Profeta dal nome simile a un programma (“JHWH è Dio”), Gioele non offre nel
suo breve libro indicazioni biografiche dirette: Linguaggio e temi lo fanno collocare
in epoca tarda, dal V al IV secolo a.C. La sua opera
è sostanzialmente affidata a due grandi scene. Nella prima (capitoli 1-2) si ha
una vivace rappresentazione di due piaghe endemiche dell’agricoltura orientale,
la siccità e l’invasione delle cavallette. Le torme di questi insetti, che con
i loro sciami oscurano il cielo e trasformano in deserto i campi coltivati,
portando ovunque carestia e desolazione, diventano il simbolo di un’invasione
militare che tutto annienta.
L’immagine che in pratica vale
anche per la nostra lingua, che accosta le “cavallette” ai “cavalli” e alla “cavalleria”,
è un segno del pericolo da parte di un nemico e del relativo giudizio che Dio
sta operando nei confronti del suo popolo. Dopo la descrizione di una solenne
liturgia penitenziale, per ottenere la liberazione divina da questo flagello,
si passa alla seconda scena (capitoli 3-4), di taglio apocalittico. L’avvio del
capitolo 3 è stato, tra l’altro, citato da Pietro nel suo discorso di Pentecoste
(Atti degli Apostoli 2, vv.17-21).
Nell’era perfetta della salvezza, quando si apriranno gli ultimi giorni, lo Spirito del
Signore non sarà più effuso solo sui profeti, sui capi, sui re, sul Messia, ma
sull’intero popolo di Dio, dai giovani agli anziani, dagli uomini alle donne,
dai liberi agli schiavi. Ma sugli “empi” si abbatterà la tempesta della collera
divina, che inaugurerà il suo giudizio nella Valle della decisione o Valle di
Giosafat, situata a oriente dell’antica area del tempio e della città di Gerusalemme.
La parola “Giosafat” in ebraico significa “il
Signore giudica”: esprime, perciò, simbolicamente l’evento finale della storia,
descritto dal profeta con colori accesi, che saranno ripresi in seguito dall’arte
e dalla letteratura. L’identificazione della Valle di Giosafat con quella
orientale di Gerusalemme (la valle del Cedron) è avvenuta nel IV secolo d.C. e ha fatto sì che essa si popolasse di migliaia di sepolcri
di fedeli ebrei, che hanno voluto attendere là il giudizio finale divino.
Nota Finale
Quando un immenso sciame
di cavallette, piaga endemica
dell’agricoltura orientale, invade le campagne di Giuda, il profeta Gioele
interpreta l’evento come un annuncio del giorno del giudizio finale, e il
devastante esercito di insetti diventa una potente immagine dell’esercito di
Dio. Il pressante invito del profeta al pentimento, espresso in un linguaggio
apocalittico, è seguito da una grandiosa visione del futuro, quando il Signore
compenserà il suo popolo per tutto ciò che ha sofferto, annienterà i suoi
nemici e costituirà il nuovo mondo.
Di Gioele non sappiamo quasi nulla e il suo
libro viene attribuito da molti studiosi al periodo post-esilico, attorno agli
anni 400-350 a.C. Il famoso passo che profetizza l’effondersi dello spirito divino
su ogni uomo è citato da Pietro negli Atti degli Apostoli come presagio del
dono dello Spirito Santo durante la festa di Pentecoste.
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