Anassimene, che la tradizione vuole
discepolo di Anassimandro, corregge la teoria del maestro nel tentativo di
conferire una qualche positività al
«principio» che Anassimandro aveva connotato in termini esclusivamente negativi.
L’«Ápeiron», che in Anassimandro era
il «principio» da cui tutte le cose traggono la loro esistenza, diventa l’«Attributo» di quel «principio» che
Anassimene indica nell’«Aria». L’«Aria» di Anassimene non equivale all’«Acqua» di Talete, perché quest’ultima è
qualcosa di determinato, mentre l’«Aria»
di Anassimene non trascura il guadagno speculativo di Anassimandro che non
concede a una cosa determinata di essere «principio» delle determinazioni.
L’«Aria» è dunque l’«Ápeiron», ossia quell’indeterminato che, rarefacendosi e
condensandosi, genera tutte le cose. «L’
“Aria” si differenzia nelle varie sostanze a secondo del grado di rarefazione e
condensazione – riferisce Teofrasto in un frammento riportato da Simplicio – e così
dilatandosi dà origine al fuoco, mentre condensandosi dà origine al vento e poi
alla nube; ad un grado maggiore di densità forma l’acqua, poi la terra e quindi
le pietre; le altre cose derivano poi da queste» (In Arist. Phys. 24, 26).
Anassimene
porta così alla luce un concetto decisivo nello sviluppo del pensiero: si
tratta del concetto di «causa» che
determina la trasformazione del «principio» in tutte le cose. Il mondo greco
non ignorava il concetto di «causa»,
ma ancora non lo aveva fatto uscire da quel contesto morale che regolava la
connessione tra colpa e pena. Non a caso per la parola «causa» in greco si usa la stessa parola che si impiega per «colpa» (aitía). Così la morte del colpevole (aitíos) non arresta l’effetto della «colpa» che è «causa» (aitía) delle pene delle generazioni
future.
La successione triadica
della tragedia greca rappresenta il primo tentativo di seguire in un tempo più
lungo quel rapporto di “causa-effetto”, nella forma di colpa e pena, che lo
spazio ristretto del presente non consente di verificare. Nell’ignoranza della “causa-colpa”
(aitía) l’apparire dell’effetto-pena
è incomprensibile, la sua comparsa è senza ragione, è mistero imperscrutabile
del fato, è destino inconoscibile.
Con
Anassimene la nozione di «causa»
esce dal contesto morale per affacciarsi all’orizzonte che noi oggi diremmo
scientifico, dove le categorie della “colpa” e della “pena” cedono al rapporto
“causa-effetto” così decisivo nel modo occidentale di pensare. Ma con
l’intervento del concetto di «causa»
anche il «principio» (Arché) di tutte
le cose muta il suo volto, nel senso che l’«Arché»
non è più soltanto la «sostanza» o la
«materia» di cui le cose sono
costituite, ma anche il «principio» dell’«azione»,
o «causa efficiente» come più tardi
la chiamerà Aristotele, che determina la trasformazione delle cose.
Nota finale: Con la
rarefazione e la condensazione Anassimene è in grado di spiegare la
differenza «qualitativa» delle cose a
partire dalla differenza «quantitativa»
dell’originario «principio». Ma introducendo la differenza «qualitativa» Anassimene inaugura quella
«riflessione sugli opposti» che
Eraclito in seguito renderà esplicita.
Nessun commento:
Posta un commento