Oggi la Morale è interpellata,
invocata, difesa da molte voci importanti. Non si sospetta neppure che essa sia
un «sepolcro imbiancato». L' immoralità, e innanzitutto la violenza, non è certo
una casa riempita dal sole. È un sepolcro non imbiancato. Ma in un tempo
di violenza come il nostro non è immorale e dannoso insinuare il sospetto che
la Morale sia un «sepolcro imbiancato»? I problemi del razzismo e dell'immigrazione
vengono affrontati in termini umanitari, cioè, daccapo, morali.
Nella cultura capitalistica si
sostiene che un'azienda non può funzionare efficacemente senza Morale. Oggi lo
si risente dire anche a proposito della «Politica». Ancora in nome di una
comune Morale le religioni del mondo tentano di avvicinarsi tra loro. Gli
intellettuali che riescono a farsi sentire esortano: in tono pensoso alcuni, altri
con l'ironia e la satira. Esortano a non violare le leggi morali.
Ma che cos'è la Morale? La
complessità del problema è gigantesca. Anche gli addetti ai lavori annaspano. I
benpensanti esortano, come bambini che esortano a salire su un convoglio di cui
non possono conoscere il funzionamento. Tuttavia esiste un nucleo attorno al
quale tendono a convergere le concezioni più disparate della Morale, cristiane
e non cristiane, antiche e moderne, e che è anche il loro punto più alto. Esso afferma che un'azione
è Morale quando è compiuta con retta intenzione, cioè in «Buona Fede». Anche gli atei dicono:
beati gli uomini di Buona Volontà. Alcuni diranno che è un nucleo troppo
ristretto; che, ad esempio, bisogna guardare, oltre alle intenzioni, anche alle
conseguenze dell'agire. Però nemmeno per costoro (o per chi ritiene
indispensabili i Dieci Comandamenti) un'azione è Morale se non è compiuta in «Buona
Fede». Ma che significa agire in «Buona Fede»? Generalmente si risponde:
significa fare ciò che si è intimamente convinti di dover fare.
La «Buona Fede» è appunto questa
convinzione. Se uno è convinto di dover sacrificare la propria vita per il bene
del prossimo, e la sacrifica, costui agisce in «Buona Fede». E anche chi,
convinto di doverlo fare, sacrifica un gran numero di vite umane per salvare un
popolo intero. Chiediamoci: l'uomo Morale, ossia chi è convinto di dover fare ciò
che fa, possiede forse una «Scienza» incontrovertibile, innegabile, necessaria,
immodificabile intorno a ciò che egli deve fare? Se rispondiamo di sì, veniamo
a dire che solo chi possiede questa «Scienza» può essere un uomo Morale. Agli
ignoranti e alla maggior parte degli uomini sarebbe preclusa la possibilità di
essere morali. Ma poi, dove mai potremmo trovare quella «Scienza»? L' uomo Morale,
dunque, una «Scienza» siffatta non la possiede. Egli è sì intimamente convinto
di dover fare ciò che fa, ma questa convinzione è una «Fede», e appunto per questo
non si dice che egli sia in buona Scienza, ma che è in «Buona Fede».
Ma una «Fede», qualsiasi «Fede»,
è una certezza smentibile, che potrebbe rivelarsi falsa, e il cui contenuto
potrebbe non convincere più chi ne era convinto. Si tratta di comprendere che
il dubbio non è altro che la situazione di cui abbiamo appena parlato, quella
cioè dove, nella «Fede», la Coscienza ha dinanzi qualcosa che non si presenta
con i caratteri di una «Scienza» innegabile e assoluta. Ma questo non significa
forse che chi ha «Fede» dubita; e non prima o dopo, ma proprio nell'atto in cui
ha «Fede», e proprio perché ha «Fede»? Non significa dunque che la «Fede», come
pura «Fede» che riesca a liberarsi per un solo momento dal dubbio, non può
esistere? Se questo è la «Fede», che ne è allora della «Buona Fede», senza di
cui non c' è Morale? Dovremo dire che, come ogni fedele (ateo o religioso)
anche chi è in «Buona Fede» dubita. Dubita che quello che egli crede di dover
fare sia proprio quello che egli deve fare. Agisce dunque col dubbio di non
star facendo quello che deve fare. Sacrifica ad esempio la vita altrui col
dubbio di non star facendo quel che egli deve fare. Ma che nome daremo a questa
forma di azione se non quello di «Malafede», sia pure di un tipo particolare ed
implicito?
E allora non dovremo dire
che all'essenza della «Buona Fede» appartiene la «Malafede»? Qui si poteva solo
intravvedere perché ci si è azzardati a dire che la Morale è un «sepolcro
imbiancato»: perché la «Buona Fede» è il
bianco che ricopre il sepolcro della «Malafede». Chi parlava dei «sepolcri imbiancati» guardava verso una Morale sublime. Ma il pensiero non ci spinge ad affermare
che proprio le morali sublimi sono «sepolcri imbiancati»?
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