Chiamate dalla tradizione ebraica “Tehillim”, cioè «lodi», e da quella greca e cristiana “Psalmoi”, cioè
«inni da cantare con musica», le centocinquanta preghiere poetiche del libro
dei Salmi sono espressione del culto d’Israele. Composti in epoche differenti a
partire dalla monarchia davidica (X-VI secolo a.C.) fino alla rivolta dei Maccabei (II secolo a.C.), nati dalla liturgia o dalla pietà personale, i Salmi sono
divenuti nei secoli successivi all’esilio babilonese il libro della preghiera
del tempio ricostruito. Posto idealmente dalla tradizione sotto il patronato di
Davide (ma già gli antichi titoli apposti ai vari Salmi riconoscono diverse
paternità), il Salterio riflette in realtà temi, stili, situazioni molto
differenti, prima di essere unificato e spesso riletto in chiave di speranza messianica.
Da tempo gli studiosi hanno
classificato le varie composizioni salmiche secondo diversi modelli chiamati
“generi letterari”. Si incontrano, così, suppliche o lamentazioni che
presentano a Dio una sofferenza personale o un dramma nazionale, chiedendo
conforto e liberazione. Ci sono, poi, inni che celebrano il creatore nelle
opere meravigliose della natura o che esaltano Gerusalemme, sede del tempio, o
che esprimono l’adesione al regno del Signore, che governa la storia e
l’universo. Altri testi sono ringraziamenti rivolti a Dio per i benefici
ottenuti, oppure sono preghiere di fiducia purissima nella sua bontà e nel suo
amore.
Alcuni sono canti in
onore del re ebraico discendente di Davide, divenuti poi celebrazione della
speranza nel Messia. Altre pagine sono “sapienziali”, sono cioè meditazioni
sulla storia della salvezza o sulla vita quotidiana retta dalla parola di Dio.
Tutta l’esistenza viene presentata a Dio perché la illumini: la felicità e le
lacrime, le sconfitte e i successi, la società e la famiglia, la vita e la
morte, il cielo e la terra diventano nei Salmi materia di lode e di
implorazione.
La tradizione giudaica ha
diviso il Salterio in cinque libri (Salmi 1-41; 42-72; 73-89; 90-106;107-150),
quasi a creare una risposta orante ai cinque libri della Torah, la parola di
Dio per eccellenza. La tradizione cristiana ha assunto i Salmi nella sua
preghiera liturgica. È per questo che la versione del Salterio di questo libro
non è del tutto nuova come negli altri libri biblici, ma è quella usata dalla
liturgia attuale, cioè la traduzione della Conferenza episcopale italiana.
Nota Finale
Già
diversi secoli prima di Cristo, il libro dei Salmi, o Salterio, era la
raccolta di inni usata nella liturgia e nella preghiera personale dai Giudei –
e in seguito dalla Cristianità – a causa della profonda spiritualità e bellezza
di queste liriche, che costituiscono un tesoro impareggiabile per la devozione
pubblica e privata. Il titolo originale ebraico della raccolta significa “Libro
delle Lodi”, ed effettivamente parte dei Salmi sono di lode; tuttavia ve ne
sono numerosi altri che appartengono a generi molto diversi: si va da quelli di
supplica e penitenza a quelli di fiducia, da quelli di ringraziamento a quelli
a contenuto didattico e ad altri che sembrano essere stati composti per
particolari occasioni, come un’incoronazione o nozze regali. Alcuni Salmi
vengono considerati messianici perché citati in questa luce dagli scrittori
neotestamentari e perché ricchi di una tensione particolare che trascende il
semplice orizzonte della dinastia davidica e conduce verso più gloriosi
orizzonti di giustizia e di pace. Divisi dalla tradizione giudaica in cinque
libri, i singoli Salmi sono di secoli e di autori diversi, e molti vengono
attribuiti al re Davide. La maggior parte di essi ha assunto la forma attuale
durante l’epoca del secondo tempio, vale a dire tra il 500 e il 100 a.C.
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