Solo la lettura diretta del testo potrà rendere conto di questo grande
scritto profetico che apre la sezione della Bibbia nota come i “Profeti”. Isaia
(il cui nome assomiglia per significato a quello di Gesù, “il Signore salva”) è
considerato «il Dante della poesia biblica», e da san Girolamo è stato definito
«il primo degli evangelisti». Nella sua opera, però, confluiscono gli scritti
di almeno altri due profeti di molto posteriori a lui. Egli, infatti, come si
vedrà nelle testimonianze del testo, è vissuto sotto i re Acaz ed Ezechia,
nella seconda metà dell’VIII secolo a.C.
A lui, alla sua presenza sulla
ribalta della storia tormentata di quel periodo, si può ricondurre la maggior
parte dei capitoli 1-39 del libro che porta il suo nome (si devono, però,
escludere i capitoli 24-27 e 34-39, come spiegheremo). Dal capitolo 40 al 55
entra in scena un profeta anonimo dallo stile diverso e originale,
convenzionalmente chiamato dagli studiosi “Secondo Isaia” (o anche
Deutero-Isaia). Egli vive negli anni successivi al 538 a.C., quando il re
persiano Ciro, vinti i Babilonesi, aveva permesso agli Ebrei esuli di ritornare
nella terra dei padri, abbandonata nel 586 a.C., al momento della distruzione
di Gerusalemme.
Il compito di questo profeta è appunto quello di stimolare il ritorno a Sion e di cantarlo come un
evento glorioso voluto da Dio. Nella sua opera appare anche la figura del
“Servo di JHWH” (o Servo del Signore), celebrata in quattro canti e letta poi
in chiave messianica soprattutto dal cristianesimo (capitoli 42; 49; 50; 53).
Gli ultimi capitoli del libro di Isaia (56-66), piuttosto vari ma segnati da
pagine interessanti (56; 60; 61), sono attribuiti a un altro profeta (o più
profeti) anonimo, che gli studiosi chiamano “Terzo Isaia” (o Trito-Isaia), vissuto
durante la ricostruzione del Tempio di Gerusalemme e negli anni successivi (dal
520 a.C. in avanti).
Particolarmente caro alla
tradizione cristiana, che
ha considerato Isaia come un cardine nella speranza messianica (si pensi al
“Libro dell’Emmanuele” dei capitoli 7-12 o ai citati canti del Servo di JHWH),
Il testo di Isaia è stato rinvenuto in un’importante copia del I secolo a.C. su pergamena tra i manoscritti scoperti nel 1947 nelle grotte
di Qumran, presso il Mar Morto, frutto dell’attività di una comunità giudaica
vissuta in quel periodo, alle soglie del cristianesimo e oltre (il “monastero”
di Qumran verrà distrutto dai Romani nel 72 d.C.
Nota Finale
Isaia riceve la vocazione profetica intorno al 740 a.C., perciò vive durante il drammatico
periodo in cui il regno settentrionale di Israele viene conquistato dagli
Assiri, ai quali il regno meridionale di Giuda, minacciato della stessa sorte,
versa già un pesante tributo. Questi avvenimenti storici, e altri sotto forma
di profezie, sono presenti nel libro di Isaia, interpretati però in chiave
teologica. Nella prima parte del libro si ammoniscono i peccatori di Giuda e di
Israele, predicendo che Dio punirà la loro infedeltà per mano degli Assiri, ma
si profetizza anche l’avvento del regno glorioso del principe della pace,
l’Emmanuele, una figura dai contorni messianici. Le altre due parti del libro,
chiamate il “Secondo Isaia” e il “Terzo Isaia”, sono un’aggiunta posteriore. In
esse si esalta la misericordia di Dio, che perdonerà le colpe di Giuda e di
Israele. Si preannuncia, così, il ritorno degli esuli da Babilonia in seguito all’editto
emanato da Ciro il Grande nel 538 a.C.
L’importante ruolo svolto
da Isaia nelle vicende del suo
paese ne fa un eroe nazionale, ma il profeta è anche un poeta geniale, la cui
opera occupa un posto preminente nella letteratura biblica per lo splendore
dello stile e la freschezza delle immagini. Alcune pagine come il cantico di Sion,
il carme della vigna, gli inni messianici in onore dell’Emmanuele e gli oracoli
contro le grandi potenze sono dei veri e propri capolavori letterari e
teologici.
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