Questi peccati gridano vendetta al cospetto di Dio, perché lo dice lo “Spirito Santo” e perché la loro iniquità è così grave e manifesta che provoca Dio a punirli con più severi castighi. Questi peccati, nel loro insieme o contesto, sono ritenuti molto gravi, sia per quanto ne dica la Bibbia, che la Chiesa di Cristo. Oltre ad offendere Dio, che è nostro Padre, Creatore ed Amore Infinito, questi peccati hanno anche tutte le carte in regola o le prerogative (facoltà – diritti) per chiedere al Signore che giustizia sia fatta. E sono:
- Omicidio volontario
- Atto impuro contro natura
- Oppressione dei poveri
- Frode nella mercede agli operai
Il primo: “Non uccidere” è il comandamento di
Dio, ed è precisamente il quinto, come si legge nel libro dell’Esodo (20,13).
Questo vale per coloro che credono nel Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe,
quindi per noi cristiani. Lo stesso comando però è stato profondamente inciso
dal Creatore nella mente e nel cuore di ogni creatura umana di tutti i tempi e
di tutti i luoghi. Il titolo di questo articolo, “omicidio volontario”, vuole fermare la nostra
attenzione non tanto sull’omicidio in generale, quanto sulla sua volontarietà,
come espressione di un vero atto libero, un atto di piena avvertenza e di
deliberato consenso.
La vita umana
non è opera del caso, come del resto non è opera del caso tutto ciò che ci
circonda. Tutto è stato da Dio messo nelle mani dell’uomo ma non la vita del
nostro simile. La vita dell’uomo appartiene a Dio, dal suo concepimento fino
alla morte naturale. È Dio che ha creato l’uomo! A sua immagine e somiglianza
Egli lo ha creato!
Per questo
la vita umana è sacra e appartiene a Dio in assoluto, dall’alba della vita al
suo tramonto. Nessuno e in nessun caso uno può rivendicare a se stesso la
proprietà di una vita umana. Nessuno al mondo ha il diritto di distruggere una
vita umana. Tanto è vero che nostro Signore Gesù Cristo, parlando di questo
comandamento, lo ha confermato senza fronzoli: non uccidere e chi avrà ucciso
sarà sottoposto a giudizio. Poi ha incluso d’autorità, in questo comandamento,
anche le offese, come: stupido, pazzo.
Commettono
“omicidio volontario” anche coloro che procurano volontariamente l’aborto,
l’eutanasia.
Si tratta sempre di interruzione violenta della vita umana, sacra a Dio. Su
tutto ciò il Papa e i Vescovi non finiscono di parlarne e in tutti i toni.
Il perdono di Dio; All’alba della
storia umana ecco il primo terribile avvenimento: Caino uccide suo fratello
Abele. Spuntano i primi fiori e un’improvvisa tempesta recide il più bello. Il
peccato originale ha già affondato le sue radici nefaste, quali la cupidigia,
l’invidia, la gelosia, la collera, in uno dei primi due nati: una catena che
non finirà mai, e che arrecherà un dolore acutissimo al cuore di Dio nostro
Padre.
Il fratello nemico del
fratello, è la negazione assoluta dell’amore, la negazione di Dio, la pretesa
di non dipendere da lui e anzi di prendere il suo posto, e per questo il sangue
ingiustamente sparso continua a gridare vendetta al suo cospetto. “Che hai
fatto?”, dice Dio a Caino, “la voce del sangue di tuo fratello grida a me dal
suolo. Ora sii maledetto, lungi da quel suolo che per opera della tua mano ha
bevuto il sangue di tuo fratello”. Riprese Caino: “Chiunque mi incontrerà mi
potrà uccidere”. Il Signore gli disse: “Chiunque ucciderà Caino subirà la
vendetta sette volte” (Gn 4). Questa è dunque la volontà di Dio: Non uccidete
Caino!
E allora questi
peccatori potranno salvarsi? Certamente sì, perché nulla è impossibile a Dio.
Gesù, incarnandosi, ha proclamato: “Io sono venuto per i peccatori, sono venuto
per salvarli”. Come si possono salvare?
