Nell’XI “Massima Capitale”, Epicuro dice: «Se non ci turbasse la paura delle
cose celesti e della morte, nel timore che esse abbiano qualche importanza per
noi, e l’ignoranza dei limiti dei dolori e
dei desideri, non avremmo bisogno della scienza della natura». Questa “Massima” è altamente significativa
poiché radica il bisogno di sapere e la conoscenza della natura nella necessità
che l’uomo sente di liberarsi dal dolore e dalla paura. Tutto ciò è sufficiente
a delineare lo sfondo pratico della filosofia di Epicuro e, in questo senso, la
centralità del “problema etico” anche al fine della formazione del sapere
scientifico.
In base a quanto appena
detto, per Epicuro il sapere intanto sorge in quanto viene incontro ai
bisogni; per converso, viceversa, la pienezza della vita non può essere
disgiunta dalla sapienza e saggezza. Tutto ciò è icasticamente, realisticamente
formulato nella XII “Massima Capitale” dove si
legge: «Così non era possibile senza lo studio della natura avere pure gioie».
Questo motivo è ripreso subito dopo nella XIII “Massima
Capitale” in questa forma: «A niente giovava il procacciarsi sicurezza
dagli uomini finché rimanevano i sospetti e le paure per le cose del cielo e
dell’Ade e di ciò che avviene nell’universo».
Gli scopi espressi dall’XI “Massima” e
di seguito ripresi sono – come nota Domenico Pesce – fondamentalmente due: la
liberazione dal timore delle cose celesti e dal timore della morte, la
determinazione dei limiti dei dolori e dei piaceri. Questi scopi corrispondono
ad una partizione della scienza in “cosmologia” e “antropologia”. Le due
insieme costituiscono la fisica o «fisiologia». Si spiegano così i 37 libri del
trattato epicureo “Sulla natura” la
cui composizione richiese più di una dozzina d’anni e in cui la dottrina fisica
è esposta in tutti i suoi particolari.
Secondo
Diogene Laerzio (che incluse nell’ultimo libro, il X, delle sue “Vite dei filosofi”, le dottrine di Epicuro
e della sua scuola), il sistema di Epicuro si divide in «tre» parti: Canonica,
Fisica, Etica. Domenico Pesce ritiene tale tradizione inesatta, perché il
rifiuto della logica che Epicuro aveva operato e «lo spostamento della
gnoseologia dall’ambito psichico a quello fisico (…) finivano col togliere alla
“Canonica” ogni spazio autonomo». Al contrario, secondo Pesce, all’interno
della fisica, accanto alla “cosmologia” e all’ “antropologia” bisogna
annoverare una sezione preliminare classificabile come “ontologia”.
Nota finale
Continuatore
della teoria atomistica di Democrito, Epicuro pone al centro della sua
riflessione il “problema etico”. L’uomo deve ricercare il piacere, non come singole
sensazioni, ma come benessere di tutta la vita, e questo consiste nella
liberazione dal dolore e nella tranquillità dell’animo, raggiungibile
attraverso la soppressione dei desideri.
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