sabato 27 dicembre 2014

SENSO COMUNE E NUOVO REALISMO


il «Senso Comune» non è la conferma filosofica del «Senso Comune». Anche per le scienze della natura la Realtà esiste indipendentemente dall'uomo. Da qualche millennio questo è anche il comune modo di pensare dei popoli, il loro «Senso Comune». Ma ben prima della Scienza è la Filosofia, sin dai suoi inizi, a riflettere sul rapporto tra l' «Essere umano e la Realtà» , e sul significato di queste due dimensioni. Prevale, con la grande Filosofia classica (Platone, Aristotele) la conferma del «Senso Comune». E più tardi tale conferma sarà chiamata «Realismo».
La prospettiva espressa dal principio di Protagora che l' uomo è la misura di tutte le cose (e che quindi la «Realtà» dipende dal modo in cui l' individuo pensa e vuole) resta a lungo emarginata. Ma, proprio perché conferma il «Senso Comune», il «Realismo» filosofico non è il «Senso Comune». La Filosofia, infatti, viene alla luce evocando un «Senso» prima sconosciuto della parola «Verità» , il «Senso» che domina l' intera tradizione dell' Occidente dai Greci a Hegel, ad Einstein; cioè la «Verità» come Scienza (Epistéme) Incontrovertibile, fondata su principi primi innegabili e per sé evidenti ; e il «Realismo» filosofico ritiene che il «Senso Comune» abbia «Verità».
Ma è la Filosofia a conoscere la «Verità» del «Senso Comune», non il «Senso Comune». Per avere un esempio della «Potenza» e complessità concettuale del «Realismo» filosofico si tenga sott'occhio questo passo dell' Etica nicomachea di Aristotele: Ciò di cui abbiamo Scienza non può essere diversamente da come è; le cose che possono essere diversamente, invece, quando siano fuori della nostra osservazione, ci rimane nascosto se esistano o no. (La parola osservazione traduce la parola «Theoréin», che significa la manifestazione del mondo, che accade con l' esistenza dell'uomo).
Si può dire che in questo passo sia addirittura anticipato quell'importante atteggiamento del pensiero contemporaneo che è la Fenomenologia fondata da Edmund Husserl, per la quale è «Verità» Tutto, ma anche solo ciò che è osservabile (manifesto, immediatamente presente, sperimentabile); e quindi non è possibile che, con «Verità», venga affermato qualcosa intorno a ciò che non è osservato. Proprio per questo la Fenomenologia non è una conferma del nostro «Senso Comune».
Aristotele non riconoscerebbe ciò che pure si è sviluppato dal proprio seme; eppure la sua è una critica radicale del «Senso Comune» in quanto sussistente al di fuori della conferma che l' «Epistéme» gli dà: tutto ciò che esso dice non è Scienza ( Epistéme ). Inoltre, per Aristotele, la «Realtà» di cui c' è Scienza e che quindi esiste indipendentemente dall'uomo è più ampia della «Realtà» di cui, secondo la Fenomenologia, c' è Scienza (e anche Husserl intende la Filosofia come Scienza rigorosa). La Scienza è infatti per Aristotele (come per l'intera tradizione occidentale) anche Scienza di Dio, Metafisica. Il «Realismo» filosofico greco si è sviluppato nella Filosofia patristica e scolastica (Agostino, Tommaso, ecc.), e quindi nella dottrina della Chiesa cattolica e delle altre Chiese cristiane, e poi nel Rinascimento e nella stessa Filosofia moderna pre kantiana, che però procede a una forma più elaborata di conferma del «Senso Comune».
E il «Realismo» è stato messo in questione da Kant e dall' idealismo, per poi riaffacciarsi in varie correnti della Filosofia degli ultimi due secoli, Marx e marxismo compresi. Si continua a dire che ci si è liberati della cultura idealistica. Ma quanti conoscono l' idealismo da cui ci si deve liberare? Per l' Idealismo (e il Neoidealismo italiano) è fuori discussione (come per il Realismo) che la natura esiste indipendentemente dalle singole coscienze degli individui umani. È dalla coscienza Trascendentale (liquidata con troppa disinvoltura) che la natura non è indipendente.
La Scienza, si diceva sopra, è realista. E la Filosofia analitica sostiene per lo più che per sapere come sia fatto il mondo bisogna rivolgersi alla Scienza moderna (che non è più Epistéme ). Sennonché, se il Realismo della Scienza moderna non vuol essere semplice, ingenuo «Senso comune», allora è una tesi filosofica, è cioè quel realismo filosofico la cui «Potenza» e complessità concettuale e i cui rapporti con le concezioni non realistiche sfuggono completamente al moderno sapere scientifico , e sarebbe un peccato se sfuggissero anche al Nuovo Realismo, stando al modo in cui esso è stato presentato. Si aggiunga che la Scienza intende fondarsi sull' Osservazione. Ma la gran questione è che la «Realtà», che per la Scienza esisterebbe egualmente anche se l' uomo non esistesse (l' uomo, dice la Scienza, compare soltanto a un certo punto dello sviluppo dell' universo), è per definizione ciò che non è osservato dall'uomo, ciò di cui l'uomo non fa esperienza. Ciò significa: non può esserci esperienza umana di ciò che esiste anche quando l' umano non esiste; e quindi l' affermazione che la «Realtà» è indipendente dall'uomo finisce anch' essa con l'essere una semplice «Fede» o quella forma di «Fede» che è il grado anche più alto di Probabilità.
Ora, la Filosofia , come il mito e poi la Scienza moderna , è nata per difendere l'uomo dal dolore e dalla morte dovuti alla natura e alla lotta tra gli uomini. In questo «Senso» la Filosofia (come il Mito e la Scienza), nascendo dalla paura, è mossa da un' istanza Politico-Morale. Ma la Filosofia si accorge che il rimedio non può essere quello inaffidabile del Mito, ma deve avere «Verità» e la «Verità» non può fondarsi sulla dimensione Politico-Morale. Per la sua assoluta spregiudicatezza la «Verità» deve chiedersi perché la violenza dei più forti debba essere bandita. E deve saper rispondere. Altrimenti essa è semplice edificazione.

Un' ultima osservazione su Nietzsche: la sua tesi che non esistono fatti ma solo interpretazioni non va intesa in «Senso» assoluto: riguarda solo un certo insieme di eventi. Infatti, che il Divenire del mondo esista non è per Nietzsche un'interpretazione affidata da ultimo alle decisioni storiche e quindi cangianti dell'uomo: che il Divenire (la storia, il tempo) esista è per Nietzsche, anche per Nietzsche, l' Incontrovertibile «Verità» fondamentale in base a cui è necessario negare ogni «Realtà» Eterna, Immutabile, Divina che sovrasti il Divenire e lo domini e guidi. Questa «Verità» è la Grande «Fede» al cui interno cresce l' intera storia dell' Occidente e, ormai, del Pianeta. 

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