Radicalizzando la definizione cartesiana di «sostanza» e concependola come unica, infinita,
incondizionata causa sui (causa e sostanza) Spinoza approda alla concezione che
vuole la «sostanza» coincidente con l’«Essere divino». Da ciò il suo «monismo»,
che è al tempo stesso panteistico e naturalistico, essendo il «Tutto»
manifestazione della divina natura, unica pur nel suo duplice aspetto di natura
naturans – universale principio attivo di ogni accadere – e natura naturata,
intesa come molteplicità dei singoli accadimenti.
Insieme all’Etica l’altro grande capolavoro spinoziano è il «Trattato
teologico-politico», dove il filosofo affronta il problema della Religione e dei
rapporti tra la coscienza religiosa e lo Stato. Convinto propugnatore del
principio della «libertà di coscienza», Spinoza si batte contro i pregiudizi
dei teologi e rivendica il libero esame della Scrittura, seguendo le regole del
metodo storico e l’autorità della Ragione: «La vera felicità e la beatitudine di un
uomo consiste soltanto nella sapienza e nella conoscenza della Verità».
La Filosofia nasce volendo essere libera: indipendente da miti, fedi,
religioni, opinioni, istinti, costumi sociali, oltre che da ogni costrizione e
comandamento che provengano dall'esterno di ciò che essa porta alla luce,
chiamandolo «Verità». Ma lungo la sua storia la Filosofia si è posta sempre in
rapporto con tutte queste forze, da cui essa non intende farsi guidare, per
indagarne il significato e la consistenza: soprattutto con le religioni
monoteistiche (e con il potere politico) e in particolare col Cristianesimo.
All'interno della grande epoca della tradizione
filosofica, cioè del pensiero che pone l' «Eterno»
al di sopra o nel cuore del Tempo, e al suo fondamento, Spinoza è certamente il
più lontano dal mondo religioso. Sono note le vicende di questo grande, probo e
pacifico pensatore ebreo, cacciato dalla Sinagoga e condannato, oltre che dagli
ebrei, dai cristiani, protestanti e cattolici, e dagli Stati. Nonostante l'ammirazione
di un ristretto circolo di amici, lo si considera l'uomo empio e pericoloso di
questo secolo .
Odiato o dimenticato per un secolo, a partire dagli ultimi lustri del XVIII secolo il
pensiero di Spinoza viene riconosciuto in tutta la sua potenza. Jacobi, Fichte,
Schelling, Herder, Goethe, Schiller, Lessing, Hegel, Schopenhauer, Nietzsche,
Borges, Einstein, tra gli artefici e i testimoni di questa rinascita. Che anche
oggi è attuale , soprattutto per le tesi sul rapporto tra «Stato» e «Chiesa», «Fede»
e «Ragione» e per la difesa della Democrazia. La libertà di filosofare, si
legge sul frontespizio del «Tractatus theologico-politicus», si può concedere
senza danno per la pietà e la pace dello Stato, ma, anche, essa non si può
togliere senza togliere la pietà e la pace dello Stato. Sullo sfondo di queste
tematiche, la decisione del filosofo di ricercare un bene vero e condivisibile:
qualcosa grazie al quale, una volta scoperto e acquisito, godessi in eterno una
gioia continua e suprema.
Tale bene è Dio.
Un Dio, certo, molto diverso da quello pensato dalla Filosofia dopo l' annuncio
Cristiano: ad esempio non è «Persona», non ha «Volontà» né scopi, include la «Natura»,
e quindi anche ciò che erroneamente gli uomini credono «Male» e «Peccato». E
tuttavia possiede quei caratteri della «Potenza» e dell' «Eternità» che sono
propri di ogni modo in cui la tradizione filosofica ha pensato il divino. Si
tratterebbe di comprendere che anche alle radici di una Filosofia come quella
di Spinoza, così lontana dalle (sia pur grandi) abitudini concettuali della
civiltà occidentale, è presente l' «Essenza» stessa di quelle abitudini, il
tratto decisivo rispetto al quale le pur profonde differenze tra Spinoza e i
suoi avversari passano in secondo piano. Alle radici, diciamo: perché si
tratterebbe di scendere sul fondo dell'abisso su cui è sospeso il pensiero
dell'uomo occidentale, e ormai dell'uomo planetario.
Sin dall'inizio dell'«Etica», il suo capolavoro, Spinoza distingue ciò che esiste
necessariamente, cioè non è mai inesistente, ed è Dio, l' «Eterno», da ciò che
invece non esiste necessariamente, nel «Senso» che non è sempre esistente ed è
l' insieme delle cose prodotte da Dio, esistenti nel Tempo. Ora,
essenzialmente, radicalmente più decisiva del modo in cui Spinoza dimostra l'
esistenza di Dio, e più decisiva di ogni altra dimostrazione di tale esistenza,
proposta lungo la storia del pensiero occidentale e la convinzione che le cose del mondo non
esistono necessariamente: nel «Senso», appunto, che non sono sempre esistenti
(anche se accadono necessariamente).
