giovedì 18 dicembre 2014

FILOSOFIA STOICA E DESTINO



Nella filosofia antica, la dottrina e la tradizione, che, rifacendosi ai principi di Zenone di Cizio (III-II sec. a.C.), considerava il "cosmo" come un ordine razionale e provvidenziale, identificando la vera felicità nella virtù e la sapienza nella serena accettazione degli eventi e in  particolare del “dolore” e della “morte”, la quale poteva essere volontariamente ricercata quale mezzo per l’affermazione della dignità e della libertà spirituale. 

Gli Stoici sostennero le Virtù dell'autocontrollo e del distacco dalle cose terrene, portate all'estremo nell'ideale dell'«Atarassia», (la perfetta pace dell’anima che nasce dalla liberazione delle passioni) come mezzi per raggiungere l'integrità morale e intellettuale. Nell'ideale stoico è il «dominio» sulle passioni o «Apatìa» che permette allo Spirito il raggiungimento della saggezza. Riuscire è un compito individuale, e scaturisce dalla capacità del saggio di disfarsi delle idee e dei condizionamenti che la società in cui vive gli ha impresso. Lo stoico tuttavia non disprezza la compagnia degli altri uomini e l'aiuto ai più bisognosi è una pratica raccomandata.

L’assunto centrale e la proposizione decisiva di tutta la filosofia stoica fu il seguente: vivere conformemente al “Logos (omologouménos zén). Il “Logos” degli stoici non si deve intendere secondo un’accezione semplicemente logica, vale a dire come retto ragionamento, né tanto meno in un’accezione gnoseologica, vale a dire come teoria della conoscenza, ma al contrario lo si deve intendere come legge generale dell’universo e come principio immanente del suo essere e del suo prodursi. Il “Logos” permea l’universo.

Tuttavia, la dottrina del “Logos” si specifica in ambiti particolari a seconda degli aspetti con cui il “Logos” si considera. «Era compito della “fisica” dimostrare come il “Logos”, in quanto principio creativo, dà forma al cosmo; dell’ “etica”, come esso indichi all’uomo la meta della vita e costituisca la norma dell’agire. La base della “fisica” e dell’ “etica”, come di ogni altro lavoro scientifico, doveva però essere posta da una dottrina specifica, la “Logica”, la quale indaga il “Logos” in quanto principio della nostra esistenza spirituale, esamina le forme e le leggi secondo cui si attuano il pensare e il conoscere e utilizza i risultati ottenuti per elaborare una propria metodologia».

Il pensiero si manifesta attraverso il linguaggio. Per altro verso il linguaggio reagisce sul pensiero e l’influenza. Per esprimere quindi la verità del “Logos” è necessario un linguaggio trasparente e senza equivoci. Era necessario dunque controllare tutto il sistema delle espressioni e perciò il loro valore di verità. Da qui la centralità che la “Logica” assume nella filosofia degli stoici.     

Gli stoici dividevano la Filosofia in tre discipline: la «Logica», che si occupa del procedimento del conoscere; la «Fisica», che si occupa dell'oggetto del conoscere; l'«Etica», che si occupa della condotta conforme alla natura razionale dell'oggetto. Essi portavano un esempio: la «Logica» è il recinto che delimita il terreno, la «Fisica» l'albero e l'«Etica» è il frutto. 

In riferimento alla «Fisica», l'ordine presente all'interno del cosmo è inoltre qualcosa di «Necessario»: una necessità che non è da intendersi meccanicamente alla maniera degli atomisti, bensì in un'ottica finalistica. Nulla infatti avviene per caso: è il «Fato», o il «Destino», a guidare gli eventi. E poiché tutto accade secondo «Ragione», il Logos divino è anche «Provvidenza» (prònoia), in quanto predispone la realtà in base a criteri di giustizia, orientandola verso un fine prestabilito. La «Fisica» stoica aderisce pertanto alla convinzione giusnaturalista che esista un diritto di natura, al quale è giusto conformarsi, e di cui le diverse legislazioni dei singoli Stati sono solo imperfette imitazioni.

Dunque , In questo grande universo spirituale campeggia la dottrina secondo cui tutto ciò che accade e' conforme al «Destino» al «Fato»: La si ritroverà nella Filosofia e nella Scienza Moderna (Spinoza, Schopenhauer, Determinismo).  Uno dei bersagli principali della Cultura Cristiana e, insieme, ma per motivi diversi, di quella Contemporanea. 

In gioco e' il «Senso» della «Libertà» dell' uomo. Gli avversari di questa dottrina l'hanno spesso trasformata in caricatura. Quante volte abbiamo sentito dire che «gli uomini non sono burattini nelle mani di un burattinaio»! Come se con questa affermazione si avesse partita vinta sulla Dottrina Stoica e classica del Fato! 

Già il grande Origene inveiva in modo improprio contro gli stoici: ma non vedete che siamo noi uomini a decidere, a scegliere, a volere questo invece di quest' altro; non vedete che mangiamo e ci muoviamo perché vogliamo mangiare e muoverci? O non siete piuttosto degli «spudorati» a negare tutto questo? Gli stoici vedono quel che vedono tutti gli altri. E non sono spudorati. 

Certo, i Greci muovono contro Troia perché vogliono vendicarsi del rapimento di Elena. Senza questa Volontà sarebbero rimasti a casa. In questo «Senso» non erano burattini. Ma da dove viene la loro Volontà di far guerra a Troia? Con questa domanda gli stoici sollevano il problema della «Libertà» e del «Fato» a un livello più alto. E rispondono che anche quella Volontà dei Greci (come la tempesta che avrebbe distrutto la loro flotta al ritorno ) e' opera del «Destino». 

Non e' così evidente, infatti, che le decisioni degli uomini siano libere, cioè che invece di esse si sarebbero potute realizzare le decisioni opposte. Kant lo sapeva molto bene. Sapeva che la «Libertà» non e' qualcosa che si possa vedere, non e' un fatto che si mostra nell'esperienza. L' uomo non e' visibilmente libero: si decide di considerarlo tale. Ma, daccapo, a che cosa e' dovuta questa decisione? Gli stoici pensavano che anch'essa e' opera del «Fato»; e che dunque chi decide così non conosce la Verità .









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