sabato 7 luglio 2018

ISAIA



Solo la lettura diretta del testo potrà rendere conto di questo grande scritto profetico che apre la sezione della Bibbia nota come i “Profeti”. Isaia (il cui nome assomiglia per significato a quello di Gesù, “il Signore salva”) è considerato «il Dante della poesia biblica», e da san Girolamo è stato definito «il primo degli evangelisti». Nella sua opera, però, confluiscono gli scritti di almeno altri due profeti di molto posteriori a lui. Egli, infatti, come si vedrà nelle testimonianze del testo, è vissuto sotto i re Acaz ed Ezechia, nella seconda metà dell’VIII secolo a.C.

A lui, alla sua presenza sulla ribalta della storia tormentata di quel periodo, si può ricondurre la maggior parte dei capitoli 1-39 del libro che porta il suo nome (si devono, però, escludere i capitoli 24-27 e 34-39, come spiegheremo). Dal capitolo 40 al 55 entra in scena un profeta anonimo dallo stile diverso e originale, convenzionalmente chiamato dagli studiosi “Secondo Isaia” (o anche Deutero-Isaia). Egli vive negli anni successivi al 538 a.C., quando il re persiano Ciro, vinti i Babilonesi, aveva permesso agli Ebrei esuli di ritornare nella terra dei padri, abbandonata nel 586 a.C., al momento della distruzione di Gerusalemme.

Il compito di questo profeta è appunto quello di stimolare il ritorno a Sion e di cantarlo come un evento glorioso voluto da Dio. Nella sua opera appare anche la figura del “Servo di JHWH” (o Servo del Signore), celebrata in quattro canti e letta poi in chiave messianica soprattutto dal cristianesimo (capitoli 42; 49; 50; 53). Gli ultimi capitoli del libro di Isaia (56-66), piuttosto vari ma segnati da pagine interessanti (56; 60; 61), sono attribuiti a un altro profeta (o più profeti) anonimo, che gli studiosi chiamano “Terzo Isaia” (o Trito-Isaia), vissuto durante la ricostruzione del Tempio di Gerusalemme e negli anni successivi (dal 520 a.C. in avanti).

Particolarmente caro alla tradizione cristiana, che ha considerato Isaia come un cardine nella speranza messianica (si pensi al “Libro dell’Emmanuele” dei capitoli 7-12 o ai citati canti del Servo di JHWH), Il testo di Isaia è stato rinvenuto in un’importante copia del I secolo a.C. su pergamena tra i manoscritti scoperti nel 1947 nelle grotte di Qumran, presso il Mar Morto, frutto dell’attività di una comunità giudaica vissuta in quel periodo, alle soglie del cristianesimo e oltre (il “monastero” di Qumran verrà distrutto dai Romani nel 72 d.C. 

Nota Finale

Isaia riceve la vocazione profetica intorno al 740 a.C., perciò vive durante il drammatico periodo in cui il regno settentrionale di Israele viene conquistato dagli Assiri, ai quali il regno meridionale di Giuda, minacciato della stessa sorte, versa già un pesante tributo. Questi avvenimenti storici, e altri sotto forma di profezie, sono presenti nel libro di Isaia, interpretati però in chiave teologica. Nella prima parte del libro si ammoniscono i peccatori di Giuda e di Israele, predicendo che Dio punirà la loro infedeltà per mano degli Assiri, ma si profetizza anche l’avvento del regno glorioso del principe della pace, l’Emmanuele, una figura dai contorni messianici. Le altre due parti del libro, chiamate il “Secondo Isaia” e il “Terzo Isaia”, sono un’aggiunta posteriore. In esse si esalta la misericordia di Dio, che perdonerà le colpe di Giuda e di Israele. Si preannuncia, così, il ritorno degli esuli da Babilonia in seguito all’editto emanato da Ciro il Grande nel 538 a.C.

L’importante ruolo svolto da Isaia nelle vicende del suo paese ne fa un eroe nazionale, ma il profeta è anche un poeta geniale, la cui opera occupa un posto preminente nella letteratura biblica per lo splendore dello stile e la freschezza delle immagini. Alcune pagine come il cantico di Sion, il carme della vigna, gli inni messianici in onore dell’Emmanuele e gli oracoli contro le grandi potenze sono dei veri e propri capolavori letterari e teologici.   




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