Dio
è amore, misericordia, compassione e perdono. Per salvarsi bisogna
entrare nella sfera dell’amore, è necessario riconoscere di avere sbagliato, è
bello soprattutto rivolgersi a Dio e dire di cuore: Padre, abbi pietà di me
peccatore. Non temere di convertirti, né per il tuo orgoglio, né per quello che
dirà la gente. È Gesù che bussa al tuo cuore e ti viene incontro e ti butta le
braccia al collo. Tu stringiti, in pianto, al suo petto squarciato, e digli:
Signore Gesù, abbi pietà di me. Se è possibile riconciliati con la Chiesa per
testimoniare a tutti la tua adesione a Cristo.
Il secondo: In
che consiste questo peccato? Questo tema, conosciuto e
dibattuto oggi con il suo nome proprio di “omosessualità”, suscita grossi
dibattiti e differenti soluzioni nelle varie religioni e nelle molteplici
tendenze politiche degli Stati. Un campo molto vasto e minato. Il nostro
compito è conoscere che cosa dice la Bibbia su questo argomento e quali sono
gli insegnamenti dei successori degli Apostoli di Gesù Cristo: il Papa e i
Vescovi. Partiamo della
creazione dell’uomo. Nel primo libro della Bibbia, e nelle primissime battute troviamo
scritto: «Dio
creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li
creò. Dio li benedisse e disse loro: “Siate fecondi e moltiplicatevi”». La volontà di Dio è
chiara: i due formeranno una carne sola per la contentezza dell’unità e per la
gioia di dar vita a nuove creature. Splendida l’esclamazione di Adamo quando si
vide davanti la sua donna: “Questa volta essa è carne dalla mia carne e osso dalle mie ossa” (cf Gn 2-3).
Un episodio narrato in questo
stesso libro della Bibbia, Dio colpisce l’abominio delle due città, Sodoma e
Gomorra, perché i suoi abitanti si erano pervertiti seguendo l’unione tra
persone dello stesso sesso (Gn 18-19). II peccato di Sodomia viene descritto
come “omosessualità” (Gn 19,5), come autogiustificazione (Is 3,9) e anche come
orgoglio e comportamento poco sociale (Ez 16,49).
Possiamo dunque affermare che secondo la Bibbia la tendenza
omosessuale non è condannata in se stessa, ma vi è condannato l’«atto» omosessuale che è decisamente un «abominio» davanti a Dio, perché
contrario alla legge naturale, infatti sbarra la via alla vita e al vero
profondo amore.
Anche la Chiesa
cattolica ha sempre dichiarato che gli atti sessuali tra persone dello
stesso sesso sono intrinsecamente disordinati, cioè contrari alla legge
naturale.
Come
comportarci con gli omosessuali? Una distinzione necessaria.
Tutte le volte che ci troviamo di fronte a un’infrazione, più o meno grave, della legge di Dio, dobbiamo fare una netta distinzione tra il peccato e il peccatore: il primo va condannato a differenza del secondo. Noi infatti non conosciamo quale grado di responsabilità ha colui che infrange la legge.
Tutte le volte che ci troviamo di fronte a un’infrazione, più o meno grave, della legge di Dio, dobbiamo fare una netta distinzione tra il peccato e il peccatore: il primo va condannato a differenza del secondo. Noi infatti non conosciamo quale grado di responsabilità ha colui che infrange la legge.
La stessa distinzione dobbiamo tenere nel valutare il
comportamento omosessuale o, come scriveva il Catechismo di Pio X, il «peccato impuro contro
natura».
In questo caso noi dobbiamo sempre stabilire una netta e doverosa differenza
tra il giudizio di un’azione cattiva in se stessa, da condannare, e il giudizio
morale sulla persona che la commette, giudizio che deve essere molto cauto,
perché nessuno può valutare il grado di responsabilità della persona che ha
compiuto quell’azione.
Gesù ordina
senza mezzi termini: non giudicate e non condannate, perdonate, la stessa
misura che usate con gli altri, sarà usata con voi. Certo l’inclinazione
omosessuale costituisce per la persona umana una dura prova. Essi vanno accolti
con rispetto, con delicatezza, senza ingiusta discriminazione, dice il Catechismo
della Chiesa Cattolica. Per conservarsi casti essi devono attingere con fede alla
preghiera e alla grazia sacramentale.
