giovedì 19 febbraio 2015

GIOVANNI GENTILE


La Filosofia di Gentile è fondata su un recupero critico del pensiero di Hegel e, in particolare, su una «riforma» della dialettica, volta a ristabilire la priorità dello «Spirito», concepito come Pensiero in atto: da ciò la denominazione di «Attualismo», assunta per designare questa posizione. 
Il suo Idealismo si qualifica come «attualistico» perché «non concepisce lo Spirito come una sostanza (allusione alla metafisica antica, ma anche alla metafisica moderna, certamente a Cartesio) né il Pensiero come attributo di una sostanza (allusione a Spinoza), ma lo Spirito fa coincidere appunto col Pensiero e il Pensiero intende non come quel Pensiero che l’uomo possa o debba pensare, ma come quello che pensa attualmente, e che è tutto nello stesso atto di pensare. Atto che realizza il nostro essere spirituale, come il solo essere di cui si possa in concreto parlare». Si può dire che tutta la riflessione gentiliana sia l’analisi di questo nucleo decisivo, cioè appunto dell’attività del pensare. 

I rapporti tra Gentile e il regime fascista sono stati oggetto di molte discussioni, polemiche e interpretazioni spesso discordanti. Il filosofo ebbe un ruolo rilevante nel fornire una giustificazione ideologica allo «Stato Totalitario» e nel definirne le linee della politica «culturale e scolastica». Come organizzatore di iniziative culturali (Enciclopedia Italiana), Gentile mostrò, tuttavia, una certa apertura e liberalità. Dopo il 25 luglio 1943 il filosofo si lasciò convincere a prendere posizione e ad operare a favore della repubblica fascista di Salò: un impegno che avrebbe pagato con la vita. 
Il Fascismo volle essere un «Ordinamento Assoluto» capace di resistere all'azione demolitrice della storia. L' illusione di ogni Assolutismo. Ma nell' Enciclopedia Italiana Mussolini scriveva di non avere avuto all'inizio nessuno specifico piano dottrinale e che la sua era la dottrina dell'«Azione»: il Fascismo nacque da un bisogno di «Azione» e fu «Azione». Ora, i piani dottrinali prescrivono le norme dell' «Azione» e quindi mirano a dominarla. Tendono a dar vita a «Ordinamenti Assoluti». L' «Azione», invece, e' cambiamento, tanto più incisivo quanto più la realtà da cambiare e' il prodotto di un piano dottrinale e quanto più quest'ultimo pretende di essere un «Ordinamento Assoluto» e inoltrepassabile. 
L' «Azione del Fascismo» che, come tale, doveva essere il rovesciamento di ogni piano, ha finito così col concepire se stessa come un piano, un «Ordinamento», un regime «Assoluto». Se il regime fascista e' una forma di Assolutismo, il principio fondamentale della Filosofia di Giovanni Gentile, l' «Attualismo», e' invece la negazione più radicale di ogni Assolutismo. Con pochi altri, Gentile, e indubbiamente con Heidegger, il cui rapporto col nazionalsocialismo e' profondamente simile a quello di Gentile col Fascismo, si trova al culmine del processo lungo il quale la cultura contemporanea, innanzi tutto quella filosofica, perviene alla distruzione di ogni «Assoluto». Il rifiuto di ogni «Assoluto» e' il tratto più caratteristico della cultura contemporanea. L'«Assoluto» e' ciò che si ritiene sciolto da ogni dipendenza dal divenire del mondo. La Filosofia contemporanea, nella sua essenza, afferma che il divenire ha la capacità di travolgere ogni «Assoluto». In ogni campo: Sociale, Morale, Religioso, Economico, Politico e Giuridico, Artistico, Scientifico, Filosofico. 
Tutta la cultura laica antifascista e' profondamente imbevuta di questo spirito anti assolutistico. Anche e soprattutto in Italia ogni forma di laicismo antifascista dovrebbe rendersi conto di avere le proprie radici più profonde ed autentiche nel principio essenziale della Filosofia di Gentile. La mia dottrina era la dottrina dell' «Azione», scriveva Benito Mussolini. Ma e' stato Gentile a dire al Fascismo come dovesse intendere l'«Azione». 
