Lo Stato e' un' azienda. Chi e'
capace di risanare e rafforzare una grande azienda sa anche guidare lo Stato.
Anzi, e' il solo veramente capace di guidarlo. Un discorso, questo, che
acquista credito nel mondo industrializzato. Anche in Italia. Alla sua base si
trova l' immagine tradizionale dell' Imprenditore, che per energia, abilità ,
scaltrezza, spirito di iniziativa, prontezza di riflessi e sangue freddo e'
capace di quello che la maggior parte delle persone non e' in grado di fare.
Un' immagine tradizionale, di cui già agli inizi degli anni Quaranta un
economista come Joseph A. Schumpeter intravvedeva l' eclissi; ma che negli ultimi
decenni si e' rifatta viva , anche perché nell' onnipotente messaggio televisivo
la personalità dell' Uomo Politico ha ormai un peso determinante e quella dell'
Imprenditore di successo e' ancora tra le più idonee a colpire l' immaginazione
della gente.
L' uomo forte di cui oggi si parla e' per molti versi l'
imprenditore capace, che decide di utilizzare la propria esperienza per
risolvere i problemi dello Stato. L' Imprenditore mette a rischio il proprio
capitale. Se non rischia, fa dell' ordinaria amministrazione, non esce da una
routine che per la sua prevedibilità e calcolabilità e' praticabile da gran parte
della concorrenza e non da' Profitto. Il Profitto cresce dove cresce il
rischio. Rischio, azzardo, scommessa, avventura formano il terreno in cui si
muove l' iniziativa imprenditoriale. Un Imprenditore che non rischia e' fallito
in partenza. E dunque e' capace solo se insieme ai requisiti summenzionati ha
anche quello di essere fortunato.
D' altra parte, se l' intrapresa e' liberata
dal rischio (e dalla connessa fortuna e sfortuna) ed e' resa totalmente
calcolabile e prevedibile, l' azienda si trasforma in un laboratorio
scientifico, cioè in un' organizzazione della routine che rende superflua la
presenza dell' Imprenditore: la razionalità scientifica non controlla più
soltanto le tecniche utilizzate per la produzione del Profitto, ma finisce con
il controllare anche il volume di decisioni in cui si esprime la personalità
dell' Imprenditore e da cui dipendono le sorti dell' azienda. La presenza dell'
Imprenditore richiede che l' intrapresa economica non divenga un calcolo
scientifico accessibile a tutti in linea di principio e quindi tale da
dissolvere ogni opportunità di investimento. Ma se l' intrapresa capitalistica
e' costretta a muoversi nell' elemento del rischio, che cosa accade quando si
concepisce lo Stato come un' azienda e la si mette nelle mani dell' Imprenditore?
Se questa operazione e' compiuta per davvero e non e' uno slogan elettorale, e'
inevitabile che si dia vita a uno Stato a rischio, come e' sempre a rischio
anche l' azienda che vada mietendo i più lusinghieri successi. O l' azienda si
ferma, oppure e' sempre messa a repentaglio. E il successo sarà tanto maggiore
quanto più la si sarà messa in pericolo. L' azzardo economico e' consentito
perché l' Imprenditore, quando e' corretto, mette a repentaglio la propria
ricchezza e se stesso. Ma se l' azienda e' lo Stato, il capitale messo a
repentaglio e' la ricchezza di tutti i cittadini. Essi sono costretti a
rischiare il proprio capitale e devono augurarsi che l' Imprenditore alla guida
dello Stato continui ad avere fortuna. Possono vincere molto, ma possono anche
perdere tutto.
Sembra che lo Stato moderno abbia il compito di evitare questi
due casi estremi praticando una via mediana, che lasci peraltro aperta la
possibilità di quei casi nell' ambito dell' iniziativa privata. Lo Stato e' la
dimensione pubblica che non può mettere a repentaglio la sicurezza dei
cittadini e che dunque non può essere un' azienda privata, la quale si muove
per essenza nell' ambito del rischio. Certo, in democrazia i cittadini sono
liberi di scegliersi uno Stato azienda e uno Stato a rischio, sperando nella
fortuna di chi lo guida e loro. Sembra inoltre che il modello da noi
considerato sia molto astratto, perché l' Imprenditore capace alla guida dello
Stato sarà circondato da un team di tecnici e di scienziati con il compito di
ridurre il più possibile l' aleatorietà delle decisioni, i rischi dell' azienda
statale e la connessa possibilità di esiti sfortunati.
Tuttavia rimane vero che
una maggioranza che voglia uno Stato a rischio impone il rischio alla
minoranza, la costringe all' azzardo in modo affine a quello con cui in uno
Stato democratico la maggioranza decide, attraverso gli organi di governo, di
entrare in guerra. Tutto questo può essere lecito, ma non può essere nascosto,
cioè va detto come va detto che uno Stato azienda e' uno Stato a rischio. Si
tratta poi di vedere se il team di tecnici scienziati che assiste l' Imprenditore
alla guida dello Stato gli lascia o no spazio. Se sì , la guida dello Stato
viene affidata da ultimo a chi opera in condizioni di rischio sperando nella
fortuna. Se no, lo Stato si trasforma in un apparato tecnologico che si propone
metodicamente l' eliminazione del rischio e della fortuna dall' amministrazione
della cosa pubblica. Cioè si propone di non essere un' azienda.
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