venerdì 16 gennaio 2015

PASCAL E LA SCOMMESSA DEL CRISTIANESIMO


Osservava Nietzsche, «il Cristianesimo, come drammaticità, quale veniva pensato da Pascal, nella nostra società borghese è diventato un tranquillante che deve avere l'effetto di placare la Coscienza». 
Per Pascal il discorso era un altro: se questa «Cosa» «Terribile» che è il Cristianesimo fosse vera? Che cosa devo fare, in vista di questa possibilità? L' atteggiamento di Pascal non era accomodante, ma corrispondeva a questa «Cosa» «Terribile»; a questa «Cosa» che, se presa sul serio, porterebbe a un modo di vivere sostanzialmente diverso da quello che realizziamo, e che realizziamo proprio perché siamo noi i primi a non prendere sul serio il Cristianesimo
Il passo è operato dalla Fede: «L’uomo senza la Fede non può conoscere il vero bene, né la giustizia». E la sicurezza della Fede non mi viene dalla ragione, ma dal sentimento, dall’istinto, dal «Cuore»: «E’ il «Cuore» che sente Dio, e non la ragione. Ecco che cos’è la Fede: Dio sensibile al «Cuore», non alla ragione». 
Dunque Per Pascal La «Fede in DIO», di cui egli stesso sperimentò l’intensità, non può essere garantita dalla «Ragione», né sorge dallo «Spirito Geometrico»: è qualcosa di rischioso che affonda le radici nel «Cuore» e spinge l’ Uomo alla «Scommessa» che altro non è se non la possibilità della «Speranza». «La Fede è un dono di Dio» ci ricorda Pascal, e non possiamo trasformarla in argomento nei confronti di chi non crede. Ed è per questo - precisa ancora Pascal - che quelli a cui Dio ha dato la religione per sentimento del Cuore, sono ben fortunati e ben legittimamente persuasi. Ma a quelli che non l’hanno, noi non possiamo darla che per mezzo del ragionamento, nell’attesa che Dio gliela doni per sentimento del Cuore, senza di che la Fede è solamente umana e inutile per la salvezza. 
Ma quale ragionamento può essere offerto dopo il riconoscimento più volte manifestato dell’impotenza della ragione? Pascal non ha dubbi al riguardo: «Se vi è un Dio, egli è infinitamente incomprensibile, perché, non avendo né parti né limiti, non ha nessun rapporto con noi. Noi siamo dunque incapaci di conoscere ciò che egli è, né se è». Non possiamo dunque rimproverare ai Cristiani di non esibire le prove della loro Fede: «Se essi ne dessero le prove, mancherebbero di parola; solo mancando di prova essi non mancano di senso». La mancanza di prove, tuttavia, non costituisce in ogni caso un motivo. «Esaminiamo dunque questo punto e diciamo: Dio esiste o non esiste. Ma da quale parte inclineremo? La ragione non vi può determinare nulla». 
Non resta che Scommettere. «Si gioca un gioco, all’estremità di questa distanza infinita, in cui uscirà o Testa o Croce. Su cosa scommetterete? Con la ragione voi non potete fare né l’una né l’altra scelta; con la ragione, non potete sostenere nessuna delle due». L’alternativa è secca: o Dio esiste, o non esiste. La «Scommessa» è inevitabile. E Pascal compie la propria scelta: «Pesiamo il guadagno e la perdita, puntando Croce, che Dio Esiste. Valutiamo questi due casi: se vincete, vincete tutto, se perdete, non perdete nulla. Scommettete, dunque, che Dio esiste, senza esitare». 
Ma Pascal aveva anche detto che «La conoscenza della propria miseria senza la conoscenza di Dio genera la disperazione». L’alternativa è allora tra la «Felicità e la Disperazione». Il gioco manifesta qui il suo insuperabile carattere tragico: se si vince, se Dio esiste, si vince tutto, certamente; ma se si perde – ed è possibile perdere – si perde veramente tutto. E all’uomo rimangono «la Solitudine e la Disperazione». La «Scommessa, alla fine, è solo la possibilità della «Speranza». 
Noi oggi abbiamo rovesciato completamente la posizione Pascaliana, non ci preoccupiamo più di vivere come se questa cosa terribile fosse vera, ma diciamo che, se fosse falsa, è comodo, dà tranquillità vivere cristianamente. Non comprendiamo niente di ciò che è l' «Essenza del Cristianesimo». 
Pascal dice: proviamo a vivere come se questa «Cosa» «Terribile» fosse vera; oggi si dice: viviamo cristianamente anche se il Cristianesimo è una cosa falsa. Infatti è utile vivere cristianamente. Si dà prova di «Buon Senso», credendo nel Cristianesimo. Invece il Cristianesimo non è mai stato una faccenda di «Buon Senso», a cominciare da quella «Cosa» così talmente priva di «Buon Senso» che è stata la «Morte di Cristo», una cosa che il benpensante contemporaneo di Cristo certamente considerava una pazzia. 
Infatti i Greci, che erano i benpensanti del tempo, quando sentivano parlare di un uomo che diceva di essere «Dio» e che si era fatto uccidere da uomini che non gli credevano, gli davano del pazzo. Questa era la reazione del benpensante rispetto a quella vicenda «Drammatica» che è il Cristianesimo. 

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