Osservava Nietzsche, «il Cristianesimo,
come drammaticità, quale veniva pensato da Pascal, nella nostra società
borghese è diventato un tranquillante che deve avere l'effetto di placare la Coscienza».
Per Pascal il discorso era un
altro: se questa «Cosa» «Terribile» che è il Cristianesimo fosse vera? Che cosa
devo fare, in vista di questa possibilità? L' atteggiamento di Pascal non era
accomodante, ma corrispondeva a questa «Cosa» «Terribile»; a questa «Cosa» che,
se presa sul serio, porterebbe a un modo di vivere sostanzialmente diverso da
quello che realizziamo, e che realizziamo proprio perché siamo noi i primi
a non prendere sul serio il Cristianesimo.
Il
passo è operato dalla Fede: «L’uomo senza la Fede non può conoscere
il vero bene, né la giustizia». E la sicurezza della Fede non mi viene dalla
ragione, ma dal sentimento, dall’istinto, dal «Cuore»: «E’ il «Cuore» che sente
Dio, e non la ragione. Ecco che cos’è la Fede: Dio sensibile al «Cuore», non alla
ragione».
Dunque Per Pascal La «Fede
in DIO», di cui egli stesso sperimentò l’intensità, non può essere garantita
dalla «Ragione», né sorge dallo «Spirito Geometrico»: è qualcosa di rischioso
che affonda le radici nel «Cuore» e spinge l’ Uomo alla «Scommessa» che altro non è se
non la possibilità della «Speranza». «La Fede è un dono di Dio» ci ricorda Pascal, e
non possiamo trasformarla in argomento nei confronti di chi non crede. Ed è per
questo - precisa ancora Pascal - che quelli a cui Dio ha dato la religione per
sentimento del Cuore, sono ben fortunati e ben legittimamente persuasi. Ma a
quelli che non l’hanno, noi non possiamo darla che per mezzo del ragionamento,
nell’attesa che Dio gliela doni per sentimento del Cuore, senza di che la Fede
è solamente umana e inutile per la salvezza.
Ma quale ragionamento può essere offerto dopo il
riconoscimento più volte manifestato dell’impotenza della ragione? Pascal non
ha dubbi al riguardo: «Se vi è un Dio, egli è infinitamente incomprensibile,
perché, non avendo né parti né limiti, non ha nessun rapporto con noi. Noi
siamo dunque incapaci di conoscere ciò che egli è, né se è». Non possiamo
dunque rimproverare ai Cristiani di non esibire le prove della loro Fede: «Se essi ne dessero le
prove, mancherebbero di parola; solo mancando di prova essi non mancano di
senso». La mancanza di prove, tuttavia, non costituisce in ogni caso un motivo.
«Esaminiamo dunque questo punto e diciamo: Dio esiste o non esiste. Ma da quale
parte inclineremo? La ragione non vi può determinare nulla».
Non resta che Scommettere. «Si
gioca un gioco, all’estremità di questa distanza infinita, in cui uscirà o
Testa o Croce. Su cosa scommetterete? Con la ragione voi non potete fare né
l’una né l’altra scelta; con la ragione, non potete sostenere nessuna delle
due». L’alternativa è secca: o Dio esiste, o non esiste. La «Scommessa» è
inevitabile. E Pascal compie la propria scelta: «Pesiamo il guadagno e la
perdita, puntando Croce, che Dio Esiste. Valutiamo questi due casi: se vincete,
vincete tutto, se perdete, non perdete nulla. Scommettete, dunque, che Dio
esiste, senza esitare».
Ma Pascal
aveva anche detto che «La conoscenza della propria miseria senza la conoscenza di Dio genera la
disperazione». L’alternativa è allora tra la «Felicità e la Disperazione». Il
gioco manifesta qui il suo insuperabile carattere tragico: se si vince, se Dio
esiste, si vince tutto, certamente; ma se si perde – ed è possibile perdere –
si perde veramente tutto. E all’uomo rimangono «la Solitudine e la Disperazione».
La «Scommessa, alla fine, è solo la possibilità della «Speranza».
Noi oggi abbiamo rovesciato
completamente la posizione Pascaliana, non ci preoccupiamo più di vivere come
se questa cosa terribile fosse vera, ma diciamo che, se fosse falsa, è comodo,
dà tranquillità vivere cristianamente. Non comprendiamo niente di ciò che è l' «Essenza
del Cristianesimo».
Pascal dice:
proviamo a vivere come se questa «Cosa» «Terribile» fosse vera; oggi si dice:
viviamo cristianamente anche se il Cristianesimo è una cosa falsa. Infatti è
utile vivere cristianamente. Si dà prova di «Buon Senso», credendo nel
Cristianesimo. Invece il Cristianesimo non è mai stato una faccenda di «Buon
Senso», a cominciare da quella «Cosa» così talmente priva di «Buon Senso» che è
stata la «Morte di Cristo», una cosa che il benpensante contemporaneo di Cristo
certamente considerava una pazzia.
Infatti
i Greci, che erano i benpensanti del tempo, quando sentivano parlare di
un uomo che diceva di essere «Dio» e che si era fatto uccidere da uomini che
non gli credevano, gli davano del pazzo. Questa era la reazione del benpensante
rispetto a quella vicenda «Drammatica» che è il Cristianesimo.
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