martedì 23 dicembre 2014

SCETTICISMO E FILOSOFIA CONTEMPORANEA



La ricerca della felicità e l’elaborazione di regole di saggia condotta sono i temi propri della filosofia scettica, così come lo furono di quella stoica ed epicurea. Tuttavia andremmo del tutto fuori strada e perderemmo di vista lo spessore filosofico e la portata storica di queste scuole se ci limitassimo a considerare solo i criteri di comportamento e gli stili di vita. Ontologia, teoria della conoscenza, fisica ed etica sono dimensioni integrate l’una nell’altra e tale densità non viene meno neppure nelle scuole anche se risulta più pragmatica e plurale che nei grandi ed individuati sistemi come quelli di Platone ed Aristotele. 
La filosofia degli scettici è una critica radicale, poiché “azzera” ogni pretesa di verità. Ma quale verità azzera lo scetticismo? Certamente quella del senso comune che si accontenta dell’ovvio e confonde l’immediato e l’ingenuo con il vero; azzera, inoltre, la pretesa di verità delle filosofie, mostrandone l’infondatezza e l’arbitrio coperti ambedue dalla presunzione dell’assoluta certezza. 
Lo scetticismo si sviluppa come grande corrente critica sia del comune intelletto, vale a dire delle credenze dei più, che dell’intellettualismo dei filosofi. Gli scettici mostrano come le diverse opinioni si contraddicano e come siano insostenibili. Così facendo essi riprendono la tradizione dei sofisti, di Socrate e di alcune scuole socratiche, ma con un diverso taglio e una diversa intenzione. 
Nei filosofi dell’età classica il gioco delle apparenze si risolveva prioritariamente nell’azione: proprio perché non si dà verità, la verità si risolve nell’efficacia. Per gli scettici, al contrario, poiché non è formulabile alcuna verità bisogna astenersi sia dai giudizi che dalle decisioni, perfino da quelle utili e necessarie nella vita pratica e quotidiana.
Il nucleo della dottrina scettica è l’ “indifferenza” sia nell’accezione teorica che pratica. È improprio ritenere che la filosofia scettica neghi “categoricamente” ogni verità. Su questo punto è illuminante Emanuele Severino quando scrive: «Se per “scetticismo” s’intende la negazione categorica di una qualsiasi verità (e quindi di una qualsiasi epistéme), già da questi primi tratti appare l’estraneità di Pirrone allo scetticismo. Ma è probabile che quella negazione categorica di ogni verità non sia mai stata una filosofia storicamente reale, ma piuttosto un’idea limite, giacché ben presto il pensiero filosofico si è accorto che la negazione categorica di ogni verità pretende valere essa come verità assoluta. Gli scettici, infatti, non presentano il loro pensiero come una negazione della verità, ma come la constatazione che ad ogni tesi filosofica si contrappone un’antitesi che mostra ugual peso e valore, e che dunque il pensiero si trova in una contraddizione dalla quale esso non è capace di uscire, ma “cerca” di uscire. In greco “ricerca” si dice sképsis; e skeptikósscettico” è colui che ricerca». 
Lo scetticismo dunque è piuttosto un prospettivismo che prende atto di come la realtà sfugga ad ogni giudizio e tutte le cose siano mobili, dubbie, incerte. Proprio per questo non si può dare credito né alle sensazioni, né alle opinioni, né ai giudizi. L’atteggiamento che l’uomo deve guadagnare nei confronti del mondo è quello del “non parlare” (aphasía) e dell’ “imperturbabilità” (ataraxía). In Pirrone ciò conduce più che all’elaborazione di una dottrina, ad uno stile di vita, ad una condotta. Egli non scrisse opera alcuna, ma visse e praticò la più totale “apátheia” (cioè apatia o assenza di passioni) ed indifferenza verso il mondo.     

Per «Scetticismo» s'intende  dunque qualsiasi atteggiamento Filosofico che implichi la Negazione o il Dubbio intorno «Alla possibilità della conoscenza Umana» .Lo «Scetticismo» filosofico  è la posizione filosofica fondata sull’analisi critica di quella conoscenza e di quelle percezioni che in un certo momento vengono ritenute vere, e sulla questione della possibilità di ottenere una conoscenza assolutamente vera. 
Lo scettico è colui che nega la possibilità di conoscere la «Verità» o più specificatamente non nega di possedere l'Idea della cosa pensata ma, poiché la nozione dell'oggetto reale si basa sui «Sensi», che danno percezioni ingannevoli e mutabili nel tempo, dubita che al pensiero della cosa corrisponda la realtà fisica dell'oggetto pensato. Lo «Scetticismo» si sviluppa in Grecia dal IV secolo a.C. al II secolo d.C. Il «Pirronismo», appunto, deriva la sua denominazione da Pirrone di Elide (360-275 a.C.) e fa capo a lui e al suo discepolo Timone di Fliunte (circa 320 a.C. - circa 230 a.C.). 
La corrente filosofica, che si sviluppa tra la seconda metà del IV secolo a.C. e il III secolo a.C., afferma l'impossibilità di conoscere una realtà sempre contingente e mutevole per cui al Saggio non resta che l'«aphasía», restare come muto e rinunciare ad ogni affermazione qualificante. 
La Filosofia Contemporanea rifiuta la pretesa di conoscere Verità Universali e Incondizionate; ma si chiede anche che «Senso» e valore abbia questo suo rifiuto. Già la Filosofia Antica sapeva che lo «Scetticismo», cioè la negazione di ogni «Verità Assoluta», si presenta come una «Verità Assoluta» e quindi smentisce se stesso. E la Filosofia Contemporanea sta rendendosi conto che per non soccombere di fronte a questo argomento (l' «argomento contro lo scettico») deve differenziarsi dallo «Scetticismo» in genere. A tal fine, essa va sempre più riconoscendo che le proprie tesi , innanzitutto il rifiuto della tradizione filosofica , non sono «Verità Incondizionate». 
Colui che vuole imboccare la strada dello «Scetticismo» lo deve necessariamente fare solo se crede che il Pensiero Contemporaneo sia il rifiuto di ogni «Verità Assoluta». Ma la Filosofia del nostro tempo non e' uno «Scetticismo assoluto»: essa e' la Fedeltà estrema al principio fondamentale di tutto il pensiero dell'Occidente, ossia alla persuasione che l' «Evidenza Suprema» e la «Verità Incontrovertibile» e' l' Instabilità e il «Divenire» del mondo in cui viviamo (Vedi post Febbr. e Marzo 2014 Tecnica e senso greco della cosa,  Il Divenire e Relativismo e Verità Assoluta) , e tale riconoscimento del «Divenire» e' lo stesso riconoscimento che l' unica «Verità Immutabile» e' la «Negazione» (ossia il Divenire) di ogni «Verità Immutabile». 

Nessun commento:

Posta un commento