L’insostenibilità dell’idea di una «Causa Prima», di un fondamento, è il risultato
di ciò che Nietzsche, nella prefazione alla seconda edizione di «Aurora», chiamerà l’«autosoppressione
della Morale» (la disdetta alla Morale per moralità). Proprio il dovere di «Verità» predicato dalla Morale Metafisica e Cristiana, sostiene Nietzsche,
obbliga l’uomo moderno a riconoscere come errori insostenibili i valori morali.
Come «autosoppressione» deve essere
intesa anche la «Morte di Dio» preannunciata in uno degli aforismi della «Gaia Scienza».
Dio è stato ucciso dalla devozione dell’uomo religioso e
dunque, in ultima analisi, la «Morte di Dio» è la conseguenza necessaria della
religiosità. «Che altro sono ancora queste
chiese», domanda l’uomo «Folle» del celeberrimo aforisma, «se non le fosse e i sepolcri di Dio?». Ciò, sia ben inteso, non significa negare
metafisicamente Dio (nell’aforisma non si sostiene che Dio non esiste,
ma che Dio «è Morto»), ma, allo stesso modo in cui smascherare l’errore non
significa proporre una qualche Verità ad esso antagonista, significa semmai
annunciare una nuova «consapevolezza», finalmente libera dai vincoli di
Metafisica e Religione.
Dio «e' Morto»
(Vedi anche pubbl. Marzo 2014). Oggi si tende a ridurre la forza di questa
affermazione di Nietzsche. Si sostiene che Nietzsche non abbia voluto dimostrare o fondare qualcosa come l' inesistenza
di Dio, ma soltanto constatare che «gli uomini non hanno
più bisogno di Dio e non credono più nella sua esistenza». Una Filosofia che, come quella di Nietzsche, nega
ogni «Verità» in sé , non può poi pretendere che l'inesistenza di Dio sia una «Verità»
in sé.
Il «Divenire» del Mondo,
(Vedi Pubbl. Febbr.-Marzo 2014 Tecnica e
Senso Greco della Cosa- Il Divenire)
che nella sua forma più radicale coincide con la «Creatività» dell' uomo, e' l'«Evidenza»
, la «Verità Suprema» e «Indubitabile». Ma si tratta di capire che, se, al di
là del «Divenire», esistesse un «Essere Immutabile» , un «Dio Eterno», una «Verità
Definitiva» , il «Divenire» sarebbe solo un' apparenza, cioè non potrebbe
esistere. Ma il «Divenire» e la «Creatività» umana sono la «Suprema Evidenza»;
dunque non può esistere alcun «Essere Immutabile»; dunque «Dio e' Morto»; e' un
Morto che per millenni e' stato creduto vivo. In “Così parlò Zarathustra”
Nietzsche scrive appunto: «Che cosa mi resterebbe da creare se gli de'i
esistessero?»: la «Creatività» e il «Divenire»
dell'uomo non potrebbero esistere. Dunque non vi sono de'i", conclude
Zarathustra. Questo dunque conclude la Dimostrazione che porta all'affermazione della «Morte
di Dio».
Nietzsche definisce «Nichilismo» quella condizione storica e
spirituale in cui viene alla luce
definitivamente la menzogna della «Morale» e si scopre l’assoluta
arbitrarietà dei valori su cui è fondata la Civiltà Europea. Tale scoperta,
resa possibile dalla superiore civilizzazione dell’uomo moderno, sembra ridurre
l’individuo ad un’esistenza priva di «Senso» e di «Scopo», al «Nulla Eterno»
rappresentato dall’«Eterno Ritorno».
Dio
stesso ha finito per apparire «un’ipotesi troppo estrema», non
più necessaria nelle nuove condizioni di sicurezza garantite dalla civiltà e
dalla razionalizzazione della società.
L’
estremizzazione del «Nichilismo», proprio perché distrugge ogni residua
certezza Metafisica, preannuncia in realtà una nuova felicità per l’uomo capace
di «dire si» ad un simile processo «decostruttivo» (per indicare la critica del procedimento con cui la
Metafisica Occidentale ha definito l’Essere). Questa felicità, continua Nietzsche, coincide con il
riconoscimento che ogni posizione di valore non è che l’espressione della
«Volontà di Potenza» di singoli e gruppi e che la vita stessa, in quanto lotta
di opposte «Volontà di Potenza», è la storia della sopraffazione dei forti sui
deboli. I Valori, la Morale, le stesse Istituzioni non sarebbero perciò altro
che lo stratagemma dei deboli e dei falliti per poter condannare e disprezzare
i forti.
Da questo punto di vista
l’uomo forte sembra essere colui che è dotato di una superiore capacità
interpretativa e la stessa lotta tra opposte «Volontà di Potenza» assume i
tratti di un «conflitto» tra diverse interpretazioni (Esempio Fede e Ragione, vedi pubbl. Marzo 2013)
o, come le definisce altrove Nietzsche, tra diverse «prospettive».
Ciò non significa certo che
tutte le «prospettive» si equivalgono, ma che, per discriminare tra di esse, è
necessario avvalersi di nuovi criteri, estranei ai valori della tradizione
Metafisica. I criteri che Nietzsche indica più costantemente per operare una
tale scelta sono di tipo «fisiologico» (forza/debolezza, salute/malattia) e la
sua stessa condanna del Cristianesimo e del Socialismo nasce proprio da una
preferenza «fisiologica» della salute e della forza sulle istanze deboli e
malate dell’egualitarismo.
