Continuazione ideale di quelli di Samuele, i due libri dei Re descrivono la
vicenda del popolo ebraico dal X al VI secolo a.C. Si parte con
la difficile successione a Davide che vede, però, l’imporsi della grande figura
di Salomone e si approda alla tragica data del 586 a.C., allorché Gerusalemme e
il suo tempio vengono distrutti dai Babilonesi e gli Israeliti sono condotti in
esilio a Babilonia. All’interno di questi due estremi si dipana un filo molto
ampio di eventi storici interrotti da alcune “oasi” narrative di particolare
bellezza e respiro.
Gli eventi hanno una loro radice, non certo positiva, nella netta frattura che si consuma
alla morte di Salomone. Le mai sopite tensioni tribali e l’inettitudine del
successore Roboamo fanno sì che si giunga a uno scisma che dà origine a «due
regni» spesso in lotta tra loro, quello settentrionale (chiamato “regno
d’Israele” e avente più tardi per capitale Samaria) e quello meridionale, il
“regno di Giuda”, centrato su Gerusalemme, sull’omonima tribù e sulla dinastia
davidica.
L’autore biblico –
che, come si è detto per i libri di Samuele, appartiene all’ambito religioso
che ha prodotto il Deuteronomio e che perciò è definito come “deuteronomista” –
per ricostruire queste vicende attinge a materiali d’archivio e a memorie
storiche, usa schemi fissi nel delineare i vari sovrani che salgono sui due
troni d’Israele e di Giuda, ma soprattutto seleziona, ordina e interpreta gli
eventi in chiave religiosa. La promessa divina alla dinastia davidica, la
fedeltà alla purezza della fede biblica, la lotta all’idolatria sono i cardini
della sua interpretazione.
È inevitabile che il giudizio sia spesso duro nei confronti dei vari re, in particolare di quelli del
regno settentrionale, più inclini al compromesso religioso ed esclusi dalla
promessa fatta a Davide e ai suoi discendenti. I due libri contengono poi al loro interno, come sopra si diceva, alcune “oasi” narrative. Si tratta di vere e
proprie “agiografie”, cioè biografie esemplari, vivaci e appassionate di
profeti santi come Elia ed Eliseo, le cui vicende sono descritte talora con il
genere dei “Fioretti” (I “Fioretti” sono
un genere letterario piuttosto diffuso nell'agiografia
medievale. Il titolo richiama appunto una raccolta di piccoli fiori, ovvero
degli episodi più belli e significativi della vita di un santo o di profeti; o
forse di quelli che più di altri son tali da suscitare la devozione nell'anima
di chi legge), altre volte con
la rappresentazione della libertà e della potenza della Parola di Dio che,
attraverso loro, si rivolge a Israele.
Note Finali
«Primo libro dei Re». I
due libri dei Re abbracciano gran parte del periodo storico in cui il popolo
ebraico è retto da una monarchia e, più precisamente, i quattro secoli che
vanno dalla morte di Davide (972 a.C. circa) alla distruzione di Gerusalemme
(586 a.C.) e alle deportazioni in massa a Babilonia. Si parte quindi dalla
cronaca di un regno solido e unito, che conosce splendori mai visti sotto
Salomone, ma che già alla sua morte si scinde nei due regni di Giuda e di
Israele. Il primo è retto dalla dinastia davidica e ha per capitale
Gerusalemme, mentre il secondo è travagliato da continui colpi di stato e dal IX sec. a.C. in avanti ha come capitale Samaria. È una storia di fasti e
decadenze, in cui le vicende dei due regni vengono trattate parallelamente
attingendo a fonti storiche, ma in cui la visione degli avvenimenti è
eminentemente religiosa. Ogni re è valutato sul metro della sua obbedienza al
volere divino: quando l’alleanza con Dio viene tradita, ciò si traduce in lutti
e rovine. Questo è il messaggio dell’anonimo autore dei Re, i cui due libri in
origine ne formavano uno solo, composto presumibilmente intorno al 600
a.C.
«Secondo libro dei Re». La crescente espansione degli Assiri,
prima, e dei Babilonesi, poi, porta al crollo finale dei regni di Israele e di
Giuda. Nel 721 a.C. Samaria è conquistata dal re assiro Sargon II e, dopo alterne vicende, anche il regno di Giuda viene sconfitto dal re
babilonese Nabucodonosor nel 586 a.C. Questo tracollo, nell’ottica religiosa
dell’autore, è causato dalle ripetute cadute del popolo ebraico e dei suoi
sovrani nel peccato di idolatria. Un giudizio positivo è riservato soltanto ai
pochi personaggi che si ergono a difesa della vera religione, come il profeta
Eliseo, che si oppone strenuamente ai culti cananei e fenici introdotti dalla
regina Gezabele, e il re di Giuda Giosia, che restaura il tempio di Gerusalemme
e attua una profonda riforma religiosa rinnovando l’alleanza con Dio. Il libro
si chiude con una nota di speranza quando il successore di Nabucodonosor libera
dal carcere l’ultimo re legittimo di Giuda, Ioiachin, preludendo a un futuro
migliore per il popolo di Dio in esilio.
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