Sul piano pratico, Gentile e' stato poco ascoltato, ma su quello teorico non e' stato lui a essere fascista, ma e' stato il Fascismo a tentare, fallendo, di essere gentiliano. Gentile dice al Fascismo che, nella sua essenza, l' «Azione» e' l'atto dello «Spirito». L' atto, soltanto nel quale il divenire del mondo e' reale. L' «Azione» autentica e' l'atto del pensiero umano, che come la luce del giorno apre lo spazio all'interno del quale si producono tutte le opere e tutti gli eventi, e che dunque non ha nulla a che vedere col pensiero che la Scienza assume come oggetto di indagine. 
E l'atto e' la Liberta' , il processo in cui l' uomo si libera da ogni tirannia. Inevitabile, quindi, che Gentile non attribuisse un valore «Assoluto» alle forme dogmatiche del Cristianesimo e quindi all'insegnamento della Chiesa cattolica. Con i Patti Lateranensi Mussolini tradì la riforma che Gentile, ministro della Pubblica Istruzione, aveva realizzato nel 1923, introducendo l'insegnamento della Religione nelle scuole elementari, ma solo in quelle, perché poi la scuola avrebbe dovuto far maturare nei giovani la coscienza critica che si porta oltre la fase mitico religiosa dell'educazione. 
Mussolini volle invece che l'educazione cattolica fosse estesa a tutta la scuola media superiore. La forte reazione di Giovanni Gentile contribuì, forse in modo determinante, a impedire che in quella occasione prendesse piede la proposta di padre Agostino Gemelli di rendere cattolico tutto l'insegnamento della Filosofia in Italia. 
Ma intanto il Fascismo non era più «Azione»: era diventato un sistema Assolutistico, nel cui ordinamento rientrava anche la riaffermazione della Religione cattolica come sola Religione dello Stato (articolo 1 del Trattato col Vaticano). Gentile si e' legato al Fascismo perché ha creduto di vedere in esso lo strumento più idoneo per rispondere alle tendenze e ai bisogni degli individui, secondo i loro effettivi interessi. Che non sono quelli dell'individualismo illuministico, ma quelli in cui la vita dell'individuo non rimane separata, ma si unisce alla vita dello «Spirito». 
Un esperimento, per Gentile, il Fascismo, i cui sforzi di liberare l'individuo nel divenire dello «Spirito» non sarebbero andati perduti, per Gentile, ma che intanto si presentavano a lui viziati nelle forme provvisorie di applicazione dalle necessità transeunti del momento politico. Nell'esperimento in cui restavano negate le Libertà della democrazia parlamentare, egli vedeva lo strumento per spianare la strada alla Libertà autentica. Ma il Fascismo ha posto il proprio centro proprio in quelle forme provvisorie e transeunti, che sono rimaste attaccate al pensiero di Gentile e alla sua persona come al ramo possono restare attaccate le foglie secche. Pensando forse alla propria vicenda, così simile a quella di Gentile, Heidegger ha scritto che solo «chi pensa con grandezza si trova costretto a errare grandemente». 
Giovanni Gentile fu assassinato perché era la voce più autorevole e convincente del Fascismo. Eppure la sua Filosofia è la negazione più radicale di ciò che il Fascismo ha inteso essere. Non solo. Essa è tra le forme più potenti , non è esagerato dire la più potente, del pensiero del nostro tempo. Di tale potenza lo stesso Lenin si era accorto. Forse gli assassini di Gentile non lo sapevano neppure. 
Tanto meno lo sa la cultura filosofica oggi dominante, che mai riconoscerebbe a un italiano un così alto rilievo. Non solo. Contrariamente agli stereotipi che vedono in Gentile un avversario della scienza, l’«Attualismo» gentiliano è l’autentica filosofia della civiltà della Tecnica: rende possibile il dominio planetario della tecno-scienza, ancora frenato dai valori della tradizione. 
