sabato 25 aprile 2015

IL DESTINO DELL’EUROPA: ABBANDONARE LA TRADIZIONE (Cap.2)


Se una volta si pensava che la «preghiera» potesse muovere le montagne, oggi è senz’altro l’agire tecnico guidato dalla «Scienza moderna» a ricoprire questo ruolo. Sono proprio la «Tecnica» e la «Scienza» a rappresentare la forma più radicale dell’agire dei nostri tempi. Ecco emergere così la simbiosi che viene a costituirsi tra il sottosuolo, che distrugge la «Tradizione» (quindi anche la tradizione cristiana) e che dice all’agire «tu non hai limiti», e la «Tecnica», che da questo discorso viene autorizzata a procedere senza limiti verso la realizzazione del suo scopo. 
Queste forze, Capitalismo, Comunismo, Democrazia, Islam compreso, considerano ancora, erroneamente, la «Tecnica» come lo strumento per realizzare un mondo democratico, capitalistico, comunista ecc., tralasciando il fatto che anche la «Tecnica» ha uno scopo. Di per sé la «Tecnica» ha come scopo l’aumento indefinito della capacità di realizzare scopi. In questo consiste ormai l’apparato che raccoglie tutte quelle forme di potenza che vanno sempre più omologandosi al tipo di potenza propria del sapere scientifico-tecnologico. 
Tale apparato è un sistema di sottosistemi (l’apparato militare, economico, giudiziario, finanziario, sanitario, scolastico, giuridico…), ognuno dei quali è animato da una logica che va progressivamente assimilandosi a quella delle scienze dure di tipo fisico-matematico. Qui per apparato scientifico-tecnologico si intende il sistema di tutti i sottosistemi che costituiscono ciò che oggi chiamiamo la «Tecnica» (vedi i post Genn- e febbr.2014 in merito alla Tecnica). E dalla «Tecnica» scaturisce la tanto agognata supremazia: le forze che si illudono di servirsi della «Tecnica» per i propri scopi sono in perenne conflitto fra loro e perciò devono potenziare lo strumento di cui si servono per combattere le avversarie. 
A livello macroscopico, questo si è visto nella contrapposizione tra Stati Uniti/Unione Sovietica e si sta riproponendo oggi nella filiera di quelle nazioni atomicamente fornite – la prima filiera vede da un parte Stati Uniti, Francia, Inghilterra; l’altra ha come leader la Russia, in qualche modo l’Iran, verosimilmente la Corea del Nord. Ebbene queste due filiere contrapposte hanno in sostanza ereditato la potenza distruttiva dei duumviri. La conflittualità delle forze oggi in campo è tale per cui ognuna si serve della «Tecnica» nel conflitto con tutte le altre. Ma poiché il conflitto è gestito promuovendo e incrementando il potenziale tecnico, si produce il seguente fenomeno di rovesciamento: ognuna di queste forze, che inizialmente ha come scopo quello che la costituisce per definizione (es. il «capitale», ossia il profitto privato, per il Capitalismo), si vede costretta a potenziare il proprio strumento tecnico e con ciò finisce inevitabilmente con l’assumerlo come scopo. 
In questo modo il potenziamento dello strumento tecnico da mezzo diventa scopo. E qui va fatto il rilievo decisivo: poiché ogni azione è definita dal proprio scopo, se tale scopo cambia, cambia necessariamente anche l’azione «Lo scopo di una certa azione definisce infatti l'essenza stessa di tale azione» (Aristotele). L’azione cioè non è più la stessa. (vedi post Ago.2013 Capitalismo e Chiesa) Se, ad esempio, la Chiesa approva il Capitalismo perché lo considera un sistema di produzione più efficace dell’economia pianificata di tipo sovietico, in realtà chiede al capitalismo niente di meno che di rinunciare al proprio scopo, imponendogli come scopo non il «profitto privato», ma il «bene comune». Si tratta dello stesso tipo di violenza operata ai danni del capitalismo dal sistema comunista che voleva distruggerlo: si distrugge un agire quando si impedisce la realizzazione del suo scopo. 
Quando la «Tecnica» da mezzo (nelle mani delle forze citate) diventa lo scopo del loro agire, si ha la fine di Democrazia, Capitalismo, Islam, Cristianesimo, ecc. La dominazione della «Tecnica» sul pianeta non è altro che la dominazione di un insieme di forze che da scopi sono diventati i mezzi dell’agire tecnologico
La storia d’Europa coincide con la storia del nichilismo, e quando si parla della destinazione della «Tecnica» al dominio si allude al farsi massimamente coerente da parte dell’errore. In altre parole, quanto si è detto fin qui altro non è se non una descrizione di come nasce l’errore, che consiste nel pensare che le cose provengano dal «niente» e vadano nel «niente»
Si tratta dell’alienazione estrema perché si finisce per pensare che tutte le cose siano «niente», dal nostro corpo allo spazio che occupa, all’Italia, all’Europa, al mondo, alle galassie, ai nostri sentimenti. Quando parliamo di dominazione della «Tecnica» parliamo appunto del modo più rigoroso in cui l’errore si può realizzare. All’inizio è un errore incoerente perché, se da un lato affermando il loro oscillare tra l’«essere» e il «niente» si afferma la nullità delle cose, dall’altro si tenta di escogitare un rimedio contro l’«angoscia» provocata proprio dal loro divenire, dalla contingenza. Quando poi si è parlato del «sottosuolo», si è indicata la necessità che l’errore divenga coerente a sé stesso, cioè alla propria «fede nel Divenire» delle cose, eliminando quel Dio che rende appunto impossibile il «Divenire», ovvero la nullità del futuro. 
