Se una volta si pensava che la «preghiera» potesse muovere le montagne, oggi è
senz’altro l’agire tecnico guidato dalla «Scienza moderna» a ricoprire questo
ruolo. Sono proprio la «Tecnica» e la «Scienza» a rappresentare la forma
più radicale dell’agire dei nostri tempi. Ecco emergere così la simbiosi che
viene a costituirsi tra il sottosuolo, che distrugge la «Tradizione» (quindi
anche la tradizione cristiana) e che dice all’agire «tu non hai limiti», e la
«Tecnica», che da questo discorso viene autorizzata a procedere senza limiti
verso la realizzazione del suo scopo.
Queste
forze, Capitalismo, Comunismo, Democrazia, Islam compreso, considerano
ancora, erroneamente, la «Tecnica» come lo strumento per realizzare un mondo
democratico, capitalistico, comunista ecc., tralasciando il fatto che anche la
«Tecnica» ha uno scopo. Di per sé la «Tecnica» ha come scopo l’aumento indefinito della capacità di realizzare scopi. In questo consiste ormai l’apparato che
raccoglie tutte quelle forme di potenza che vanno sempre più omologandosi al
tipo di potenza propria del sapere scientifico-tecnologico.
Tale apparato è un sistema di sottosistemi (l’apparato militare, economico,
giudiziario, finanziario, sanitario, scolastico, giuridico…), ognuno dei quali
è animato da una logica che va progressivamente assimilandosi a quella delle
scienze dure di tipo fisico-matematico. Qui per apparato scientifico-tecnologico
si intende il sistema di tutti i sottosistemi che costituiscono ciò che oggi
chiamiamo la «Tecnica» (vedi i post Genn- e
febbr.2014 in merito alla Tecnica). E dalla «Tecnica»
scaturisce la tanto agognata supremazia: le forze che si illudono di servirsi
della «Tecnica» per i propri scopi sono in perenne conflitto fra loro e perciò
devono potenziare lo strumento di cui si servono per combattere le avversarie.
A livello macroscopico, questo
si è visto nella contrapposizione tra Stati Uniti/Unione Sovietica e si sta
riproponendo oggi nella filiera di quelle nazioni atomicamente fornite – la
prima filiera vede da un parte Stati Uniti, Francia, Inghilterra; l’altra ha
come leader la Russia, in qualche modo l’Iran, verosimilmente la Corea del
Nord. Ebbene queste due filiere contrapposte hanno in sostanza ereditato la
potenza distruttiva dei duumviri. La conflittualità delle forze oggi in campo è
tale per cui ognuna si serve della «Tecnica» nel conflitto con tutte le altre.
Ma poiché il conflitto è gestito promuovendo e incrementando il potenziale
tecnico, si produce il seguente fenomeno di rovesciamento: ognuna di queste
forze, che inizialmente ha come scopo quello che la costituisce per definizione
(es. il «capitale», ossia il profitto privato, per il Capitalismo), si vede
costretta a potenziare il proprio strumento tecnico e con ciò finisce
inevitabilmente con l’assumerlo come scopo.
In questo modo il potenziamento dello strumento tecnico da mezzo diventa scopo. E qui va fatto il rilievo decisivo:
poiché ogni azione è definita dal proprio scopo, se tale scopo cambia, cambia
necessariamente anche l’azione «Lo scopo di una certa azione definisce infatti
l'essenza stessa di tale azione» (Aristotele). L’azione
cioè non è più la stessa. (vedi post Ago.2013
Capitalismo e Chiesa) Se, ad esempio, la
Chiesa approva il Capitalismo perché lo considera un sistema di produzione più
efficace dell’economia pianificata di tipo sovietico, in realtà chiede al
capitalismo niente di meno che di rinunciare al proprio scopo, imponendogli
come scopo non il «profitto privato», ma il «bene comune». Si tratta
dello stesso tipo di violenza operata ai danni del capitalismo dal sistema
comunista che voleva distruggerlo: si distrugge un agire quando si impedisce la
realizzazione del suo scopo.
Quando
la «Tecnica» da mezzo (nelle mani delle forze citate) diventa lo
scopo del loro agire, si ha la fine di Democrazia, Capitalismo, Islam, Cristianesimo,
ecc. La dominazione della «Tecnica» sul pianeta non è altro che la dominazione
di un insieme di forze che da scopi sono diventati i mezzi dell’agire
tecnologico.
La storia d’Europa
coincide con la storia del nichilismo, e quando si parla della destinazione
della «Tecnica» al dominio si allude al farsi massimamente coerente da
parte dell’errore. In altre parole, quanto si è detto fin qui altro non è se
non una descrizione di come nasce l’errore, che consiste nel pensare che le cose
provengano dal «niente» e vadano nel «niente».
Si tratta dell’alienazione estrema perché si finisce per
pensare che tutte le cose siano «niente», dal nostro corpo allo spazio che
occupa, all’Italia, all’Europa, al mondo, alle galassie, ai nostri sentimenti.
Quando parliamo di dominazione della «Tecnica» parliamo appunto del modo più
rigoroso in cui l’errore si può realizzare. All’inizio è un errore incoerente
perché, se da un lato affermando il loro oscillare tra l’«essere» e il «niente»
si afferma la nullità delle cose, dall’altro si tenta di escogitare un rimedio
contro l’«angoscia» provocata proprio dal loro divenire, dalla contingenza.
