giovedì 24 dicembre 2015

LA “MAGNA CHARTA” CRISTIANA


Papa Francesco ha voluto che le Beatitudini del Vangelo di Matteo (5,1-12) fossero la guida ideale per le Giornate mondiali della gioventù di questo e del prossimo anno. Esse fanno parte anche del Lezionario biblico del matrimonio e possono diventare un programma di vita per gli sposi cristiani. 

Lo scrittore francese Charles Péguy ammoniva: «No, figlio mio, Gesù non ci ha dato delle parole morte da rinchiudere in scatolette piccole o grandi e che dobbiamo conservare in olio rancido come le mummie d’Egitto. Gesù Cristo non ci ha dato affatto delle conserve di parole da custodire ma ci ha dato parole vive per nutrirci e nutrire». Le Beatitudini sono proprio queste parole vive che nutrono. 

Esse sono indirizzate alla coscienza dell’uomo: esemplari sono le due beatitudini dei «poveri in spirito» e dei «puri di cuore». Nel linguaggio biblico lo “spirito” e il “cuore” non indicano qualcosa di intimistico o di vagamente spirituale, ma sono espressione dell’essere profondo dell’uomo da cui promanano le decisioni fondamentali di pensiero, di volontà e di azione. Le Beatitudini, allora, sono molto di più di una serie di norme o leggi che regolano alcuni tempi della vita e alcuni atti. Sono in realtà un appello che deve reggere ogni tempo, ogni atto, ogni scelta della vicenda umana. 

L’impegno richiesto da Gesù è continuo e sistematico, avvolge l’intero essere dell’uomo, è come il sentimento materno o paterno che non appartiene solo ad alcuni momenti e ad alcune azioni della giornata ma tocca la persona nella sua totalità. E questo impegno ci induce ad abbandonare gli idoli del denaro, dell’orgoglio, del piacere, della violenza, dell’ingiustizia, delle prepotenze, della guerra, dell’oppressione per scegliere la via del Cristo le cui pietre miliari sono la povertà, la sofferenza, la mitezza, la giustizia, la misericordia, la purezza, la fedeltà anche nella persecuzione. Di fronte alla “Magna Charta” cristiana delle Beatitudini si sono opposte due interpretazioni. 

La prima ha visto in esse la proposta destinata a una minoranza selezionata di “perfetti”, di uomini “spirituali”. L’altra linea interpretativa, già inaugurata da sant’Agostino e dominante oggi, considera più correttamente le Beatitudini e tutto il Discorso della Montagna come un progetto di vita cristiana e un decalogo evangelico proposto a tutti i credenti in Cristo per l’oggi. Il testo, allora, deve essere alla base di ogni esperienza umana cristiana, come suggerisce la liturgia applicandolo alla vita e alla morte, al tempo festivo e a quello feriale, al matrimonio e alla vita religiosa. 

Le Beatitudini dovrebbero essere la pagina da incorniciare all’interno della casa, la preghiera da ripetere ogni mattina, come sembra facesse sant’Ambrogio, la guida per i giorni oscuri e quelli luminosi, la traccia dell’esame di coscienza serale della famiglia, l’eredità più preziosa da lasciare ai figli, quando, al termine dell’esistenza terrena, si proclamerà nella liturgia funebre della speranza pasquale questa pagina della fede pura e dell’amore totale.  

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