sabato 21 luglio 2018

LAMENTAZIONI



Attribuite dalla tradizione al profeta Geremia, care alla liturgia giudaica e cristiana (Settimana Santa), le Lamentazioni – dagli Ebrei chiamate con la loro prima parola, «ekah», “come?” – sono in realtà cinque composizioni non del tutto omogenee, ma di forte emozione e di alta qualità poetica. Esse suppongono la rovina di Gerusalemme, cantata in modo lacerante. Stilisticamente le prime quattro sono “acrostici alfabetici”, cioè i singoli versetti cominciano con una parola che inizia con le lettere dell’alfabeto ebraico in successione. Si tratta di una tecnica letteraria che abbiamo già incontrato nei Salmi (25; 34; 37; 111; 112; 119).

La prima lamentazione (capitolo 1) è una commossa rappresentazione della desolazione della città santa, scandita da un ritornello ripetuto cinque volte: «Nessuno la consola». La seconda lamentazione (capitolo 2) si svolge attorno all’amara scoperta del Signore come nemico del suo popolo. La terza lamentazione (capitolo 3) non è nazionale e comunitaria, ma personale, e assomiglia a un Salmo di supplica con un appello alla fede e alla conversione per essere liberati. La quarta lamentazione (capitolo 4) è, invece, ancora nazionale ed è dominata dal racconto dell’assedio e della caduta di Gerusalemme, fatto da un sopravvissuto.

La quinta e ultima lamentazione (capitolo 5) non è “alfabetica”, ma si compone di 22 versetti, tanti quante sono le lettere dell’alfabeto ebraico. La versione latina della Bibbia l’ha intitolata “Preghiera di Geremia”. Si tratta, però, di una supplica comunitaria rivolta a Dio in occasione di una non meglio specificata calamità nazionale. Forte è il senso del peccato che dai padri si ripercuote nei figli.

Questo tema della colpa comunitaria pervade tutte le Lamentazioni. Siamo in presenza di quella “tesi della retribuzione”, esaltata dal libro dei Proverbi e dagli amici di Giobbe: al delitto di Israele corrisponde il castigo, verificabile nella distruzione di Gerusalemme e nell’esilio. Ma, se scatta la conversione, si avrà la grande svolta: al pentimento subentrerà – sempre per la stessa tesi della retribuzione – la ricompensa divina della liberazione di Israele. È ciò che canterà il Secondo Isaia, il profeta del ritorno dall’esilio di Babilonia (Isaia 40-55).

Nota Finale

Il libro delle Lamentazioni è una raccolta di cinque lamenti, alcuni collettivi, altri individuali, sulla distruzione di Gerusalemme nel 586 a.C. e sui patimenti inflitti agli Ebrei dai conquistatori babilonesi. Tema comune è la sofferenza del popolo, il suo apparente abbandono da parte di Dio causato dal peccato, e la speranza che egli restituirà la nazione ebraica, umiliata e pentita, al suo antico splendore.

Il nome dell’autore è sconosciuto; la tradizione attribuisce il libro a Geremia, ma esso differisce per molti aspetti dalle opere accertate del profeta. La stesura delle Lamentazioni può essere datata intorno al 538 a.C., quando viene concesso agli Ebrei di tornare dall’esilio di Babilonia. In questo breve libro si trovano pagine di alto tenore poetico e di grande intensità umana: sembrano quasi dei testi da pronunziare davanti alle rovine del tempio di Gerusalemme in attesa della sua ricostruzione, che sarà compiuta a partire dal 520 a.C. dai rimpatriati da Babilonia.



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