Nel
nobile modo in cui il 10 febbraio 2013 Benedetto
XVI ha espresso la sua rinuncia è indicato esplicitamente il problema centrale
del Cristianesimo: si trova «Nel mondo del nostro tempo, soggetto a rapide
mutazioni e turbato da questioni di gran peso per la vita della Fede»
(«In mundo nostri temporis rapidis mutationibus subiecto et quaestionibus magni
ponderis pro vita fidei perturbato»). Nel testo, la parola pondus (peso)
compare tre volte:
- come peso» delle questioni riguardanti la vita della Fede
- come peso» del gesto di rinuncia
- come peso» del ministerium che viene lasciato per il venir meno delle forze.
Ma solo il primo peso vien detto grande: la vita della «Fede» è oggi
gravata da «Questioni di gran peso» ed è essa stessa turbata dal turbamento del
mondo. Il mondo cristiano, tanto meno un Pontefice, possono riconoscere che il
turbamento della «Fede» è ben più profondo di quello visibile, dovuto alla
corruzione all'interno della Chiesa. Ciò che più salta agli occhi è l'«Allontanamento
della modernità» e soprattutto del nostro tempo dai valori della «Tradizione» e
dunque dalla «Vita della Fede» (in questo contesto, la corruzione della Chiesa
è più grave di tutte le forme passate del suo degrado).
Il turbamento del mondo, tuttavia, riguarda non solo la «Fede religiosa», ma
anche quelle altre forme di «Fede» ancora dominanti (e che non amano sentirsi
dire che sono a loro volta «Fedi»). Il riferimento è soprattutto al
Capitalismo, alla Democrazia, al Capitalismo-Comunismo Cinese o, in Iran, alla
mescolanza di Teocrazia e Capitalismo; e il Comunismo sovietico, come il Nazismo,
erano tra le più rilevanti di queste forze. Ognuna delle quali avverte la
necessità di eliminare le proprie degenerazioni, ma si rifiuta di ammettere
l'inevitabilità del proprio «Tramonto».
Non è una metafora né un'iperbole fuori luogo affermare che ognuna di
esse si sente un «Dio» che deve distruggere gli infedeli. Ma, come la «Fede
religiosa», anche la vita di queste altre forze è gravata da «Questioni di gran
peso» da questioni che fanno intravvedere l'inevitabilità di tale «Tramonto». Certo,
un Pontefice deve credere che il Cristianesimo durerà fino alla fine del mondo.
Ma la gran questione è se quelle forze , dunque anche il Cristianesimo , Si
rendano conto del loro vero avversario, che le scuote e le travolge.
Il «Relativismo» (Vedi pubbl. Marzo 2014) è stato
l'avversario di Benedetto XVI. Lo sforzo di combatterlo ha avuto
un carattere soprattutto pastorale. Il semplicismo concettuale e l'ingenuità
del «Relativismo» ne favoriscono infatti la diffusione presso le masse, e tale
diffusione è tutt'altro che irrilevante per la vita della «Fede». Giovanni Paolo II si avvicinava maggiormente all'avversario autentico
quando individuava negli inizi della «Filosofia Moderna» (Cartesio) la matrice
di tutti i grandi «Mali» del secolo XX, quali le dittature del Comunismo e del
Nazionalsocialismo, o l'egoismo dell'Economia capitalistica. In questa
prospettiva, lo stesso «Relativismo» può essere inteso come un parto di quella
matrice.
L'uomo
può incominciare a vivere solo se vuole trasformare se stesso e il mondo da cui
è circondato. Se non fa questo non può nemmeno compiere quella trasformazione
di sé che è il respirare in senso letterale. E muore. Vive solo se si fa largo
nella «Barriera» che gli impedisce di trasformare sé e il mondo. La «Barriera»
è l'Ordine immutabile della natura. Solo se la penetra, la sfonda, la squarta,
e comunque la fa arretrare, può liberarsi un poco alla volta dal suo peso e
ottenere ciò che egli vuole.
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