Libro particolarmente caro al giudaismo che l’ha inserito tra le “Meghillot”,
cioè tra i cinque “Rotoli” biblici letti in alcune feste liturgiche (Ester è
proclamato nella festa di Purim, e vedremo subito la ragione), questo scritto è
giunto a noi in ebraico e in una versione greca, che è più estesa
dell’originale ebraico a noi noto. L’opera ha come sfondo la corte persiana,
che l’autore dimostra di conoscere nei suoi cerimoniali, mentre le coordinate
storiche sono fittizie e ci riportano al tempo di Assuero-Serse (morto nel 465
a.C.). Si tratta probabilmente di uno scritto sorto nella diaspora orientale
degli Ebrei, ma in epoca più recente (forse il II secolo a.C.).
L’eroina Ester,
porta un nome pagano, da ricondurre alla dea Ishtar, la Venere orientale, o a
un vocabolo persiano che significa “stella”; il co-protagonista, lo zio
Mardocheo, evoca nel nome il dio Marduk della religione babilonese. Ma la
funzione di entrambi è quella di essere strumenti di salvezza nei confronti
degli Ebrei, sottoposti a persecuzione e al rischio della stessa eliminazione
come popolo, a causa dell’ostilità di un ministro del re di Persia, Aman.
L’editto reale di
sterminio degli Ebrei, affidato a una data decisa dalle “sorti” (purim), è alla
fine cancellato per intercessione di Ester, la bellissima ebrea che Assuero
aveva posto al vertice del suo harem, scalzandovi Vasti, la prima moglie. La
finale del libro è appunto dedicata alla celebrazione della festa di Purim,
nome derivante dalle “sorti” a cui si faceva riferimento; essa sarà una
solennità gioiosa, che nel giudaismo posteriore acquisterà progressivamente i
connotati di un carnevale, pur non perdendo la sua matrice religiosa.
Il libro esalta la tesi cara alla Bibbia del ribaltamento dei
destini: l’empio, che sembra avere successo e trionfi, verrà umiliato e subirà
la punizione che egli aveva destinato ai giusti, mentre le vittime assurgeranno
alla gloria. Tutto questo rivela l’azione decisiva di Dio all’interno della
storia degli uomini. L’opera si trasforma, così, sulla scia della vicenda
dell’esodo dall’Egitto, in un appello alla fiducia nel Signore, salvatore del
suo popolo, e alla speranza, anche quando le vicende sono drammatiche e
apparentemente senza sbocco.
Nota Finale
Durante il regno del re
persiano Assuero (cioè Serse I, 485-465 a.C), il gran visir Aman, feroce nemico degli Ebrei, tenta di
organizzare il loro massacro con l’approvazione del re. L’umile orfana giudea
Ester, diventata regina, viene a conoscenza del malvagio progetto e riesce,
correndo gravi rischi, a capovolgere la situazione a danno del cospiratore. Per
quanto alcune notizie storiche possano dare un certo fondamento alla vicenda,
il libro di Ester ha le caratteristiche di un racconto a scopo edificante: la
tesi fondamentale è quella della liberazione ottenuta per mezzo di una donna
perché, come afferma l’apostolo Paolo, Dio confonde i potenti attraverso i
poveri e i deboli.
Il libro non menziona esplicitamente aspetti specifici della
religione ebraica, e il probabile motivo della sua inclusione nel canone
dell’Antico Testamento sta nel fatto che descrive l’istituzione dei Purim
(letteralmente “delle sorti”), una festa annuale ricca di aspetti gioiosi,
celebrata ancor oggi dagli Ebrei. Nulla si sa del nome dell’autore o dell’epoca
di compilazione del libro. Il Nuovo Testamento non lo menziona e non ne sono
stati trovati frammenti nei manoscritti biblici scoperti a Qumran.
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