Molte volte la Sacra
Scrittura dice che gli uomini che
non si pentono dei loro peccati perderanno il "premio eterno” della comunione con Dio, e finiranno
invece nella "dannazione eterna”. «Morire in peccato
mortale senza essersene pentiti e senza accogliere l’amore misericordioso di
Dio, significa rimanere separati per sempre da Lui per una nostra libera
scelta. Ed è questo stato di definitiva auto-esclusione dalla comunione con Dio
e con i beati che viene designato con la parola “Inferno”».
Questo non vuol dire che Dio abbia predestinato alcuni alla "condanna eterna”; è l’uomo stesso che,
cercando il suo fine ultimo al di fuori di Dio e della sua volontà, costruisce
per sé un mondo a parte nel quale non può entrare la luce e l’amore di Dio. L’
“inferno” è un mistero, il
mistero dell’Amore respinto, e sta anche a indicare quale sia il potere
distruttore della libertà umana quando si allontana da Dio.
“Inferno” è il termine con il quale si indica il luogo di punizione e di disperazione che, secondo molte religioni, attende, dopo la morte, le
anime degli uomini che hanno scelto in vita di compiere il “male”. L'
“Inferno” è un concetto presente in un gran numero di culture precristiane,
cristiane e non cristiane. È solitamente identificato con un mondo oscuro e
sotterraneo, collegato all'operato del Dio e della "creatura superiore" che ha originariamente introdotto nella Creazione l'errore,
la menzogna, il peccato, e, in definitiva, il principio distruttivo dell'ordine
delle cose; tale "creatura superiore" si identifica nel “diavolo”, nella divinità del male o nell'ebraico/cristiano “Satana”, a seconda delle culture. In tal
senso il concetto di "tentatore", o "demonio", e il concetto stesso di "male" sono
intrinsecamente legati. Il "tentatore" della religione cristiana, o divinità negativa,
solitamente genera, con il suo operato, tanto l' “Inferno”, quanto le
condizioni che vi trascinano i viventi abbruttendo le loro scelte “morali”.
È tradizionale distinguere, per
ciò che riguarda l’ “Inferno”, tra la “pena di
danno”, la più fondamentale e
dolorosa, che consiste nella separazione perpetua da Dio, sempre anelato dal
cuore dell’uomo, e la “pena dei sensi”,
alla quale si allude spesso nei Vangeli con l’immagine del fuoco eterno.
La dottrina sull’ “Inferno” è presentata nel Nuovo
Testamento come un richiamo alla responsabilità nell’uso dei doni e dei talenti
ricevuti, e alla conversione. La sua esistenza fa intravedere all’uomo la
gravità del peccato mortale, e la necessità di evitarlo con tutti i mezzi,
sopratutto, com’è logico, mediante la preghiera fiduciosa e umile. La
possibilità della condanna richiama ai cristiani la necessità di vivere una
vita interamente apostolica.
Indubbiamente
l’esistenza dell’ “Inferno” è un mistero: il
mistero della giustizia di Dio nei confronti di quelli che si chiudono al suo
perdono misericordioso. Alcuni autori hanno pensato alla possibilità
dell’annichilimento del peccatore impenitente al momento della morte. Questa
teoria è difficile da conciliare con il fatto che Dio ha dato per amore
l’esistenza – spirituale e immortale – a ogni uomo. «Coloro che muoiono nella grazia e nell’amicizia di Dio,
ma sono imperfettamente purificati, sebbene siano certi della loro "salvezza eterna”, vengono però sottoposti, dopo la
loro morte, ad una purificazione, al fine di ottenere la santità necessaria per
entrare nella gioia del cielo».
Si
può pensare che molti uomini, pur non avendo vissuto una vita santa
sulla terra, non si siano neppure chiusi definitivamente nel peccato. La
possibilità, dopo la morte, di essere mondati dalle impurità e dalle
imperfezioni di una vita più o meno vissuta male si presenta allora come
ulteriore manifestazione della bontà di Dio, come la necessaria preparazione per
entrare in intima comunione con la santità di Dio. «Il “Purgatorio” è una misericordia di Dio, per
purificare i difetti di quanti vogliono identificarsi con Lui». Anche l’Antico
Testamento parla della purificazione ultraterrena (cfr. 2 Mac 12,
40-45).
