Nato nel villaggio ignoto di Elcos, che san Girolamo collocava in Galilea, Naum (o Nahum) ci
offre un libretto profetico centrato sull’evento della distruzione della
capitale assira Ninive, caduta nel 612 a.C. sotto i colpi del re dei Medi,
Ciassare, e di Nabopolassar, il fondatore della dinastia neo-babilonese. Si ha,
quindi, la possibilità di riferire l’opera del profeta Naum (il cui nome
significa “consolazione”) al tempo del re di Giuda Giosia e della sua riforma
religiosa (2Re 22), che sembra essere evocata in un paragrafo di questo breve
scritto profetico (1,9-2,2).
Dicevamo, però, che il centro
della predicazione di questo profeta, vissuto nella seconda metà del VII secolo a.C., è costituito da un canto dedicato alla rovina della grande
avversaria di Israele, l’Assiria (2,3-3,19). Si tratta di una lamentazione
sarcastica in cui, fingendo il lutto per quella fine, si ironizza e si esprime
la gioia per l’opera di giustizia compiuta dal Signore contro un oppressore
così duro e crudele. La caduta di Ninive diventa il simbolo della grande
vittoria che Dio riporta sul male e dalla speranza in un futuro diverso per le
vittime.
Il poema contro Ninive è di un’intensa forza poetica ed è articolato in una serie di quadri che
dipingono le vicende quasi in presa diretta ed evocano anche un evento
precedente, la distruzione di Tebe, la capitale egiziana sconfitta nel 663 a.C.
dall’assiro Assurbanipal (3,8-10), il cui destino ricade ora sul vincitore di
allora. Si noti anche che il libretto di Naum è preceduto da un salmo
alfabetico incompleto (1,2-8), i cui versetti sono aperti da parole che iniziano
con le lettere dell’alfabeto ebraico in successione, dall’ “Alef” alla “Kaf”
(esclusa la lettera “Dalet”).
Le parole severe del
giudizio divino si accompagnano alle
promesse di una sicura salvezza: Il Signore, che regge il cosmo e la storia, si
schiera dalla parte degli oppressi e assicura loro la liberazione e la
possibilità di ritornare a essere in festa (2,1), mentre sugli oppressori cala
il silenzio della morte (3,18).
Nota Finale
La predicazione di Naum, nato in un piccolo villaggio della Galilea,
Elcos, si svolge alcuni anni prima della caduta di Ninive, conquistata dai
Babilonesi nel 612 a.C. Per secoli l’Assiria (paragonata nel testo a una tana
di leoni), ha devastato e dominato le altre nazioni del Medio Oriente, ma ora,
afferma il profeta in uno stile vibrante e appassionato, la collera del Signore
si abbatterà sul suo orgoglioso impero: nessun potere umano può usurpare
indefinitamente il dominio di Dio sull’universo. L’autore, che è lontano dallo
spirito universalistico di Giona e da quello del Nuovo Testamento, esprime con
rara efficacia il tema della giustizia vendicativa di Dio. Il canto del
giudizio divino su Ninive è di una tale potenza evocatrice e finezza letteraria
da essere considerato uno dei capolavori della poesia ebraica.
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