Questo profeta – il cui nome rimanda in ebraico alla “salvezza” offerta dal
Signore – apre la serie dei cosiddetti “profeti minori”. In realtà, la sua è
una testimonianza di alto profilo e si basa su un’esperienza personale che
viene assunta a simbolo religioso per tutto il popolo ebraico. Vissuto nella
seconda metà dell’VIII secolo a.C. nel regno settentrionale
di Israele, Osea aveva sposato una donna, Gomer, figlia di Diblain (1,3), la
quale era una prostituta (forse una sacerdotessa dei culti degli indigeni
cananei, culti della fertilità a sfondo sessuale).
I primi tre capitoli del libro sviluppano in modo molto intenso questa storia personale. Tuttavia il
profeta la trasfigura facendola diventare una parabola dell’intera vicenda del
popolo di Israele: di fronte all’amore fedele da parte del Signore la “sposa”
Israele aveva risposto con l’infedeltà dell’idolatria cananea, bollata appunto
come prostituzione e adulterio.
Osea operava in questo modo una
svolta: la raffigurazione dell’alleanza tra JHWH e Israele non era più
modellata, come al Sinai, sulla base di un rapporto tra un re e un suo
vassallo, un rapporto “politico” tra due personaggi. Era, invece, rappresentata
come una relazione d’amore tra due persone, con aspetti di intimità, di comunione,
di spontaneità. Questo tema nuziale verrà ripreso dai profeti successivi in
forme diverse e costituirà un simbolo significativo anche per il Nuovo
Testamento. Tra l’altro, nel capitolo 11 lo stesso Osea assumerà un’altra
immagine, quella paterna (o materna) per definire il rapporto tra Dio e l’uomo.
Il resto del libro (capitoli 4-14) sembra essere una
raccolta eterogenea di oracoli, in cui predomina il giudizio divino nei
confronti del popolo idolatra e infedele. Il profeta ripete anche il tipico annunzio
del culto unito alla vita e alla giustizia: «Io voglio l’amore, non i
sacrifici» (6,6), dirà, e Gesù raccoglierà questo appello divino (Matteo 9,13;
12,7). Tuttavia il giudizio si apre alla speranza: se Israele si pente e si
converte, Dio risponderà con la sua grazia e il suo amore e la gioia inonderà
tutta la terra (capitolo 14). Nell’interno del libro di Osea non mancano
allusioni o riferimenti alla vita politica del regno ebraico di Samaria
nell’VIII secolo a.C.
Nota Finale
Osea, profeta dell’VIII sec. a.C., che svolge la sua missione nel regno settentrionale di
Israele, vede la sua dolorosa vicenda coniugale con la moglie fedifraga Gomer
come la parabola dell’amore costante e appassionato di Dio per l’infedele
nazione d’Israele. Preoccupato per l’idolatria diffusa tra il popolo e per le
ingiustizie subite dai poveri, Osea lancia la sua protesta contro le
innumerevoli infedeltà di Israele, su cui incombe il castigo divino. Il libro
si chiude tuttavia con la promessa che Israele rivivrà, perché l’amore di Dio,
che il profeta descrive anche con immagini paterne, non potrà mai spegnersi.
Come l’altro profeta a lui contemporaneo, Amos, Osea è particolarmente attento
al tema della «giustizia» ed è il primo scrittore biblico a descrivere la
relazione tra Dio e il suo popolo in termini nuziali: questo simbolismo verrà
trasferito nel Nuovo Testamento con l’immagine della Chiesa sposa di Cristo.
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