La ricerca della felicità e l’elaborazione di regole di saggia
condotta sono i temi propri della filosofia scettica, così come lo furono di
quella stoica ed epicurea. Tuttavia andremmo del tutto fuori strada e
perderemmo di vista lo spessore filosofico e la portata storica di queste
scuole se ci limitassimo a considerare solo i criteri di comportamento e gli
stili di vita. Ontologia, teoria della conoscenza, fisica ed etica sono
dimensioni integrate l’una nell’altra e tale densità non viene meno neppure
nelle scuole anche se risulta più pragmatica e plurale che nei grandi ed
individuati sistemi come quelli di Platone ed Aristotele.
La filosofia degli scettici è una critica radicale, poiché “azzera” ogni pretesa di verità. Ma quale
verità azzera lo scetticismo? Certamente quella del senso comune che si
accontenta dell’ovvio e confonde l’immediato e l’ingenuo con il vero; azzera,
inoltre, la pretesa di verità delle filosofie, mostrandone l’infondatezza e
l’arbitrio coperti ambedue dalla presunzione dell’assoluta certezza.
Lo scetticismo si sviluppa come grande corrente critica sia
del comune intelletto, vale a dire delle credenze dei più, che
dell’intellettualismo dei filosofi. Gli scettici mostrano come le diverse
opinioni si contraddicano e come siano insostenibili. Così facendo essi
riprendono la tradizione dei sofisti, di Socrate e di alcune scuole socratiche,
ma con un diverso taglio e una diversa intenzione.
Nei filosofi dell’età classica il gioco delle apparenze si risolveva
prioritariamente nell’azione: proprio perché non si dà verità, la verità si
risolve nell’efficacia. Per gli scettici, al contrario, poiché non è
formulabile alcuna verità bisogna astenersi sia dai giudizi che dalle
decisioni, perfino da quelle utili e necessarie nella vita pratica e
quotidiana.
Il nucleo della dottrina scettica è l’ “indifferenza” sia nell’accezione teorica che pratica. È improprio
ritenere che la filosofia scettica neghi “categoricamente”
ogni verità. Su questo punto è illuminante Emanuele Severino quando scrive: «Se
per “scetticismo” s’intende la negazione categorica di una qualsiasi verità (e
quindi di una qualsiasi epistéme),
già da questi primi tratti appare l’estraneità di Pirrone allo scetticismo. Ma
è probabile che quella negazione categorica di ogni verità non sia mai stata
una filosofia storicamente reale, ma piuttosto un’idea limite, giacché ben
presto il pensiero filosofico si è accorto che la negazione categorica di ogni
verità pretende valere essa come verità assoluta. Gli scettici, infatti, non
presentano il loro pensiero come una negazione della verità, ma come la
constatazione che ad ogni tesi filosofica si contrappone un’antitesi che mostra
ugual peso e valore, e che dunque il pensiero si trova in una contraddizione
dalla quale esso non è capace di uscire, ma “cerca” di uscire. In greco “ricerca” si dice sképsis; e skeptikós “scettico”
è colui che ricerca».
Lo scetticismo dunque è piuttosto un prospettivismo che
prende atto di come la realtà sfugga ad ogni giudizio e tutte le cose siano
mobili, dubbie, incerte. Proprio per questo non si può dare credito né alle
sensazioni, né alle opinioni, né ai giudizi. L’atteggiamento che l’uomo deve
guadagnare nei confronti del mondo è quello del “non parlare” (aphasía) e
dell’ “imperturbabilità” (ataraxía). In Pirrone ciò conduce più
che all’elaborazione di una dottrina, ad uno stile di vita, ad una condotta.
Egli non scrisse opera alcuna, ma visse e praticò la più totale “apátheia” (cioè apatia o assenza di passioni) ed indifferenza verso il mondo.
Per «Scetticismo» s'intende dunque qualsiasi atteggiamento Filosofico che implichi la Negazione o il Dubbio intorno «Alla possibilità della conoscenza Umana» .Lo «Scetticismo» filosofico è la posizione filosofica fondata sull’analisi critica di quella conoscenza e di quelle percezioni che in un certo momento vengono ritenute vere, e sulla questione della possibilità di ottenere una conoscenza assolutamente vera.
Lo
scettico è colui che nega la possibilità di
conoscere la «Verità» o più specificatamente non nega di possedere l'Idea della cosa pensata ma, poiché la nozione dell'oggetto
reale si basa sui «Sensi»,
che danno percezioni ingannevoli e mutabili nel tempo, dubita che al pensiero
della cosa corrisponda la realtà fisica dell'oggetto pensato. Lo «Scetticismo» si
sviluppa in Grecia dal IV secolo a.C.
al II secolo d.C. Il «Pirronismo», appunto, deriva la sua
denominazione da Pirrone di Elide (360-275 a.C.) e fa capo a lui e al suo discepolo Timone di Fliunte (circa 320 a.C. - circa 230 a.C.).
La corrente filosofica, che si
sviluppa tra la seconda metà del IV secolo a.C. e il III secolo a.C., afferma l'impossibilità di conoscere
una realtà sempre contingente e mutevole per
cui al Saggio non resta che l'«aphasía»,
restare come muto e rinunciare ad ogni affermazione qualificante.
La
Filosofia Contemporanea rifiuta
la pretesa di conoscere Verità Universali e Incondizionate; ma si chiede anche
che «Senso» e valore abbia questo suo rifiuto. Già la Filosofia Antica sapeva
che lo «Scetticismo», cioè la negazione di ogni «Verità Assoluta», si presenta
come una «Verità Assoluta» e quindi smentisce se stesso. E la Filosofia Contemporanea
sta rendendosi conto che per non soccombere di fronte a questo argomento (l' «argomento
contro lo scettico») deve differenziarsi dallo «Scetticismo» in genere. A tal
fine, essa va sempre più riconoscendo che le proprie tesi , innanzitutto il
rifiuto della tradizione filosofica , non sono «Verità Incondizionate».
Colui che vuole imboccare la
strada dello «Scetticismo» lo deve necessariamente fare solo se crede che il
Pensiero Contemporaneo sia il rifiuto di ogni «Verità Assoluta». Ma la Filosofia
del nostro tempo non e' uno «Scetticismo assoluto»: essa e' la Fedeltà estrema
al principio fondamentale di tutto il pensiero dell'Occidente, ossia alla
persuasione che l' «Evidenza Suprema» e la «Verità Incontrovertibile» e' l'
Instabilità e il «Divenire» del mondo in cui viviamo (Vedi post Febbr. e Marzo 2014 Tecnica e senso greco della cosa, Il Divenire e Relativismo e Verità Assoluta) , e tale riconoscimento
del «Divenire» e' lo stesso riconoscimento che l' unica «Verità Immutabile» e'
la «Negazione» (ossia il Divenire) di ogni «Verità Immutabile».
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