Nietzsche,
ritornando ai suoi passati interessi estetici, collega «Arte e Volontà di
Potenza». l’ Arte, a differenza di Metafisica e Morale, ma anche della Scienza,
è l’unica attività umana libera da debolezza e malattia. Altrove, è lo stesso
«Oltreuomo» a trovare il proprio modello nell’Arte e Nietzsche non esita a
paragonare la «Volontà di Potenza» all’impulso Dionisiaco.
L’Arte, come «raffinamento dell’organo», «divinazione», «sensualità
intelligente», si oppone alla negazione nichilista e ascetica del corpo e si
manifesta come testimonianza della «forza accresciuta» ed «espressione di una
volontà vittoriosa». La «Volontà di Potenza» perciò non sarebbe altro che il
Dionisiaco liberato e la dimensione estetica rappresenterebbe perfettamente la
libertà estrema dell’uomo in un mondo privo di fondamenti e di essenze. Con
questo recupero del Dionisiaco quale suggello della trasvalutazione di valori
operata dall’«Oltreuomo» termina la parabola filosofica di Nietzsche.
Non ci si e' mai resi conto,
però, che anche la «Dottrina dell'Eterno Ritorno» di tutte le Cose ha lo stesso intento della «Dottrina della Morte
di Dio»: escludere, in nome dell' «Evidenza»
della «Creatività» dell'uomo e del «Divenire», ogni «Essere Immutabile» che
smentirebbe e ridurrebbe a semplice apparenza tale «Evidenza». Lungi dall'essere
un corpo estraneo nel pensiero di Nietzsche, la «Dottrina dell'Eterno Ritorno» appartiene alla voce che qui sopra abbiamo sentito,
e anzi le aggiunge un timbro di straordinaria «Potenza».
Quando le «Cose» diventano un Passato, si crede che non
siano più modificabili dalla «Volontà» umana e sfuggano al suo «Potere».
Irrevocabile e intoccabile, il Passato, che pur sembrerebbe regno di ombre e di
fuochi fatui, diventa la massa più pesante e opprimente: incombente e
Immutabile come Immutabile e' Dio che incombe sul «Divenire» e sulla «Creatività»
dell'uomo. «Ciò che fu»: così si chiama il «macigno»
che la «Volontà» non può smuovere , dice Zarathustra , quando essa si crede
incapace di Volere a ritroso. Il «macigno»
del «Così fu» grava sulla «Volontà» come il «macigno» di Dio; e' un «Essere Immutabile» come lo e' Dio e rende
impossibile il «Divenire» della «Volontà», come Dio lo rende impossibile. E,
dunque, come e' necessario affermare che Dio «e' Morto», così e' necessario
affermare la morte del «macigno» del «Così
fu», appeso al collo dell'uomo.
La «Dottrina
dell' Eterno Ritorno» ha appunto l' intento di indicare le condizioni
che consentono alla «Volontà» di liberarsi dall'Irrevocabilità e Immutabilità
del Passato. La «Volontà» e' «Creazione». (Questa e' l'Evidenza Suprema). Non
può essere quindi qualcosa che si lasci sfuggire di mano il Passato,
consentendogli di formare un regno intoccabile. Anche il Passato deve cioè
continuare ad essere qualcosa di voluto. Non solo per un certo tempo, e poi non
più ; ma in «Eterno». Ma la «Volontà» non può nemmeno chiudersi in «Eterno»
nell'atto che vuole una certa cosa particolare, non può diventare essa stessa
un «macigno Immutabile»: e' necessario che voglia anche altro, dopo ciò che
essa dapprima ha voluto: dopo la veglia, il sonno, il cibo, l' amore e il
dolore che si deve patire per ottenere ciò che si vuole.
Si può dunque continuare eternamente a volere quel che
dapprima si e' voluto, e, insieme, a volere altro ancora, solo se quel voluto
(e ogni voluto) «Ritorna Eternamente», solo se infinite volte lo si rivuole
così come era stato voluto. Se la «Volontà» non volesse eternamente questo
anello dell'«Eternità» , e non fosse essa stessa questo anello, il passato le
si ergerebbe contro come quel Dio Eterno che rende impossibile la «Volontà» e
il «Divenire del Mondo».
Tanto poco,
dunque, la «Dottrina della Morte di Dio» e' la semplice constatazione che la gente
non crede più in Dio, quanto poco ha «Senso» ritenere che la «Dottrina dell'Eterno
Ritorno» sia la semplice constatazione che la gente non crede più nell'Immutabilità
e Irrevocabilità del Passato.
Queste due dottrine sono invece
appoggiate sul Fondamento ultimo del «Pensiero Occidentale»: la «Fede nel Divenire».
A differenza di quanto molti dei suoi stessi esponenti ritengono, il pensiero
contemporaneo non e' uno «scetticismo ingenuo» che nega indiscriminatamente
ogni «Verità» e quindi, per essere coerente, debba avere l' accorgimento di non
presentare se stesso come «Verità» , e quindi debba evitare di intendere come
qualcosa di fondato e di dimostrato la «Dottrina della Morte di Dio e dell'Eterno
Ritorno».
Chi non crede più di essere impotente verso il Passato e' l'uomo
che ha oltrepassato l'uomo: «IL Super Uomo», perché sa che il «Divenire» e la «Creatività»
del volere sono il Fondamento, la «Verità» originaria che esclude quella
impotenza così come esclude ogni impotenza nei confronti di Dio.
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