Presentando se stesso come la forma suprema e insuperabile di Filosofia, l’«Idealismo» trova in
Hegel il più geniale «campione». Per il pensatore tedesco, Natura e Storia,
Scienza, Arte, Religione e Filosofia rientrano in un grandioso processo
universale di realizzazione dell’«Idea», che si estrinseca nella «Natura» per
ritrovarsi come «Spirito» nella «Storia»: un processo dialettico, di
contraddizioni necessarie, destinate a riscattarsi e a risolversi attraverso la
mediazione in un’unità «superiore».
Tutti
i grandi temi della vita, della cultura e della storia vengono così
integrati in un orizzonte unitario tale da eliminare l’unilateralità e
configurarli come un momento di un processo profondamente «Razionale e Reale»
al tempo stesso. Com’è detto in una celebre pagina della "Prefazione alla Filosofia del Diritto" «ciò che è Razionale, è
effettivamente Reale, e ciò che è Reale, è Razionale».
Dopo Hegel, la cui Filosofia rappresenta la forma più alta
raggiunta dall’«Epistéme», non ci si interrogherà più su come comprendere il
mondo, bensì su come cambiarlo, e, nel contempo, il processo di distruzione
dell’«Epistéme» – iniziato dalla stessa scuola hegeliana – caratterizzerà
sempre più nettamente il pensiero contemporaneo, dallo Storicismo
all’Esistenzialismo, dal Pragmatismo al Neopositivismo.
La Religione rappresenta una forma dello «Spirito» superiore
all’«Arte», poiché nella Religione lo «Spirito» non si cerca e non si trova più
immediatamente nel sensibile, ma nel suo manifestarsi a se stesso come
rivelazione. Tuttavia ai fini di una comprensione essenziale del problema è
importante ricordare almeno la distinzione tra la Religione determinata e la Religione assoluta. La Religione determinata o, meglio, le religioni
determinate, corrispondono a quelle fasi dello sviluppo dello «Spirito» nelle
quali ancora lo «Spirito» non è giunto a
cogliersi come «Assoluto». Soltanto con il Cristianesimo si ha invece il
riconoscimento dell’«Assoluto» come libertà ed autodeterminazione di cui
l’articolazione «trinitaria» è espressione.
Con il Cristianesimo si è giunti infatti a riconoscere Dio
in «Spirito e Verità», e questa conquista deve essere considerata
«irrevocabile», anche se ne scaturisce un rapporto molto complesso tra
Filosofia e Religione. Per un verso infatti non si ha una «morte» della
Religione analoga a quella dell’Arte, appunto perché nella Religione assoluta
lo «Spirito» ha colto se stesso come «Assoluto» e conciliato. Per altro verso,
però, lo «Spirito» non può limitarsi a cogliersi nella rappresentazione e nella
«Fede», ma deve conoscersi come concetto.
La
teoria più audace e profonda con cui è stata interpretata la storia del
mondo è probabilmente quella di Hegel: «La costituzione degli Stati si fonda
sulla Religione». La Religione costituisce la base degli Stati, non nel «Senso»
che lo Stato si serva della Religione come strumento, né nel «Senso» che si
presti obbedienza agli Stati per mezzo di essa, ma per la ragione che gli Stati
non sono altro che la manifestazione del vero contenuto della Religione. La
storia universale è in sostanza la storia della Religione, il processo in cui
la Religione raggiunge il suo «Vero contenuto».
Per Hegel, come per tutta la cultura tradizionale dell'
Occidente, la Scienza capace di conoscere in che consista la «Verità» è la «Filosofia».
La quale, pervenuta alla propria maturità, si lascia alle spalle ogni
incredulità antireligiosa e falsamente razionale e scorge nel Cristianesimo la
manifestazione più alta della «Verità» in campo religioso, in un campo, per
altro, ancora inadeguato (per Hegel come per Kant) rispetto alla manifestazione
filosofica della «Verità». E cos' è la «Verità?» Hegel ha sollevato la
Filosofia Moderna alla consapevolezza che la «Realtà» è «Pensiero».
Quando oggi si ricorda questa
formula non se ne percepisce quasi mai la «Potenza» e l' «Inevitabilità».
Pensare una «Realtà» esterna al «Pensiero» è come voler saltare al di fuori
della propria ombra. Ma un «Pensiero» che pensi soltanto il mondo, e non riesca
a pensare se stesso, è chiuso in una tomba: non vedendo sé, non vede la luce
che consente al mondo di mostrarsi, quindi non vede la «Realtà» vera. Il primo
movimento del «Pensiero» è dunque, sì, il suo volgersi al mondo; ma per poi
rivolgersi a se stesso. Il «Pensiero» è cioè un circolo: un uscire da sé,
andando nell' «Altro», nel mondo, per ritornare a sé portando il mondo con sé,
liberandolo cioè dalla tomba e dalla morte. Ma, pensa Hegel, non sta proprio in
questo circolo l' Essenza del Cristianesimo?
Dio si è fatto uomo, è venuto nel mondo; ma non per restare
uomo e mondo, nella morte e nella tomba, ma per ricondurli a sé. L'incarnazione
di Dio è il circolo assoluto della «Realtà» e della «Verità», lo Spirito che
risulta dalla generazione del Figlio da parte del Padre. Lungi dall' essere un
«Mistero» inesplorabile dalla «Ragione», la «Trinità» cristiana è invece la
stessa essenza più profonda della vera «Ragione».
La «Filosofia della storia universale» non può avere dunque
altro compito che rintracciare, nella sovrabbondante varietà e complessità
dello sviluppo storico dei popoli e degli Stati, la presenza del circolo divino
del «Pensiero». Un compito immane, che Hegel affronta in modo abbagliante, per
altro accessibile anche al non specialista. La storia non è abbandonata al
caso, ma è guidata dallo «Spirito», appartiene anzi al suo stesso prodursi. I
popoli, come tali, non possono capire che cosa significhi il concetto
filosofico di «Circolo del Pensiero», ma capiscono molto bene l' immagine
religiosa di questo concetto, e cioè che Dio non è rimasto lontano e
indifferente, ma si è fatto uomo e ha abitato tra noi per salvarci dal peccato
e dalla morte, cioè per ricondurci a lui. Appunto per questo Hegel dice che la
Religione, e non la Filosofia, è il fondamento degli Stati; e che la vera Religione,
cioè il Cristianesimo, propriamente quello protestante, non può essere un mezzo
per rafforzare lo Stato, uno Stato che, lasciando al di fuori di sé la dimensione
religiosa, non può avere «Realtà» e prima o poi viene «Annullato».
Le rivoluzioni nei Paesi latini
erano destinate a fallire perché erano soltanto politiche, miravano solo al «Rovesciamento
dei troni», mentre «Senza cambiamento della Religione non può avvenire alcun
vero cambiamento, alcuna rivoluzione». I Paesi protestanti, invece, «Hanno già
fatto la loro rivoluzione» «Pacificamente» e con successo, perché la loro è
stata una «Rivoluzione Religiosa», ha portato il Cristianesimo alla sua
purezza; quindi è stata la vera «Rivoluzione Politica». Ha portato negli Stati
la «Ragionevolezza», la «Verità», e dunque la «Libertà» dall' errore e dal
fanatismo.
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