Va facendosi largo nel mondo la convinzione che l’uomo non possa mai raggiungere una verità assolutamente innegabile; che, prima o poi, ogni verità siffatta resti travolta da altri modi di pensare, da altri costumi, cioè si trasformi, muoia: divenga . Travolta, anche la certezza che esistano le cose che ci stanno attorno; essa è innegabile solo fino a che esse non vanno distrutte: era innegabile solo provvisoriamente. (Vedi Post Marzo 2014 Il Tramonto della Verità assoluta
Esser convinti dell’inesistenza di ogni «verità assoluta» è quindi, insieme, esser convinti dell’inesistenza di ogni Essere «immutabile» ed «Eterno». «Dio è morto», si dice (Vedi Post Marzo 2014 I Responsabili della morte di Dio). La negazione di ogni verità assoluta e innegabile non investe dunque l’esistenza del divenire del mondo. Anzi, proprio perché si fa largo la convinzione che il divenire di ogni cosa e di ogni stato sia assolutamente innegabile (ed Eterno), proprio per questo è inevitabile che ci si convinca dell’impossibilità di ogni altro innegabile e di ogni altro «Eterno». Gentile lo mostra nel modo più rigoroso (mentre il Fascismo, come ogni assolutismo politico, intendeva essere la configurazione inamovibile dello Stato). 
Che Il dolore, l’agonia, la morte dell’uomo (e il perire dei viventi e delle cose) sia un «fatto» significa che se ne fa esperienza. Ma chi crede che la morte sia un andare nel «nulla» non crede (è impossibile che creda) che l’uomo vada nel «nulla» ma, insieme, continui ad essere un «fatto» che appartiene al contenuto dell’esperienza: gli appartenga nello stesso modo in cui gli apparteneva prima di annientarsi. Nell’esperienza rimane il ricordo di coloro che sono andati nel «nulla», e il ricordo è un «fatto»; ma non rimane il «fatto» in cui consisteva il loro esser vivi, non si fa più esperienza del loro esser stati vivi. Chi, dunque, crede che la morte sia annientamento crede che, pur avendo avuto esperienza dell’agonia e del cadavere, ciò che è diventato «niente» sia diventato anche qualcosa che non appartiene più all’esperienza, che non è un «fatto». Ma allora è impossibile che l’esperienza mostri che sorte abbia avuto ciò che è uscito dall’esperienza, e quindi mostri che esso è diventato «niente» . Di questa sorte l’esperienza non può che tacere. Cioè l’annientamento non può essere un «fatto». (E se il cadavere viene bruciato e, come si dice, «diventa cenere»; allora anch’esso, come tutta la vita passata di chi è morto, esce dall’esperienza, anche se ne rimane il ricordo. Daccapo: che esso, diventando cenere, sia diventato «niente» non può essere l’esperienza ad attestarlo) (Vedi anche Post Gennaio 2015 Senso del Tutto e problema del Nulla). 
Ci si convince dunque che la morte è annientamento non sulla base dell’esperienza, ma sulla base di teorie più o meno consistenti. All’inizio i vivi si fermano atterriti di fronte alle configurazioni orrende della morte dei loro simili e restano colpiti dalla loro assenza; i morti non ritornano, vivi, come invece il sole torna a risplendere al mattino. Anche su questa base, quando si fa avanti la riflessione filosofica sul «nulla», si pensa che ciò che non ritorna sia diventato «niente» e si crede di sperimentarne l’annientamento. 

Gentile sta al culmine di tale fede e, con la propria «Teoria generale dello Spirito», dimostra nel modo più radicale l’impossibilità di ogni realtà esterna all’esperienza, sì che l’uscire dall’esperienza è per ciò stesso l’andare nel «niente». Ma, appunto, si tratta di una dimostrazione, di una «Teoria», non della constatazione di un «fatto».







Nessun commento:

Posta un commento