Quando poi si è parlato del «sottosuolo», si è indicata la necessità che
l’errore divenga coerente a sé stesso, cioè alla propria «fede nel Divenire»
delle cose, eliminando quel Dio che rende appunto impossibile il «Divenire»,
ovvero la nullità del futuro.
Quanto
detto finora potrebbe sembrare un’apologia della «Tecnica», ma in
realtà è un’apologia dell’errore. E non di un errore qualsiasi, bensì
dell’errore inteso in senso ancor più radicale di quanto lo si intenderebbe se
con errore si indicasse il peccato originale di Adamo. È un’apologia della
coerenza dell’errore: il vero «monstrum» del
nostro tempo diviene coerente con le sue premesse quando la «Tecnica» prende il
sopravvento. Ma la «Tecnica» non ha l’ultima parola, come si vedrà. In tutto
questo resta da definire il ruolo dell’uomo e il suo rapporto con la «Tecnica».
Per comprendere questo punto è necessario togliersi di torno
quell’atteggiamento che, per esempio, è presente in quella che Heidegger (che
vuol salvare l’uomo) chiama Gelassenheit, abbandono
alle cose in un atteggiamento di pensiero meditante e non calcolante. Qui,
invece, si sta dicendo che, quando l’uomo si pone come obiettivo la propria
salvezza, non si salva.
Tornando
all’esempio umano-teologico: l’uomo chiede a Dio di salvarlo, quindi la
salvezza dell’uomo è lo scopo e Dio è il mezzo. Poi però si accorge che se il
mezzo è qualcosa di cui può disporre, qualcosa che tiene in mano, Dio stesso –
così declassato a mezzo per salvare l’uomo – diventa incapace, debole. Si
costituisce perciò un processo tale per cui, da una situazione in cui l’uomo
dice a Dio «salvami» e cioè «fai la mia volontà», si arriva ad un’altra, che
rappresenta la maturità dell’errore, in cui l’uomo, conscio del fatto che Dio
non lo può aiutare proprio in quanto mezzo nelle sue mani (e pertanto inficiato
dalla debolezza costitutiva dell’essere umano), dice a Dio «sia fatta la tua
volontà», trasformando la volontà di Dio in scopo.
La stessa cosa avviene con la «Tecnica»: prima l’uomo le
chiede di salvarlo (attribuendole quel ruolo salvifico che un tempo attribuiva
alla preghiera), ma nel momento in cui la «Tecnica» diviene un mezzo per la
salvezza dell’uomo, tale salvezza è automaticamente inficiata dalla debolezza
propria dell’umano. E anche in questo caso, come in quello umano-teologico,
accade che l’uomo infine dica alla «Tecnica» «sia fatta la tua volontà». Così
l’uomo ottiene la salvezza rinunciando ad essere lui stesso lo scopo del
processo salvifico e assumendo invece come scopo quell’incremento infinito
della potenza della «Tecnica» che consente, di riflesso, di migliorare sempre di
più la condizione umana.
Un esempio
più banale può chiarire questo punto: la critica del Capitalismo nei
confronti del Comunismo consiste nell’obiettare che il Comunismo, proponendosi
come scopo la società giusta, finisce con il non saper dare ai lavoratori, agli
operai, quello che invece il Capitalismo riesce a garantire, assumendo come
scopo non il benessere di questi strati sociali ma il profitto privato. Questo
a conferma del fatto che l’uomo si salva rinunciando a porsi come scopo.
Certamente senza elemento umano non si dà apparato tecnologico; però l’elemento
umano è un analogon di quelle forze come la
Democrazia, la Religione ecc., destinate a diventare esse stesse mezzi nelle
mani della «Tecnica». Ragion per cui, mentre oggi il capitale si serve della «Tecnica»
per crescere sempre di più, domani sarà la «Tecnica» a servirsi del capitale
per incrementare in modo indefinito la propria potenza.
Il paradiso della «Tecnica», ovvero la coerenza estrema
dell’errore, non è comunque l’ultima parola, perché verrà il tempo in cui i
popoli parleranno proprio questo linguaggio, il linguaggio dell’errare estremo,
per il quale le cose vengono nel «nulla» e tornano nel «nulla». Questa altro
non è se non la forma originaria dell’omicidio, il cui scopo è annientare,
eliminare completamente l’avversario, il nemico, in modo che non possa più
turbare o ostacolare i progetti dell’agente. L’eliminazione originaria consiste
proprio nel pensare le cose come di per sé stesse attraversate, inficiate,
inquinate dal «nulla». Questo pensiero (che può turbare la coscienza religiosa)
è anche il pensiero del divino, perché il divino realizza la forma di omicidio
originario: se il Dio pensa l’uomo come qualcosa che di per sé è «nulla»
(Tommaso diceva delle creature che sono "propre nihil"), crea le
premesse per cui poi sulla terra gli uomini continuino ad uccidersi.
Da questo nichilismo si esce
solo pensando a qualche cosa di infinitamente più alto di Dio e cioè pensando
che ogni cosa, anche la più umile, è ed è impossibile che non sia, cioè è «Eterna».
E questo è quello che nei scritti di E. Severino (vedi post
Marzo 2013 Il Filosofo della verità) è chiamato «Contenuto
del de-stino
della necessità».
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