Secondo la Chiesa
Cattolica, nell'ambito del Cristianesimo, il “Purgatorio”, insieme ad “Inferno e Paradiso”, è uno dei possibili luoghi o
condizioni ai quali vengono destinate le anime dei defunti. Il “Purgatorio” è
considerato un elemento importante della dottrina escatologica della Chiesa cattolica
romana. Di carattere temporaneo, il “Purgatorio” si potrebbe
immaginare come una sorta di "anticamera" del "Paradiso" per
la maggior parte di coloro che, pur essendo in "stato di grazia", necessariamente devono
transitarvi per perfezionare la loro purificazione morale e spirituale prima di
accedere al "Paradiso" e
alla comunione perfetta con Dio.
Secondo
questa concezione, infatti, si suppone che essi, benché oggetto della redenzione operata da Cristo, ancora debbano espiare
personalmente, in un luogo di sofferenza, parte delle pene meritate dai loro
peccati e soddisfare così la giustizia divina. A differenza dall' “Inferno” però,
il “Purgatorio” non è inteso, dalla dottrina cattolica-romana, come una
punizione crudele ma come espressione dell'amore di Dio. Un'anima imperfetta,
si dice infatti, non potrebbe stare al cospetto di Dio senza soffrire
immensamente per la propria miseria, perciò il “Purgatorio” viene concepito
come uno "stato" dell'anima (e non necessariamente "un luogo"), qualcosa
di necessario alla beatitudine delle anime peccatrici. Secondo questa stessa
concezione, la permanenza delle singole anime in “Purgatorio” sarebbe
abbreviabile mediante l'esecuzione in loro nome, da parte dei viventi, di
particolari opere meritorie precisate della Chiesa. La fondatezza biblica e
teologica del "Purgatorio", però, è respinta dalla maggior parte delle altre
confessioni cristiane.
Nella prima
lettera ai Corinzi (1Cor 3, 10-15) San Paolo presenta la
purificazione cristiana, in questa vita e in quella futura, attraverso
l’immagine del "fuoco"; un "fuoco" che in qualche modo emana da Gesù Cristo,
Salvatore, Giudice e Fondamento della vita cristiana. l’antichissima e
unanime pratica di offrire suffragi per i defunti, specialmente mediante
il Sacrificio eucaristico, è un chiaro indizio della Fede della Chiesa
nella purificazione ultraterrena. Infatti non avrebbe senso pregare per i
defunti se si trovassero o salvati nel “cielo” o condannati nell’ “Inferno”.
La
maggioranza dei protestanti nega l’esistenza del “Purgatorio”, perché la ritengono frutto di una
fiducia eccessiva nelle opere umane e nella capacità della Chiesa di
intercedere per quelli che hanno lasciato questo mondo. Più che
un luogo, il “Purgatorio” deve essere considerato uno stato di
temporanea e dolorosa lontananza da Dio, nel quale si perdonano i "peccati veniali", si purifica l’inclinazione al male che il peccato lascia
nell’anima e si soddisfa la “pena temporale” dovuta al peccato.
Il peccato non solo offende Dio
e danneggia lo stesso peccatore, ma, mediante la comunione dei santi,
danneggia la Chiesa, il mondo, l’umanità. La preghiera della Chiesa per i
defunti ristabilisce in qualche modo l’ordine e la giustizia:
soprattutto per mezzo della Santa Messa, delle elemosine, delle indulgenze e
delle opere di penitenza. I teologi insegnano che nel “Purgatorio” si soffre molto, a seconda della
situazione di ciascuno. Tuttavia si tratta di un dolore che ha un significato,
di «un dolore beato».
Per questo i cristiani sono invitati a cercare la purificazione dei peccati nella
vita presente mediante la contrizione, la mortificazione, la riparazione e la
vita santa.
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