L’Essere umano non cessa
di stupire. Sia nel bene che nel male. Anche se bisogna pur dire che il bene stupisce
sempre assai meno del male: i giornali scandalistici, infatti, non fanno
fortuna raccontando opere buone, ma raccontando omicidi, stupri, frodi e tradimenti. In
realtà sembra che nessuno si stupisca del bene. Il bene continua sempre ad
avere un certo suo aspetto di normalità, nonostante che il male sia così tanto
diffuso. La disonestà, l’inganno e la violenza, invece, continuano a stupire
tutti, pessimisti e ottimisti. E’ che ciascuno lo sente d’istinto come qualcosa
che non dovrebbe mai accadere.
Da qui
viene la grande domanda: perché e come mai ciò che non dovrebbe mai
accadere accade? Perché e come mai dall’interno dell’uomo, dai suoi sentimenti,
dalle sue passioni e dalla stessa sua intelligenza possono scaturire tante cose
così orribili? E ciò che meraviglia di più non sono tanto i gravi delitti
commessi da uomini perversi, quanto l’esperienza, drammaticamente descritta da
San Paolo, come pure dall’antico poeta pagano Ovidio, dell’uomo normale, che
cerca e desidera l’onestà e il bene e poi, in realtà, misteriosamente
sopraffatto dal male, commette ciò che non vorrebbe e non fa il bene che
avrebbe desiderato compiere.
Questa
condizione umana ha sempre tormentato lo «Spirito e l’Intelligenza» dell’uomo:
come mai e perché? Nella tradizione della Fede Cristiana c’è un termine, ben
noto a chiunque abbia frequentato il catechismo, che vuole suggerire una
risposta: il «Peccato Originale». Da un lato vuol dire semplicemente il primo
peccato commesso dall’uomo nella sua storia. Dall’altro vuol significare una
situazione di peccato in cui è rimasta coinvolta la natura umana, nella quale
l’uomo si trova ad esistere prima ancora di una qualsiasi libera decisione .
La Bibbia ci descrive con
meravigliosa finezza e rara penetrazione psicologica il meccanismo perverso
della colpa: l’incredibile attrazione che il «Male», poi da tutti deplorato,
esercita sull’uomo e sembra essere dovuta ad una potente «Volontà» di
indipendenza e alla presunzione di poter essere legge a se stessi, invece di
accettare quella di Dio.
La grande
tentazione viene dal «Serpente», simbolo di Satana. Però si potrebbe
dire che essa è anche inscritta nella stessa natura dell’uomo: Dio ci ha resi
veramente padroni del nostro destino, dandoci l’enorme potere
dell’«Intelligenza», della penetrazione dei segreti delle cose e, soprattutto,
quella magnifica e tremenda capacità di poter decidere da noi cosa vogliamo
fare e cosa vogliamo essere. Essere uomini è come camminare su di una lama di
rasoio. Essere esenti, però, dal rischio della libertà significherebbe non
essere più uomini, ma animali o automi.
La
salvezza dell’uomo è la «Grazia». Cioè il fatto che Dio non l’ha creato
così per divertirsi, ma perché solo con una creatura così gli sarebbe stato
possibile avere un dialogo e uno scambio d’«Amore». E’ «Grazia», quindi, che
Dio, oltre che essere sopra di noi, ci sia vicino. E fu «Grazia», quella dei «primogenitori»
descritti dalla «Genesi», destinata a garantire un futuro per l’uomo,
nell’armonia dei suoi rapporti di «Amore» con i fratelli e con Dio.
Gesù
dice ai Farisei,
che vogliono ucciderlo, che il loro padre è il diavolo, che sin dall' inizio è
stato omicida e non è rimasto nella verità . Infatti ha indotto i nostri progenitori
al «Peccato», cioè ad essere come Dio, e Dio ha punito l'uomo consegnandolo
alla «Morte».
Ad opera di un uomo ,
dice Paolo, entrò nel mondo il «Peccato», e ad opera del «Peccato» la
«Morte». Ma ecco il centro di quanto va soprattutto pensato: che non è che la
«Morte» sia entrata nel mondo ad opera del «Peccato», ma, all'opposto, che il
«Peccato» è entrato nel mondo ad opera della «Morte»; e cioè che il vero
«Peccato» è la «Morte» (vedi Post Agosto
2014 Il Vero Peccato, la Morte).
Il Peccato dell’origine
non fu quindi solamente la caduta nella presunzione di essere i padroni del
«Bene e del Male», ma allo stesso tempo ignoranza e rifiuto di una condizione,
che potremmo definire di privilegio, nella quale la mano tesa di Dio rendeva
possibile all’uomo, in un quadro d’«Amore», camminare sul filo del rasoio della
sua nobiltà, senza scivolare nella follia del suo orgoglio.
Secondo la Bibbia così comincia
la storia dell’uomo. E tutto ciò che segue ne resta irrimediabilmente segnato.
Certamente nessun uomo nasce colpevole, però nessuno nasce in una umanità
innocente. La natura umana è rimasta in possesso della ricchezza della sua
libertà, ma spogliata del dono che le avrebbe reso possibile goderne
gioiosamente, senza il tarlo dell’orgoglio e della ribellione. Ecco perché
abbiamo bisogno di Gesù: egli è venuto a riportare nel «Cuore» della natura
umana, che ha fatto propria, l’apertura dell’«Amore» e della dedizione.
L’aspetto deplorevole della condizione
umana non è che l’uomo sia libero, ma che egli tenda nell’esercizio
della sua libertà a ripiegarsi su se stesso, a fare di sé la meta dei suoi
desideri, a porre se stesso in cima a tutte le cose. La salvezza di Cristo non
per nulla è tutta lì, in quell’esito impensabile e conturbante della sua opera
messianica che è la sua «Croce». Gesù, infatti, è l’anti Adamo: in Adamo l’uomo
presume di essere Dio, in Gesù il figlio di Dio si fa Uomo; Adamo afferma se
stesso mentre Gesù si nega a se stesso per darsi agli uomini e al Padre.
Poche sentenze di Gesù sono così
cariche di significato quanto questa: «Chi vorrà
salvare la propria vita la perderà, ma chi perderà la propria vita per me la
salverà». Sembra assurdo eppure
è chiaro: è dandosi che ci si ritrova, con Dio e con i fratelli, nell’«Amore»;
mentre, cercando se stessi non si può trovare altro che la propria solitudine,
come Adamo ed Eva che dopo aver preteso di essere come Dio si ritrovarono
«Nudi».
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