Nella filosofia antica, la dottrina e la tradizione, che,
rifacendosi ai principi di Zenone di Cizio (III-II sec. a.C.), considerava
il "cosmo" come un ordine razionale e provvidenziale, identificando la vera
felicità nella virtù e la sapienza nella serena accettazione degli eventi e in particolare del “dolore” e della “morte”, la
quale poteva essere volontariamente ricercata quale mezzo per l’affermazione
della dignità e della libertà spirituale.
Gli Stoici sostennero le Virtù dell'autocontrollo e del distacco
dalle cose terrene, portate all'estremo nell'ideale dell'«Atarassia»,
(la perfetta pace dell’anima che nasce dalla liberazione delle passioni) come
mezzi per raggiungere l'integrità morale e intellettuale. Nell'ideale stoico è
il «dominio» sulle passioni o «Apatìa» che permette allo
Spirito il raggiungimento della saggezza. Riuscire è un compito individuale, e
scaturisce dalla capacità del saggio di disfarsi delle idee e dei
condizionamenti che la società in cui vive gli ha impresso. Lo stoico tuttavia
non disprezza la compagnia degli altri uomini e l'aiuto ai più
bisognosi è una pratica
raccomandata.
L’assunto centrale e la proposizione decisiva di tutta la
filosofia stoica fu il seguente: vivere
conformemente al “Logos” (omologouménos
zén). Il “Logos” degli stoici non
si deve intendere secondo un’accezione semplicemente logica, vale a dire come
retto ragionamento, né tanto meno in un’accezione gnoseologica, vale a dire
come teoria della conoscenza, ma al contrario lo si deve intendere come legge
generale dell’universo e come principio immanente del suo essere e del suo
prodursi. Il “Logos” permea l’universo.
Tuttavia, la dottrina del “Logos” si specifica in ambiti particolari a seconda degli aspetti
con cui il “Logos” si considera. «Era
compito della “fisica” dimostrare
come il “Logos”, in quanto principio
creativo, dà forma al cosmo; dell’ “etica”,
come esso indichi all’uomo la meta della vita e costituisca la norma dell’agire.
La base della “fisica” e dell’ “etica”,
come di ogni altro lavoro scientifico, doveva però essere posta da una dottrina
specifica, la “Logica”, la quale
indaga il “Logos” in quanto principio
della nostra esistenza spirituale, esamina le forme e le leggi secondo cui si
attuano il pensare e il conoscere e utilizza i risultati ottenuti per elaborare
una propria metodologia».
Il pensiero si manifesta attraverso il linguaggio. Per altro
verso il linguaggio reagisce sul pensiero e l’influenza. Per esprimere quindi
la verità del “Logos” è necessario un
linguaggio trasparente e senza equivoci. Era necessario dunque controllare
tutto il sistema delle espressioni e perciò il loro valore di verità. Da qui la
centralità che la “Logica” assume
nella filosofia degli stoici.
Gli stoici dividevano la Filosofia in tre discipline: la «Logica», che si occupa
del procedimento del conoscere; la «Fisica», che si occupa dell'oggetto del conoscere; l'«Etica», che si occupa della condotta conforme alla natura
razionale dell'oggetto. Essi portavano un esempio: la «Logica» è il recinto che
delimita il terreno, la «Fisica» l'albero e l'«Etica» è il frutto.
In riferimento alla «Fisica», l'ordine
presente all'interno del cosmo è inoltre qualcosa di «Necessario»: una necessità che non è da
intendersi meccanicamente alla maniera
degli atomisti, bensì in un'ottica finalistica. Nulla infatti avviene per caso: è il «Fato», o il «Destino», a guidare gli
eventi. E poiché tutto accade secondo «Ragione», il Logos divino è anche «Provvidenza» (prònoia), in quanto
predispone la realtà in base a criteri di giustizia, orientandola verso un fine prestabilito.
La «Fisica» stoica aderisce pertanto alla convinzione giusnaturalista che esista un diritto di natura, al quale è
giusto conformarsi, e di cui le diverse legislazioni dei singoli Stati sono
solo imperfette imitazioni.
Dunque
, In questo grande universo
spirituale campeggia la dottrina secondo cui tutto ciò che accade e' conforme al
«Destino» al «Fato»: La si ritroverà nella Filosofia e nella Scienza Moderna
(Spinoza, Schopenhauer, Determinismo). Uno
dei bersagli principali della Cultura Cristiana e, insieme, ma per motivi
diversi, di quella Contemporanea.
In
gioco e' il «Senso» della «Libertà» dell' uomo. Gli avversari di questa
dottrina l'hanno spesso trasformata in caricatura. Quante volte abbiamo sentito
dire che «gli uomini non sono burattini nelle mani di un burattinaio»! Come se
con questa affermazione si avesse partita vinta sulla Dottrina Stoica e
classica del Fato!
Già il grande
Origene inveiva in modo improprio contro gli stoici: ma non vedete che
siamo noi uomini a decidere, a scegliere, a volere questo invece di quest'
altro; non vedete che mangiamo e ci muoviamo perché vogliamo mangiare e muoverci?
O non siete piuttosto degli «spudorati» a negare tutto questo? Gli stoici
vedono quel che vedono tutti gli altri. E non sono spudorati.
Certo, i Greci muovono contro Troia
perché vogliono vendicarsi del rapimento di Elena. Senza questa Volontà
sarebbero rimasti a casa. In questo «Senso» non erano burattini. Ma da dove
viene la loro Volontà di far guerra a Troia? Con questa domanda gli stoici sollevano
il problema della «Libertà» e del «Fato» a un livello più alto. E rispondono che
anche quella Volontà dei Greci (come la tempesta che avrebbe distrutto la loro
flotta al ritorno ) e' opera del «Destino».
Non e' così evidente, infatti, che le decisioni degli uomini
siano libere, cioè che invece di esse si sarebbero potute realizzare le
decisioni opposte. Kant lo sapeva molto bene. Sapeva che la «Libertà» non e'
qualcosa che si possa vedere, non e' un fatto che si mostra nell'esperienza. L'
uomo non e' visibilmente libero: si decide di considerarlo tale. Ma, daccapo, a
che cosa e' dovuta questa decisione? Gli stoici pensavano che anch'essa e'
opera del «Fato»; e che dunque chi decide così non conosce la Verità .
Nessun commento:
Posta un commento