Spinoza condivide questa convinzione con ogni altra forma (anche religiosa, dunque) del
pensiero dell'Occidente. Si dirà: è ovvio che la condivida! Infatti è la «Verità»
più evidente di tutte! E oggi si aggiunge: ed unica «Verità» evidente! - Questo
dire e questa aggiunta sono inevitabili. Infatti, anche se la cosa è tutt'
altro che facile a comprendersi, l' «Onnipresente Essenza» della Civiltà Occidentale
e appunto la convinzione che le cose del mondo non siano sempre esistenti e che
questa loro non necessaria esistenza sia l'evidenza originaria o, addirittura,
come oggi si conviene, l' unica evidenza assoluta. Perché, allora, perdere
tempo con ciò che oggi è rimasta l' unica «Verità» fuori discussione, e non
impegnarsi invece per diradare un poco le nebbie dell' incertezza che avvolge
la vita dell'uomo?
Proviamo a rispondere così: perché quanto sembra l' unica «Verità» veramente
fuori discussione è invece l' errare più profondo, e anche più nascosto. Ma
come possiamo azzardarci a dir questo? Che presunzione! Ancora maggiore, la
presunzione, se si tiene presente, che anche per la Scienza Moderna le cose del
mondo non esistono sempre: esse sono, dopo non essere state, e tornano a non
essere: sporgono provvisoriamente dal «Nulla». Certo, sembra proprio un azzardo
e una presunzione. Con i quali, tuttavia, acquista un maggior spicco il motivo
per cui affermiamo che anche una Filosofia come quella di Spinoza, così lontana
dalle abitudini morali e concettuali dell'Occidente Cristiano, e, ciò
nonostante, profondamente solidale con l' essenza di tali abitudini.
Anche a Nietzsche (che vede in Spinoza il pensatore a lui più vicino)
compete questa solidarietà. Poi, si tratterà di pensare la Follia di quell'«Essenza».
Credere che le «Cose» escano e ritornino nel «Nulla», ad opera di un Dio o da
sole, non è forse credere che le «Cose» siano «Nulla»? non è forse credere che
ciò che non è «Nulla» sia «Nulla»? e questa «Fede» non è forse la mano più
terribile e violenta? non uccide forse uomini e cose nel modo più originario e
radicale, quello che sta al fondamento della violenza visibile che tutti sono
capaci di scorgere?
Sul fondamento di questa «Fede», ogni Santità è la culla dell'omicidio e di ogni
altra forma di annientamento. Certo, è indiscutibile che per Spinoza (sulla
scia di Seneca e in generale dello stoicismo) le decisioni umane e tutte le
cose avvengono per fatale necessità (fatalis necessitas); che nessuna «Cosa»
può esistere diversamente da come esiste e che dunque ogni «Cosa» è necessaria.
Certamente! Ma nel «Senso» che ogni «Cosa» del mondo si genera e si corrompe
necessariamente: non nel «Senso» che non si generi e non si corrompa. Che tali «Cose»
escano dal «Nulla» e vi ritornino seguendo o non seguendo un percorso
inevitabile indica due prospettive che per quanto fortemente opposte hanno
tuttavia in comune la convinzione decisiva e abissale: che le «Cose» del mondo
sono «Nulla».
La stessa convinzione che accomuna nell'essenziale le esperienze in cui,
lungo la storia dell' Occidente, si pone un Dio alla guida della produzione e
distruzione delle «Cose» e le esperienze dove invece si ritiene che tale
produzione-distruzione non abbia bisogno di alcun Dio.
NOTA FINALE
La verità assolutamente innegabile esiste e tutto ciò che esiste (nel
presente, nel passato, nel futuro) è «Eterno», ossia non esiste alcunché che
esca dal proprio esser stato «Nulla» e che
sia travolto nel «Nulla». Certo, la più
sconcertante delle affermazioni.
Dunque, la sconcertante affermazione
che tutto ciò che esiste è «Eterno»,
non è un «paradosso» che «si scontra» con l’esperienza, cioè «con il fatto che
l’uomo muore». All’opposto, a scontrasi con l’esperienza sono coloro che,
affermando la sua capacità di attestare l’annientamento degli uomini e delle
cose, vedono in essa ciò che in essa non c’è e non può esserci. Sono molti,
moltissimi, Non importa. Anche quando qualcuno ebbe a mostrare che è la Terra a
girare attorno al sole e non viceversa, tutti gli altri lo negavano,
sconcertati (Vedi
Post. Marzo 2013 E. Severino Il Filosofo della verità).