sabato 17 settembre 2016

PITAGORA E L’ORDINE DEI NUMERI


Circondato da un alone leggendario, Pitagora fu complessa e singolare figura di filosofo e scienziato. A lui vengono attribuite la «Dottrina della Metempsicosi» e la «Dottrina del Numero» concepito come essenza stessa delle cose e principio formatore dell’universo. 

Da Platone e, soprattutto, da Aristotele abbiamo notizie circa la «Dottrina della Metempsicosi» (la trasmigrazione delle anime di corpo in corpo) attribuibile con una certa sicurezza a Pitagora, e le teorie matematiche e musicali della scuola. 

A proposito della filosofia del «Numero» dei pitagorici, Aristotele dice che «per primi si applicarono alle matematiche e le fecero progredire, e, nutriti delle medesime, credettero che i principi di queste fossero principi di tutti gli esseri. E, poiché nelle matematiche i numeri sono per loro natura i principi primi, appunto nei numeri essi ritenevano di vedere, più che nel “Fuoco”, nella “Terra” e nell’ “Acqua”, molte somiglianze con le cose che sono e che si generano; e inoltre, poiché vedevano che le note e gli accordi musicali consistevano nei numeri, e, infine, poiché tutte le altre cose, in tutta la realtà, parevano a loro che fossero fatte a immagine dei numeri e che i numeri fossero ciò che è primo in tutta quanta la realtà, pensarono che gli elementi del “Numero” fossero elementi di tutte le cose, e che tutto quanto l’universo fosse “Armonia” e “Numero”» (Metafisica, A. 5, 985-6). E poco dopo: «Pare che anche costoro, che pensavano che il principio fosse il “Numero”, pensassero il principio e come “qualità accidentale” e come “condizione delle cose che sono”. Elementi del numero ponevano il “pari” e il “dispari”, l’uno pensato come “infinito” e l’altro come “limitato”; l’unità la consideravano derivante da entrambi (dicevano quindi che essa è “pari e dispari”); e dall’unità pensavano che nascesse il “Numero”, e che nel “Numero” consistesse tutto il mondo» (Metafisica A. 986 a 15-20). 

Il numero pitagorico non è solo un’espressione quantitativa, ma, per l’identificazione operata tra significato aritmetico e significato geometrico, i numeri assumevano un aspetto qualitativo che i pitagorici esprimevano in figure, come ad esempio la «Tetraktys», su cui erano soliti giurare, dove il numero 10 risulta dalla composizione del 4 (i punti di ogni lato) col 3 (i numeri dei lati). Se il “Numero” è la sostanza di tutte le cose, tutte le opposizioni delle cose vanno ricondotte a opposizione tra numeri. Fondamentale è l’opposizione del “pari e dispari” in cui tutti i numeri si lasciano raggruppare, tranne l’«uno», capace di generare sia il “pari” che il “dispari”, perché aggiunto al numero “pari” genera il “dispari” e viceversa. Il “pari” e il “dispari” sono a loro volta espressione dell’illimitato e del limite perché, come dice un’antica testimonianza riportata da Plutarco: «Quando il numero “dispari” è diviso in due parti rimane una unità in mezzo; ma quando viene diviso in due parti il “pari”, resta un campo vuoto senza determinazione e senza numero, dimostrando che è difettoso e incompleto» ( Plutarco - La E di Delfi - De E apud Delphos, 388 a-b). 



Come già Eraclito, anche i pitagorici ritenevano che la lotta tra gli «opposti» fosse conciliata da un principio di «armonia» che il pitagorico Filolao definisce: «unità del molteplice e concordia del discordante» (frammenti 10). L’«armonia» trova la espressione più alta nella musica i cui rapporti matematici sono assunti dai pitagorici come modello di tutte le armonie del «cosmo», una parola, quest’ultima, che con i pitagorici acquista quel significato di «ordine» con cui verrà tramandata in Occidente. 

Ci riferisce infatti Platone che i pitagorici «ritengono che cielo e terra, dei e uomini sono tenuti insieme dall’ordine, dalla saggezza e dalla rettitudine: ed è proprio per tale ragione… che essi chiamano questo tutto “cosmo” (ossia “ordine”)» (Gorgia, 507 e 508 a). 

Nota finale: 

Con l’introduzione di questo concetto, l’universo cessa di essere dominio di oscure forze, campo di misteriose e indecifrabili potenze, per diventare quell’«ordine» che, reso trasparente dal “Numero”, diventa accessibile al pensiero e alla conoscenza. Afferma infatti il pitagorico Filolao, che la tradizione vuole contemporaneo di Socrate: «Tutte le cose che si conoscono hanno “Numero”: senza questo, nulla sarebbe possibile pensare, né conoscere» (frammenti, 44 B 4).   


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