Il
terzo: chi sono i poveri? Nella seconda parte della
preghiera che il Signore ci ha insegnato, noi diciamo: Padre nostro, dacci oggi
il nostro pane quotidiano. Gesù ci mette nel cuore e sulle labbra la richiesta più
umana di tutte, quella degli affamati: Abbiamo fame, chiediamo un boccone di
pane. È il grido dei bambini: Mamma, ho fame. In questa supplica al Padre, il
Signore mette l’accento su ciò che è essenziale alla vita dell’uomo sulla
terra: il pane, che comprende anche il companatico e l’acqua, il vestito e le
medicine, il lavoro e la casa, senza dimenticare l’istruzione e la sicurezza.
Queste sono le cose necessarie per vivere e coloro che, in parte o tutte, non
le hanno, sono poveri.
Dunque noi
ci rivolgiamo a Dio come figli. Diciamo infatti: Padre nostro. E osiamo dirgli
con molta confidenza: Dacci oggi il nostro pane quotidiano, quel pane che ci è
dovuto da un Padre buono come sei tu. Questa richiesta rivolta a Dio, viene
ribaltata, in ogni famiglia, sul padre e sulla madre. A loro infatti i figli
chiedono il cibo quotidiano. Il dramma scoppia quando essi non hanno nulla da
dare ai loro figli. Ricordo: eravamo bambini e più di una volta in casa nostra,
a mezzogiorno, il fuoco era spento e la tavola spoglia e noi ci guardavamo in
faccia, silenziosi. Ma a sera abbiamo sempre trovato, appesa al portone, una
sporta con il necessario per quel giorno.
Dio
bussa con insistenza al cuore di chi ha in abbondanza, perché doni il
superfluo a chi non ha. Siamo tutti responsabili, gli uni gli altri, infatti
preghiamo così: dacci il nostro pane. Allarghiamo l’orizzonte: coloro che hanno
fame si rivolgono ai responsabili della cosa pubblica. A loro la richiesta
pressante di pane e di lavoro e anche della casa, perché gli affitti sono
troppo cari. Questa non è prepotenza ma giustizia e quanti non fanno di tutto
per alleviare la condizione dei poveri, meritano il nome di oppressori della
gente.
Oggi un grosso rischio
colpisce la nostra terra: all’interno di molte nazioni si stanno evidenziando
regioni ricche, molto industrializzate e quelle povere. La stessa cosa avviene
a raggio mondiale: nazioni ricche e ben sviluppate e nazioni sottosviluppate,
quasi o del tutto ridotte alla fame.
Il
grido dei poveri sale al cielo e le loro rivendicazioni toccano la
coscienza dei ricchi, dei responsabili delle grandi concentrazioni del potere
economico, senza mancare di scuotere i capi delle nazioni industrializzate.
Bisogna fare giustizia, perché avvenimenti irreparabili non avvolgano la nostra
terra. Noi invochiamo Dio: “Padre nostro”, e non “Padre mio”, così chiediamo il
“pane nostro” e non il “pane mio”.
Dio
non ci ha creati come tante isole, ma ci ha legati insieme, l’uno all’altro.
Così non posso pensare solo a me stesso, egoisticamente, dicendo: “oggi ho
mangiato e tutto va bene, gli altri s’arrangino”. Chi ha pane in abbondanza
deve in coscienza pensare concretamente alla condivisione. San Giovanni
Crisostomo dice che ogni boccone di pane è in qualche modo un boccone di quel
pane che appartiene a tutti. Che cosa dice la Bibbia?
Opprimere i poveri è un peccato gravissimo di fronte a Dio.
