domenica 6 settembre 2015

IL PECCATO NEL MONDO


L’Essere umano non cessa di stupire. Sia nel bene che nel male. Anche se bisogna pur dire che il bene stupisce sempre assai meno del male: i giornali scandalistici, infatti, non fanno fortuna raccontando opere buone, ma raccontando omicidi, stupri, frodi e tradimenti. In realtà sembra che nessuno si stupisca del bene. Il bene continua sempre ad avere un certo suo aspetto di normalità, nonostante che il male sia così tanto diffuso. La disonestà, l’inganno e la violenza, invece, continuano a stupire tutti, pessimisti e ottimisti. E’ che ciascuno lo sente d’istinto come qualcosa che non dovrebbe mai accadere. 

Da qui viene la grande domanda: perché e come mai ciò che non dovrebbe mai accadere accade? Perché e come mai dall’interno dell’uomo, dai suoi sentimenti, dalle sue passioni e dalla stessa sua intelligenza possono scaturire tante cose così orribili? E ciò che meraviglia di più non sono tanto i gravi delitti commessi da uomini perversi, quanto l’esperienza, drammaticamente descritta da San Paolo, come pure dall’antico poeta pagano Ovidio, dell’uomo normale, che cerca e desidera l’onestà e il bene e poi, in realtà, misteriosamente sopraffatto dal male, commette ciò che non vorrebbe e non fa il bene che avrebbe desiderato compiere. 

Questa condizione umana ha sempre tormentato lo «Spirito e l’Intelligenza» dell’uomo: come mai e perché? Nella tradizione della Fede Cristiana c’è un termine, ben noto a chiunque abbia frequentato il catechismo, che vuole suggerire una risposta: il «Peccato Originale». Da un lato vuol dire semplicemente il primo peccato commesso dall’uomo nella sua storia. Dall’altro vuol significare una situazione di peccato in cui è rimasta coinvolta la natura umana, nella quale l’uomo si trova ad esistere prima ancora di una qualsiasi libera decisione . 

La Bibbia ci descrive con meravigliosa finezza e rara penetrazione psicologica il meccanismo perverso della colpa: l’incredibile attrazione che il «Male», poi da tutti deplorato, esercita sull’uomo e sembra essere dovuta ad una potente «Volontà» di indipendenza e alla presunzione di poter essere legge a se stessi, invece di accettare quella di Dio. 

La grande tentazione viene dal «Serpente», simbolo di Satana. Però si potrebbe dire che essa è anche inscritta nella stessa natura dell’uomo: Dio ci ha resi veramente padroni del nostro destino, dandoci l’enorme potere dell’«Intelligenza», della penetrazione dei segreti delle cose e, soprattutto, quella magnifica e tremenda capacità di poter decidere da noi cosa vogliamo fare e cosa vogliamo essere. Essere uomini è come camminare su di una lama di rasoio. Essere esenti, però, dal rischio della libertà significherebbe non essere più uomini, ma animali o automi. 

La salvezza dell’uomo è la «Grazia». Cioè il fatto che Dio non l’ha creato così per divertirsi, ma perché solo con una creatura così gli sarebbe stato possibile avere un dialogo e uno scambio d’«Amore». E’ «Grazia», quindi, che Dio, oltre che essere sopra di noi, ci sia vicino. E fu «Grazia», quella dei «primogenitori» descritti dalla «Genesi», destinata a garantire un futuro per l’uomo, nell’armonia dei suoi rapporti di «Amore» con i fratelli e con Dio. 

Gesù dice ai Farisei, che vogliono ucciderlo, che il loro padre è il diavolo, che sin dall' inizio è stato omicida e non è rimasto nella verità . Infatti ha indotto i nostri progenitori al «Peccato», cioè ad essere come Dio, e Dio ha punito l'uomo consegnandolo alla «Morte». 

Ad opera di un uomo , dice Paolo, entrò nel mondo il «Peccato», e ad opera del «Peccato» la «Morte». Ma ecco il centro di quanto va soprattutto pensato: che non è che la «Morte» sia entrata nel mondo ad opera del «Peccato», ma, all'opposto, che il «Peccato» è entrato nel mondo ad opera della «Morte»; e cioè che il vero «Peccato» è la «Morte» (vedi Post Agosto 2014 Il Vero Peccato, la Morte). 

Il Peccato dell’origine non fu quindi solamente la caduta nella presunzione di essere i padroni del «Bene e del Male», ma allo stesso tempo ignoranza e rifiuto di una condizione, che potremmo definire di privilegio, nella quale la mano tesa di Dio rendeva possibile all’uomo, in un quadro d’«Amore», camminare sul filo del rasoio della sua nobiltà, senza scivolare nella follia del suo orgoglio. 

Secondo la Bibbia così comincia la storia dell’uomo. E tutto ciò che segue ne resta irrimediabilmente segnato. Certamente nessun uomo nasce colpevole, però nessuno nasce in una umanità innocente. La natura umana è rimasta in possesso della ricchezza della sua libertà, ma spogliata del dono che le avrebbe reso possibile goderne gioiosamente, senza il tarlo dell’orgoglio e della ribellione. Ecco perché abbiamo bisogno di Gesù: egli è venuto a riportare nel «Cuore» della natura umana, che ha fatto propria, l’apertura dell’«Amore» e della dedizione. 

L’aspetto deplorevole della condizione umana non è che l’uomo sia libero, ma che egli tenda nell’esercizio della sua libertà a ripiegarsi su se stesso, a fare di sé la meta dei suoi desideri, a porre se stesso in cima a tutte le cose. La salvezza di Cristo non per nulla è tutta lì, in quell’esito impensabile e conturbante della sua opera messianica che è la sua «Croce». Gesù, infatti, è l’anti Adamo: in Adamo l’uomo presume di essere Dio, in Gesù il figlio di Dio si fa Uomo; Adamo afferma se stesso mentre Gesù si nega a se stesso per darsi agli uomini e al Padre. 

Poche sentenze di Gesù sono così cariche di significato quanto questa: «Chi vorrà salvare la propria vita la perderà, ma chi perderà la propria vita per me la salverà». Sembra assurdo eppure è chiaro: è dandosi che ci si ritrova, con Dio e con i fratelli, nell’«Amore»; mentre, cercando se stessi non si può trovare altro che la propria solitudine, come Adamo ed Eva che dopo aver preteso di essere come Dio si ritrovarono «Nudi».



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