mercoledì 9 aprile 2014

SAN TOMMASO: «LE CINQUE VIE E L'ESISTENZA DI DIO»


Le cinque vie sono gli argomenti «cosmologici» con cui San Tommaso d'Aquino (Vedi Pubbl. Marzo 2013) prova l'esistenza di Dio. Tommaso parte dall' insufficienza dell' «argomento ontologico» di Sant'Anselmo d'Aosta. Secondo Tommaso l'esistenza di Dio non può essere provata a «priori»: per accettare l' «argomento ontologico» dovremmo conoscere l'essenza di Dio, il che, in questa vita, non si dà. Rimangono valide le prove a «posteriori», che Tommaso sintetizza in «cinque vie» che portano all'esistenza di Dio. I richiami teoretici sono: per le prime due vie ad Aristotele (con correzioni anche notevoli), per la terza ad Avicenna, per le ultime due ad Agostino ed al platonismo, per la quinta anche a Socrate
Proponendo queste vie, Tommaso intende mostrare la stringente ragionevolezza di pensare ad un fondamento «Metafisico del Mondo», il cui stesso «Essere» non dipende da sé, non trova in sé la propria giustificazione , ma esplicita anche chiaramente che non si tratta affatto di tentare di dimostrare il «Cristianesimo»: la «Redenzione», in quanto fatto storico, non può essere «razionalmente» dimostrata, ma va conosciuta mediante un opportuno ed attento studio delle fonti, in sostanza della «Bibbia»; lì si potranno riscontare i motivi di ragionevolezza del «Credere», anche se la decisione ultima sarà sempre lasciata alla «Libera Volontà» di accettare o meno la «Rivelazione», ed anche se il «Credere» risulterà, alla fine, essenzialmente un «Dono della Grazia». Come osservazione comune a tutte le vie, si noti che Tommaso muove sempre le sue considerazioni da qualcosa che sia empiricamente osservabile: un «Ente» che muta, un «Ente» che si genera, ecc. 
La prima via ( Moto o Cambiamento) parte dall'osservazione del «movimento»: se osservo un qualsiasi mutamento, devo necessariamente presupporre un «motore», cioè un agente che abbia originato il mutamento; tale «motore», per muovere, deve essere in «atto», poiché ciò che è in «potenza» non agisce di fatto, ma soltanto può farlo; ora ci sono due possibilità: o quel «motore» è sempre in «atto», ed è Dio, o ha avuto bisogno di un ulteriore «motore» che lo portasse dalla «potenza» all'«atto» affinché potesse muovere; in questo secondo caso, il «motore» responsabile del primo movimento (indipendentemente da quanti siano i motori intermedi) dovrà per forza essere sempre in «atto», altrimenti non lo sarebbe nessuno degli altri motori, ed io non osserverei nessun mutamento. Ed anche se i motori in «potenza» fossero infiniti, resta il fatto che non potrebbero, essendo tutti in «potenza» appunto, produrre una sola cosa in «atto». Ma siamo partiti proprio dal fatto che un qualche movimento in «atto» si dà ed è osservabile. Il primo «motore» che, essendo immobile e sempre in «atto», pone in attività i motori successivi è «ciò che chiamiamo Dio»
La seconda via parte dalla «causalità efficiente»: si procede in modo analogo al precedente, applicando il procedimento al fatto che osservo l'esistenza di realtà che non si spiegano da sé, ma sono effetto di qualcos'altro; anche in questo caso deve esistere una «causa efficiente» «prima», «che chiamiamo Dio», altrimenti ogni effetto sarebbe solo una possibilità, niente di reale (attuale). Si noti, qui, che Tommaso usa sì termini e concetti aristotelici, ma procede molto oltre Aristotele stesso, in quanto lo «Stagirita» (Aristotele Nativo di Stagira) non ammetteva che Dio fosse «causa efficiente» del mondo, ma sosteneva che ne fosse solo «causa finale».