Un peccato che grida vendetta, come si esprime il Catechismo di Pio X: Un
peccato che è un abominio al cospetto del Creatore, il quale offre i prodotti
della terra a tutti gli uomini. La difesa dei poveri e la condanna di ogni
oppressione stanno sommamente a cuore al Dio d’Israele. Lo dimostra la visione
del Roveto ardente. Mosè si prostrò a terra e udì una voce che diceva: “Ho
udito il lamento degli Israeliti asserviti dagli Egiziani e mi sono ricordato
della mia alleanza. Per questo di’ agli Israeliti: Io sono il Signore! Vi
sottrarrò ai gravami degli Egiziani, vi libererò dalla loro schiavitù e vi
libererò con braccio teso e con grandi castighi” (Es 6,5-6).
Il Profeta Isaia (6,17) usa parole chiare e forti in favore dei poveri: “Imparate a fare il bene, ricercate la giustizia, soccorrete l’oppresso, rendete giustizia all’orfano, difendete la causa della vedova”.
Il Profeta Isaia (6,17) usa parole chiare e forti in favore dei poveri: “Imparate a fare il bene, ricercate la giustizia, soccorrete l’oppresso, rendete giustizia all’orfano, difendete la causa della vedova”.
Dice ancora Isaia che
l’oppressione del forestiero, della vedova e dell’orfano provoca l’ira di Dio e
attira la sua punizione (cf Is 1,10-17). Credenti e non credenti, tutti i
responsabili della cosa pubblica devono prendersi cura, prima di tutto e in
modo pratico e serio, dei poveri, dei senza lavoro, dei senza tetto, degli
anziani e dei bambini, dei malati, delle famiglie che non sanno come arrivare
alla fine del mese: si tratta sempre di oppressione dei poveri: un grido che
dalla terra sale verso Dio.
L’ultimo:
se il lavoro è l’esercizio di un’arte, di un mestiere, possiamo dire
che il primo lavoro al mondo è stato l’esercizio dell’amore, quando, sospinto
dal suo grande amore, Dio creò il cielo e la terra. E Dio fece quanto aveva in
mente di fare. E così avvenne e vide che era cosa bella. Dicendo una parola
sola, tutto fu fatto e tutto dal nulla.
A
prima vista sembrerebbe che Dio sia rimasto fuori e distaccato dal
mondo che creò. Ma nel libro della Genesi notiamo altri interventi, come se Dio
fosse sceso in terra a lavorare. Egli separò il cielo dalla terra, fece
brillare il sole di giorno e la luna di notte.
E poi eccolo intervenire in tutti i particolari: la terra
produca germogli, erbe e piante; le acque brulichino di esseri viventi; gli
uccelli volino per l’aria e sulla terra vivano bestiame, rettili e bestie
selvatiche.
E poi quando si
trattò di creare l’uomo, l’azione di Dio è stata come quella di un padre e di
una madre che vogliono dare tutto, anche se stessi ai loro figli. Egli disse:
“Facciamo l’uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza, e domini sui pesci,
sugli uccelli e su tutto il bestiame”. E aggiunse: “Siate fecondi e
moltiplicatevi, riempite la terra e soggiogatela”.
E ora notiamo l’insistenza dello scrittore sacro. Egli non
si accontenta del “facciamo”, ma descrive Dio che con le sue stesse mani, al
pari di un grande artista, modella e “plasma l’uomo con polvere del suolo e
soffia nelle sue narici un alito di vita”. Questa scena graziosa la troviamo in
una formella del portale di Nôtre Dame di Parigi. Nella sua bontà Dio non volle
che Adamo fosse solo e da una sua costola “plasmò” anche Eva perché fossero una
carne sola. Per sei giorni Dio lavorò alla creazione e nel settimo si riposò.
Dio creò l’uomo per amore e
volle essere ripagato solo con amore. Ma un brutto giorno il suo capolavoro amò
se stesso e volle essere un “qualcuno”, per competere con il suo creatore... e
si trovò nudo. Allora Dio annunciò al Serpente Antico la venuta e la vittoria
del Salvatore, e all’uomo disse: «Con il sudore del tuo volto mangerai il pane, finché tornerai
alla terra, perché da essa sei stato tratto: polvere tu sei e in polvere
tornerai!»
(Gn 1-3).
Il lavoro; Il lavoro è l’azione e l’effetto del lavorare. È l’esercizio di un’arte, di un mestiere. Uno vive del lavoro delle sue braccia, della sua mente. Tutte le famiglie cercano pane e lavoro. Una buona occupazione e la giusta mercede realizza l’animo umano e fa crescere la compagine familiare.
