lunedì 21 ottobre 2013

L' IMPRENDITORE


Lo Stato e' un' azienda. Chi e' capace di risanare e rafforzare una grande azienda sa anche guidare lo Stato. Anzi, e' il solo veramente capace di guidarlo. Un discorso, questo, che acquista credito nel mondo industrializzato. Anche in Italia. Alla sua base si trova l' immagine tradizionale dell' Imprenditore, che per energia, abilità , scaltrezza, spirito di iniziativa, prontezza di riflessi e sangue freddo e' capace di quello che la maggior parte delle persone non e' in grado di fare.
Un' immagine tradizionale, di cui già agli inizi degli anni Quaranta un economista come Joseph A. Schumpeter intravvedeva l' eclissi; ma che negli ultimi decenni si e' rifatta viva , anche perché nell' onnipotente messaggio televisivo la personalità dell' Uomo Politico ha ormai un peso determinante e quella dell' Imprenditore di successo e' ancora tra le più idonee a colpire l' immaginazione della gente.
L' uomo forte di cui oggi si parla e' per molti versi l' imprenditore capace, che decide di utilizzare la propria esperienza per risolvere i problemi dello Stato. L' Imprenditore mette a rischio il proprio capitale. Se non rischia, fa dell' ordinaria amministrazione, non esce da una routine che per la sua prevedibilità e calcolabilità e' praticabile da gran parte della concorrenza e non da' Profitto. Il Profitto cresce dove cresce il rischio. Rischio, azzardo, scommessa, avventura formano il terreno in cui si muove l' iniziativa imprenditoriale. Un Imprenditore che non rischia e' fallito in partenza. E dunque e' capace solo se insieme ai requisiti summenzionati ha anche quello di essere fortunato.
D' altra parte, se l' intrapresa e' liberata dal rischio (e dalla connessa fortuna e sfortuna) ed e' resa totalmente calcolabile e prevedibile, l' azienda si trasforma in un laboratorio scientifico, cioè in un' organizzazione della routine che rende superflua la presenza dell' Imprenditore: la razionalità scientifica non controlla più soltanto le tecniche utilizzate per la produzione del Profitto, ma finisce con il controllare anche il volume di decisioni in cui si esprime la personalità dell' Imprenditore e da cui dipendono le sorti dell' azienda. La presenza dell' Imprenditore richiede che l' intrapresa economica non divenga un calcolo scientifico accessibile a tutti in linea di principio e quindi tale da dissolvere ogni opportunità di investimento. Ma se l' intrapresa capitalistica e' costretta a muoversi nell' elemento del rischio, che cosa accade quando si concepisce lo Stato come un' azienda e la si mette nelle mani dell' Imprenditore?
Se questa operazione e' compiuta per davvero e non e' uno slogan elettorale, e' inevitabile che si dia vita a uno Stato a rischio, come e' sempre a rischio anche l' azienda che vada mietendo i più lusinghieri successi. O l' azienda si ferma, oppure e' sempre messa a repentaglio. E il successo sarà tanto maggiore quanto più la si sarà messa in pericolo. L' azzardo economico e' consentito perché l' Imprenditore, quando e' corretto, mette a repentaglio la propria ricchezza e se stesso. Ma se l' azienda e' lo Stato, il capitale messo a repentaglio e' la ricchezza di tutti i cittadini. Essi sono costretti a rischiare il proprio capitale e devono augurarsi che l' Imprenditore alla guida dello Stato continui ad avere fortuna. Possono vincere molto, ma possono anche perdere tutto.
Sembra che lo Stato moderno abbia il compito di evitare questi due casi estremi praticando una via mediana, che lasci peraltro aperta la possibilità di quei casi nell' ambito dell' iniziativa privata. Lo Stato e' la dimensione pubblica che non può mettere a repentaglio la sicurezza dei cittadini e che dunque non può essere un' azienda privata, la quale si muove per essenza nell' ambito del rischio. Certo, in democrazia i cittadini sono liberi di scegliersi uno Stato azienda e uno Stato a rischio, sperando nella fortuna di chi lo guida e loro. Sembra inoltre che il modello da noi considerato sia molto astratto, perché l' Imprenditore capace alla guida dello Stato sarà circondato da un team di tecnici e di scienziati con il compito di ridurre il più possibile l' aleatorietà delle decisioni, i rischi dell' azienda statale e la connessa possibilità di esiti sfortunati.
Tuttavia rimane vero che una maggioranza che voglia uno Stato a rischio impone il rischio alla minoranza, la costringe all' azzardo in modo affine a quello con cui in uno Stato democratico la maggioranza decide, attraverso gli organi di governo, di entrare in guerra. Tutto questo può essere lecito, ma non può essere nascosto, cioè va detto come va detto che uno Stato azienda e' uno Stato a rischio. Si tratta poi di vedere se il team di tecnici scienziati che assiste l' Imprenditore alla guida dello Stato gli lascia o no spazio. Se sì , la guida dello Stato viene affidata da ultimo a chi opera in condizioni di rischio sperando nella fortuna. Se no, lo Stato si trasforma in un apparato tecnologico che si propone metodicamente l' eliminazione del rischio e della fortuna dall' amministrazione della cosa pubblica. Cioè si propone di non essere un' azienda.

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