La terza via (Contingenza e Necessità) parte dalla riflessione sulla «Contingenza»: l'esperienza ci attesta che esistono cose che possono essere come «Non Essere», cioè sono «Contingenti», ossia sono tali che la loro essenza non comprende l'esistenza; ma cose siffatte talvolta sono talvolta no; posta la domanda se ogni cosa sia «Contingente» o se esista qualcosa di «Necessario», dobbiamo escludere la prima ipotesi: infatti, se tutto fosse «Contingente», sarebbe inevitabilmente capitato, in passato, un momento in cui tutto non era; il che è falso perché altrimenti ora non ci sarebbe «Niente»; dunque, deve esistere qualcosa di «Necessario», ossia qualcosa la cui essenza comprenda l'esistenza: tale «Cosa» «Tutti chiamano Dio». Tommaso, in questa formidabile argomentazione, che ci aiuta a vedere la trasparenza di tutte le «Cose» che ci circondano, per coglierne, oltre esse, «Colui» che dà loro fondamento ed essere, lascia implicito un punto che potrebbe essere così chiarito: o il «tempo» prima di noi ha avuto un «inizio», e allora diamo già per scontato ciò che stiamo discutendo, cioè che ci fu un'epoca quando «Nulla era», prima dell' «inizio» del tempo o il tempo che ci precede è infinito, e noi siamo come un punto su una semiretta. Ora, ciò che può succedere, come già Aristotele aveva capito, prima o poi succede; quindi, se in un tempo infinito, una determinata situazione non si produce, è segno che essa è impossibile. In effetti, se tutte le cose sono «Contingenti», in un tempo infinito è inevitabile che si realizzi il caso in cui tutte si trovano contemporaneamente a «Non Essere» (è come se avessimo degli elementi che possono presentarsi solo come «zero o uno»: dati infiniti tentativi, è inevitabile che si dia il caso in cui tutti segnano «zero»). Se ciò fosse successo, siccome dal «Niente» non viene «Niente», il mondo non sarebbe più ripartito da solo. Dunque, non è ammissibile che non esista almeno un «Ente» «Necessario». Il discorso, naturalmente, non vuole dimostrare che il mondo sia «Eterno». Anzi, i cristiani sanno che la «Creazione» implica un' «inizio temporale dell'universo». L'intento di Tommaso, qui, è solo di mostrare la ragionevolezza dell'esistenza di «Dio». 
La quarta via (I Gradi dell’ Essere) riflette sui gradi di «Perfezione»: se possiamo osservare, nel mondo, cose con una «Perfezione» (qualità, potremmo dire) posseduta in grado più o meno elevato (cose più o meno buone, ad esempio), dobbiamo ammettere l'esistenza di quella «Perfezione» ad un livello massimo (la bontà assoluta, nel nostro esempio); tale livello assoluto di «Perfezione», richiesto dal relativo che noi vediamo, è «normalmente chiamato Dio». 
La quinta via ( Finalità o Ordine del Mondo) parte dalla considerazione che oggetti naturali non dotati di volontà agiscono in modo «Ordinato e Finalizzato»: infatti, sempre, o per lo più, operano in un determinato modo (cosa su cui, come è facile notare, si rende possibile la costruzione della scienza); il che richiede che un essere intelligente abbia dato razionalità al cosmo: quest'essere è quello che «chiamiamo Dio»
Cinque argomenti o un argomento? Secondo alcuni pensatori le «cinque vie» possono essere ridotte a una sola: la «Contingenza» di tutte le «Cose» del mondo, rimanda ad un «Essere Necessario» senza del quale qualsiasi esistenza apparirebbe come sorta dal «Nulla». Tuttavia, osserva Gilson, la molteplicità delle vie della dimostrazione cosmologica è essenziale: «Dio» infatti non può apparire come la conclusione inevitabile di una sola linea di pensiero sul mondo, bensì come la conclusione di tutte quelle linee lungo le quali la conoscenza umana del mondo può raggiungere profondità secondo quella forma di ragione che, con altri, Benedetto XVI chiamerebbe «logos».












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