Il lavoro; Il lavoro è l’azione e l’effetto del lavorare. È l’esercizio di un’arte, di un mestiere. Uno vive del lavoro delle sue braccia, della sua mente. Tutte le famiglie cercano pane e lavoro. Una buona occupazione e la giusta mercede realizza l’animo umano e fa crescere la compagine familiare.
Lavorare vuol dire fare,
impiegare le proprie forze, usare il proprio ingegno, vuol dire produrre,
commerciare. Sarà un’arte, una professione. Senza dimenticare il significato
della parola latina “laborare” che vuol dire “faticare”, proprio come dice la
Bibbia: «Con il
sudore del tuo volto mangerai il pane».
Fatto a
immagine di Dio, l’uomo considera il lavoro come un punto fondamentale
della sua vita. Dio stesso infatti gli ha dato questa consegna: «Soggiogate la terra».
Soggiogate la terra: un comando dalla portata quasi infinita: i primi strumenti
di lavoro, la ruota, la scrittura, una scoperta dopo l’altra, fino al viaggio
sulla Luna e oltre. Ogni traguardo diventa un punto di partenza. Il lavoro, in
tutte le sue svariate dimensioni, ha soprattutto lo scopo di produrre beni
materiali e culturali per la crescita umana, nella libertà e nella pace, perché
ogni persona possa vivere e realizzarsi pienamente.
Il giusto salario;
«Se uno ha ricchezze in questo mondo e vedendo il suo fratello in
necessità, gli chiude il proprio cuore, come dimora in lui l’amore di Dio?» (1
Gv 3). Ogni creatura umana dal suo concepimento fino alla morte naturale ha il
diritto sacrosanto a vivere e vivere dignitosamente. Con il sudore della tua
fronte mangerai il tuo pane che ti mantiene in vita. Dunque per vivere è
necessario lavorare: lavoro del braccio e lavoro della mente, con forte volontà
e intelligenza.
Il lavoro del
braccio e della mente può essere esercitato in proprio oppure sotto un datore
di lavoro. Oggi, nell’era della globalizzazione la più alta percentuale di
lavoro avviene sotto padrone. In questo caso l’operaio ha diritto a una
retribuzione che rispecchi la giustizia di un dignitoso mantenimento della sua
famiglia. Parliamo dunque dei doveri che ogni datore di lavoro ha verso gli
operai e gli impiegati. Vanno stipulati i contratti che si devono rinnovare a
ogni loro scadenza, perché l’inflazione è sempre in agguato.
Ogni contratto deve rispettare
la giustizia che riguarda prima di tutto il dare a ogni dipendente il giusto
compenso secondo il caro vita. La giustizia chiede inoltre di non pesare
sull’operaio, di non opprimerlo per l’utile proprio. Bisogna avere
un’attenzione particolare ai più bisognosi, ai meno dotati, agli sfortunati:
siamo tutti egualmente figli di uno stesso Padre, sebbene di lingue e religioni
diverse e tutti dobbiamo vivere. Non bisogna guadagnare sulla pelle degli
altri.
Defraudare la dovuta
mercede agli operai è colpa così enorme che grida vendetta al cospetto di Dio
(cf Gc 5,4). Sappiamo bene che Dio si è sempre impegnato a difendere i deboli e
gli oppressi. La società e lo Stato devono assicurare all’operaio un livello
salariale adeguato al mantenimento sia del lavoratore che della sua famiglia.
E sorvegliare per stroncare ogni
sfruttamento, in questo e in altri casi particolari sarà sempre decisivo
l’intervento dei sindacati addetti al controllo dei contratti, della sicurezza
e del trattamento. Fa parte della giusta ricompensa all’operaio e
all’impiegato, il comportamento dei padroni e dei dirigenti verso i loro
subalterni. Essi non devono ridurre i loro collaboratori a puri esecutori
materiali, perché non sono macchine, ma persone intelligenti, con sicura
esperienza, capacità, competenza e vanno ascoltati per il bene dell’azienda
stessa.
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