I libri delle Cronache (in ebraico letteralmente si ha l’espressione “Atti [o “parole”] dei
giorni”) ci riproporranno una serie di vicende che ormai conosciamo attraverso
la lettura già compiuta sui libri di Samuele e dei Re. In realtà, non siamo in
presenza di una pura e semplice riedizione di quanto aveva scritto la
Tradizione Deuteronomistica, che, come sappiamo, era alla base di Samuele-Re.
All’origine delle Cronache, infatti, c’è la Tradizione Sacerdotale, sorta
durante l’esilio di Babilonia (VI
secolo a.C.): essa non aveva solo
codificato la sostanza della legge dell’Israele biblico rientrato nella terra
promessa, ma si era votata anche a un progetto storico che disegnasse tutta la
vicenda d’Israele.
Lo scopo di questa ricostruzione non era strettamente storico, ma religioso. È così che la
selezione e l’elaborazione dei dati sono libere e finalizzate a esaltare soprattutto
il tempio e il culto di Gerusalemme, come cuore della fede e dell’esistenza
dell’Israele post-esilico. La figura di Davide domina il primo libro delle
Cronache ed è preceduta da una lunga serie di liste genealogiche che risalgono
fino ad Adamo, così da inserire il re nel piano generale della salvezza divina.
L’opera di Davide è ridotta dal Cronista quasi esclusivamente alla
progettazione del tempio e del culto gerosolimitano in tutte le sue forme.
Sarà suo figlio Salomone a «costruire una casa per il nome del Signore», e il racconto della sua
impresa occupa i primi otto capitoli del secondo libro delle Cronache. Nel
resto dell’opera si concentra tutta la storia del regno di Giuda fino
all’esilio babilonese e alla speranza segnata dall’editto di Ciro (538 a.C.),
che permetteva agli Ebrei di rientrare a Gerusalemme. Del tutto ignorata è,
invece, la vicenda del regno separatista settentrionale di Israele.
Siamo, quindi, di fronte a una storia “sacra”, dominata dalla presenza del
Signore nel tempio, emblema di fiducia per quegli Ebrei che nel IV secolo a.C. (tempo probabile di composizione delle Cronache) vivevano con
difficoltà nella loro terra. La storia è, quindi, interpretata alla luce della
fede.
Note Finali
«Primo libro delle Cronache». I due libri delle Cronache, che in origine formavano un’unica opera,
trattano lo stesso periodo di storia considerato da Re. Gli ignoti autori,
però, che scrivono nel IV o III sec. a.C., dopo il
ritorno dall’esilio di Babilonia, elaborano e modificano le fonti storiche per
adattarle alla situazione del proprio tempo e a un preciso disegno teologico:
rafforzare la debole comunità ebraica, rinnovando la coscienza di una identità nazionale
e la fede tradizionale nell’unico Dio d’Israele. Feroce, perciò, è la condanna
dell’idolatria, mentre grande risalto viene dato al culto legittimo nel tempio
di Gerusalemme. Il primo libro delle Cronache è incentrato sulla figura di
Davide – re messianico e simbolo della perenne alleanza con Dio – di cui viene
esaltata la grandezza trascurandone le colpe. Particolare attenzione è dedicata
ai preparativi intrapresi da Davide per la costruzione del tempio e ai riti che
vi si dovranno celebrare. Questo interesse per il tempio e per il culto fa
pensare che gli autori delle Cronache appartenessero alla classe
sacerdotale.
«Secondo libro delle Cronache». Il libro si apre con la descrizione
della grandezza di Salomone, figlio di Davide, sottolineandone lo zelo nella
costruzione del tempio, e prosegue con la narrazione degli eventi che portano
alla divisione del regno. Tuttavia in 2Cronache il regno settentrionale di
Israele viene quasi completamente ignorato, e questo perché le tribù del nord,
avendo abbandonato il vero Dio, non rappresentano più il popolo del Signore.
Gli abitanti del regno meridionale di Giuda, invece, che pure ricadono
periodicamente nell’idolatria, rimangono il popolo eletto anche quando vengono
condotti in esilio. Gli ignoti autori delle Cronache ribadiscono la tesi del
Deuteronomio secondo cui la rovina della nazione è conseguenza del suo peccato,
mentre la fedeltà alla legge dei padri porta la benedizione di Dio. A
conclusione del libro è riportato l’editto del re persiano Ciro, che permette
ai Giudei esuli di fare ritorno in patria.
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