Contadino come il profeta Amos, ma contemporaneo e forse discepolo di
Isaia, Michea (“chi è come il
Signore?”) visse e operò nell’VIII secolo a.C. nel regno meridionale di
Giuda, ove era nato (nel villaggio di Moreset-Gat, a 35 chilometri a sud-ovest
di Gerusalemme). Michea è citato da Geremia (26,17-18), ma a sua volta nel
capitolo 4 cita il canto di Sion che Isaia ha composto nel capitolo 2 del suo
libro di oracoli. È lo stupendo inno alla pace e alla salvezza dei tempi
messianici.
La prima parte del suo libretto (capitoli 1-3) è un vigoroso messaggio di denuncia nei confronti dei
politici di Giuda, dei profeti di professione e dei sacerdoti infedeli,
responsabili di ingiustizie sociali vergognose. Si passa, poi, a una raccolta
di oracoli protesi verso il futuro con la speranza di una nazione nuova e
santa, guidata da un nuovo Davide. È qui che appare quell’annunzio (5,1) che
Matteo citerà così nel racconto dei Magi: «E
tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei davvero il più piccolo capoluogo di
Giuda: da te infatti uscirà un capo che pascerà il mio popolo, Israele»
(2,6). L’orizzonte tratteggiato dal profeta aveva, infatti, chiari connotati
messianici. Questa è la seconda parte del libro di Michea (capitolo 4-5).
La terza parte
(capitoli 6-7) inizia con un appassionato dialogo tra Dio e Israele infedele.
Il dialogo si trasforma in una requisitoria processuale in cui si contesta al
popolo una religiosità puramente rituale, non alimentata dalla vita e dalla
giustizia, nello spirito di un messaggio che i profeti hanno spesso ripetuto
(6,6-8). Michea non esita a condannare le infedeltà e i peccati del popolo, ma
l’ultima parola è riservata alla speranza e al perdono. Israele si convertirà e
Dio avrà ancora pietà del suo popolo e metterà sotto i piedi i suoi peccati
eliminandoli (7,19).
Predicatore saldo e non privo di immediatezza, dovuta
alla concretezza di uomo dei campi, Michea ripropone le caratteristiche della
profezia delle origini, che nell’VIII secolo a.C. aveva visto
emergere le figure di Amos, Osea e Isaia. Come si è detto, la sua fortuna
continuerà anche attraverso la rilettura cristiana.
Nota Finale
Il libro di Michea, profeta che svolge la sua missione
nel regno meridionale di Giuda (VIII secolo a.C.), comprende
numerosi oracoli brevi, pronunciati in tempi diversi e raccolti in seguito in
una cornice unitaria. Michea si scaglia contro il culto esteriore e lo
sfruttamento dei poveri, annunciando la punizione divina su Samaria e
Gerusalemme, ma profetizza anche la restaurazione del regno davidico e la
gloria futura del popolo ebraico. Celebre è l’annunzio dell’avvento di un
sovrano messianico il quale nascerà a Betlemme, la patria di Davide, e «sarà
grande fino agli estremi confini della terra». Questo testo è citato da Matteo
come annunzio della nascita di Gesù. L’ultima parte del libro contiene il
nucleo della predicazione profetica di Michea sul vero culto e sulla vera
religione, che si riassume in queste parole: «Praticare la giustizia, amare la
pietà, camminare umilmente con il tuo Dio».
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