aggiunta sono inevitabili. Infatti, anche se la cosa è tutt' altro che facile a comprendersi, l' «Onnipresente Essenza» della Civiltà Occidentale e appunto la convinzione che le cose del mondo non siano sempre esistenti e che questa loro non necessaria esistenza sia l'evidenza originaria o, addirittura, come oggi si conviene, l' unica evidenza assoluta. Perché, allora, perdere tempo con ciò che oggi è rimasta l' unica «Verità» fuori discussione, e non impegnarsi invece per diradare un poco le nebbie dell' incertezza che avvolge la vita dell'uomo?
Proviamo a rispondere così: perché quanto sembra l' unica «Verità» veramente fuori discussione è invece l' errare più profondo, e anche più nascosto. Ma come possiamo azzardarci a dir questo? Che presunzione! Ancora maggiore, la presunzione, se si tiene presente, che anche per la Scienza Moderna le cose del mondo non esistono sempre: esse sono, dopo non essere state, e tornano a non essere: sporgono provvisoriamente dal «Nulla». Certo, sembra proprio un azzardo e una presunzione. Con i quali, tuttavia, acquista un maggior spicco il motivo per cui affermiamo che anche una Filosofia come quella di Spinoza, così lontana dalle abitudini morali e concettuali dell'Occidente Cristiano, e, ciò nonostante, profondamente solidale con l' essenza di tali abitudini.
Anche a Nietzsche (che vede in Spinoza il pensatore a lui più vicino) compete questa solidarietà. Poi, si tratterà di pensare la Follia di quell'«Essenza». Credere che le «Cose» escano e ritornino nel «Nulla», ad opera di un Dio o da sole, non è forse credere che le «Cose» siano «Nulla»? non è forse credere che ciò che non è «Nulla» sia «Nulla»? e questa «Fede» non è forse la mano più terribile e violenta? non uccide forse uomini e cose nel modo più originario e radicale, quello che sta al fondamento della violenza visibile che tutti sono capaci di scorgere?
Sul fondamento di questa «Fede», ogni Santità è la culla dell'omicidio e di ogni altra forma di annientamento. Certo, è indiscutibile che per Spinoza (sulla scia di Seneca e in generale dello stoicismo) le decisioni umane e tutte le cose avvengono per fatale necessità (fatalis necessitas); che nessuna «Cosa» può esistere diversamente da come esiste e che dunque ogni «Cosa» è necessaria. Certamente! Ma nel «Senso» che ogni «Cosa» del mondo si genera e si corrompe necessariamente: non nel «Senso» che non si generi e non si corrompa. Che tali «Cose» escano dal «Nulla» e vi ritornino seguendo o non seguendo un percorso inevitabile indica due prospettive che per quanto fortemente opposte hanno tuttavia in comune la convinzione decisiva e abissale: che le «Cose» del mondo sono «Nulla».
La stessa convinzione che accomuna nell'essenziale le esperienze in cui, lungo la storia dell' Occidente, si pone un Dio alla guida della produzione e distruzione delle «Cose» e le esperienze dove invece si ritiene che tale produzione-distruzione non abbia bisogno di alcun Dio


NOTA FINALE
La verità assolutamente innegabile esiste e tutto ciò che esiste (nel presente, nel passato, nel futuro) è «Eterno», ossia non esiste alcunché che esca dal proprio esser stato «Nulla» e che sia travolto nel «Nulla». Certo, la più sconcertante delle affermazioni.
Dunque, la sconcertante affermazione  che tutto ciò che esiste è «Eterno», non è un «paradosso» che «si scontra» con l’esperienza, cioè «con il fatto che l’uomo muore». All’opposto, a scontrasi con l’esperienza sono coloro che, affermando la sua capacità di attestare l’annientamento degli uomini e delle cose, vedono in essa ciò che in essa non c’è e non può esserci. Sono molti, moltissimi, Non importa. Anche quando qualcuno ebbe a mostrare che è la Terra a girare attorno al sole e non viceversa, tutti gli altri lo negavano, sconcertati (Vedi Post. Marzo 2013 E. Severino Il Filosofo della verità).


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