Questa raffinata storia, che ha per protagonista un profeta, Giona (“colomba”), evocato nel secondo
libro dei Re (14,25) al tempo di Geroboamo II, sovrano di Samaria dell’VIII
secolo a.C., è in realtà un racconto esemplare più che un vero e proprio testo
profetico. Esso vuole sostenere in modo molto vivace l’apertura universalistica
che si stava introducendo in alcuni ambiti del giudaismo dopo l’esperienza dell’esilio
babilonese e della diaspora di Israele in altre nazioni.
Se, da un lato, non mancavano correnti particolaristiche e inclini alla chiusura (si pensi all’opera
di Esdra e Neemia) – e lo stesso profeta Giona ne è una testimonianza – dall’altro,
si sentiva l’urgenza di un impegno missionario. La trama del racconto è,
infatti, retta da un viaggio che il profeta doveva compiere a Ninive , la
capitale dell’Assiria, un antico simbolo di oppressione per Israele. Un viaggio
per invitare alla conversione: Giona, per nulla convinto di tale scelta e
quindi renitente alla chiamata divina, aveva deciso invece di dirigersi all’estremo
opposto (la città di Tarsis – di non certa identificazione – ne è il simbolo),
imbarcandosi su una nave che solcasse il Mare Mediterraneo e proseguisse per l’occidente.
Il narratore di questo breve e vivace racconto ha il gusto dell’ironia nei confronti
di un profeta così gretto, e non rifiuta il ricorso al fiabesco (il pesce
mostruoso che ingoia Giona e lo rigetta, un simbolo che sarà ripreso da Gesù
per indicare la sua morte e risurrezione), cita nel capitolo 2 un salmo di supplica,
adatto ad esprimere i sentimenti del profeta chiuso nel grembo del mostro e del
mare, e usa nel capitolo 4 una bella parabola in azione (il ricino, il verme e
il vento).
Ma tutto il libretto è orientato a quella domanda finale
che esige una risposta da parte del profeta, del lettore e di tutto Israele: Il
Signore non deve aver compassione di tutte le sue creature viventi e offrire la
possibilità del riscatto dal loro male così da ottenere la salvezza? Il libro
esalta, quindi, l’amore universale di Dio e la sua volontà di liberazione e di
gioia per tutti gli uomini.
Nota Finale
Diversamente dagli altri scritti profetici, che si snodano attraverso
l’esposizione solenne di una serie di oracoli, il libro di Giona si presenta
come un racconto esemplare dai colori vivaci, che descrive la riluttanza del
profeta ad accettare la missione affidatagli dal Signore di andare a predicare
a Ninive, la capitale dell’Assiria, e il suo sgomento di fronte al desiderio di
Dio di voler convertire e perdonare la grande città, emblema dei nemici
tradizionali del popolo ebraico.
Lo scopo del libro è
quello di dimostrare che l’amore misericordioso di Dio è universale e che il
messaggio salvifico deve varcare i ristretti confini della nazione ebraica.
L’opera è stata quasi certamente redatta in
epoca post-esilica (V-III secolo a.C.), anche se
il profeta Giona è vissuto alcuni secoli prima. Nei vangeli, Gesù parla più
volte del “segno di Giona”, riferendosi all’episodio in cui Giona è inghiottito
e liberato dal mostro marino, che in Matteo è interpretato come una profezia
simbolica della morte e risurrezione del Cristo.
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