Quanto detto finora potrebbe sembrare un’apologia della «Tecnica», ma in realtà è un’apologia dell’errore. E non di un errore qualsiasi, bensì dell’errore inteso in senso ancor più radicale di quanto lo si intenderebbe se con errore si indicasse il peccato originale di Adamo. È un’apologia della coerenza dell’errore: il vero «monstrum» del nostro tempo diviene coerente con le sue premesse quando la «Tecnica» prende il sopravvento. Ma la «Tecnica» non ha l’ultima parola, come si vedrà. In tutto questo resta da definire il ruolo dell’uomo e il suo rapporto con la «Tecnica». Per comprendere questo punto è necessario togliersi di torno quell’atteggiamento che, per esempio, è presente in quella che Heidegger (che vuol salvare l’uomo) chiama Gelassenheit, abbandono alle cose in un atteggiamento di pensiero meditante e non calcolante. Qui, invece, si sta dicendo che, quando l’uomo si pone come obiettivo la propria salvezza, non si salva. 
Tornando all’esempio umano-teologico: l’uomo chiede a Dio di salvarlo, quindi la salvezza dell’uomo è lo scopo e Dio è il mezzo. Poi però si accorge che se il mezzo è qualcosa di cui può disporre, qualcosa che tiene in mano, Dio stesso – così declassato a mezzo per salvare l’uomo – diventa incapace, debole. Si costituisce perciò un processo tale per cui, da una situazione in cui l’uomo dice a Dio «salvami» e cioè «fai la mia volontà», si arriva ad un’altra, che rappresenta la maturità dell’errore, in cui l’uomo, conscio del fatto che Dio non lo può aiutare proprio in quanto mezzo nelle sue mani (e pertanto inficiato dalla debolezza costitutiva dell’essere umano), dice a Dio «sia fatta la tua volontà», trasformando la volontà di Dio in scopo. 
La stessa cosa avviene con la «Tecnica»: prima l’uomo le chiede di salvarlo (attribuendole quel ruolo salvifico che un tempo attribuiva alla preghiera), ma nel momento in cui la «Tecnica» diviene un mezzo per la salvezza dell’uomo, tale salvezza è automaticamente inficiata dalla debolezza propria dell’umano. E anche in questo caso, come in quello umano-teologico, accade che l’uomo infine dica alla «Tecnica» «sia fatta la tua volontà». Così l’uomo ottiene la salvezza rinunciando ad essere lui stesso lo scopo del processo salvifico e assumendo invece come scopo quell’incremento infinito della potenza della «Tecnica» che consente, di riflesso, di migliorare sempre di più la condizione umana. 
Un esempio più banale può chiarire questo punto: la critica del Capitalismo nei confronti del Comunismo consiste nell’obiettare che il Comunismo, proponendosi come scopo la società giusta, finisce con il non saper dare ai lavoratori, agli operai, quello che invece il Capitalismo riesce a garantire, assumendo come scopo non il benessere di questi strati sociali ma il profitto privato. Questo a conferma del fatto che l’uomo si salva rinunciando a porsi come scopo. Certamente senza elemento umano non si dà apparato tecnologico; però l’elemento umano è un analogon di quelle forze come la Democrazia, la Religione ecc., destinate a diventare esse stesse mezzi nelle mani della «Tecnica». Ragion per cui, mentre oggi il capitale si serve della «Tecnica» per crescere sempre di più, domani sarà la «Tecnica» a servirsi del capitale per incrementare in modo indefinito la propria potenza. 
Il paradiso della «Tecnica», ovvero la coerenza estrema dell’errore, non è comunque l’ultima parola, perché verrà il tempo in cui i popoli parleranno proprio questo linguaggio, il linguaggio dell’errare estremo, per il quale le cose vengono nel «nulla» e tornano nel «nulla». Questa altro non è se non la forma originaria dell’omicidio, il cui scopo è annientare, eliminare completamente l’avversario, il nemico, in modo che non possa più turbare o ostacolare i progetti dell’agente. L’eliminazione originaria consiste proprio nel pensare le cose come di per sé stesse attraversate, inficiate, inquinate dal «nulla». Questo pensiero (che può turbare la coscienza religiosa) è anche il pensiero del divino, perché il divino realizza la forma di omicidio originario: se il Dio pensa l’uomo come qualcosa che di per sé è «nulla» (Tommaso diceva delle creature che sono "propre nihil"), crea le premesse per cui poi sulla terra gli uomini continuino ad uccidersi. 
Da questo nichilismo si esce solo pensando a qualche cosa di infinitamente più alto di Dio e cioè pensando che ogni cosa, anche la più umile, è ed è impossibile che non sia, cioè è «Eterna». E questo è quello che nei scritti di E. Severino (vedi post Marzo 2013 Il Filosofo della verità) è chiamato «Contenuto del de-stino della necessità».

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