sabato 9 settembre 2017

EPICURO E LA CANONICA


Stando comunque alla tradizione, quella parte della filosofia epicurea che va sotto il nome di “Canonica” ha tale nome perché riguarda il canone, cioè la regola fondamentale o l’insieme di norme in base alle quali costruire l’intero sistema. Per questo la “Canonica” era chiamata dagli epicurei scienza degli elementi (Stoicheiotikón). Per Epicuro il criterio primo di verità era la “sensazione”. Infatti, come il piacere e il dolore costituiscono le prime affezioni in base a cui si determina il bene pratico, così per quanto attiene alla verità il fondamento primo è la “sensazione”. 

Sesto Empirico riassume la dottrina epicurea relativa alla rappresentazione in questi termini: «Per le rappresentazioni, che sono nostre passioni, quel che produce ciascuna di esse è sempre e completamente rappresentabile e non gli è possibile, essendo rappresentabile, non essere secondo verità tale quale si rappresenta, non essere cioè produttore di rappresentazione». In base a questa premessa, stando sempre alla redazione di Sesto, si deve concludere che: «è proprio della “sensazione” cogliere soltanto quel che è presente e la muove». 

Sotto questo aspetto, le rappresentazioni «sono tutte vere, mentre le opinioni non sono tutte vere, ma presentano certe differenze. Di esse infatti alcune sono vere altre false, giacché consistono in giudizi che noi portiamo sulle rappresentazioni ed alcune le giudichiamo rettamente ed altre invece malamente o per l’aggiungere e attribuire qualcosa in più alle rappresentazioni o per togliere qualcosa di esse e in generale per l’affermare falsamente sulla sensazione arazionale». 

È dunque il giudizio che è vero o falso; sempre vera è la “sensazione” che prescinde dall’enunciato razionale. La dottrina epicurea della “sensazione” prende avvio dall’oggettività del “páthos” o “affezione”: più precisamente dall’«immediatezza» dell’essere affetti. Nell’essere affetti, appare l’oggetto che è “simulacro”: tale apparizione si sdoppia tra l’oggetto in sé e l’immagine. Tuttavia l’immagine, in quanto attualità del percepire, è assolutamente consistente in se stessa e perciò non è possibile alcuna gerarchia tra le percezioni. Da tutto ciò consegue che il rapporto soggetto-simulacro si differenzia dal rapporto soggetto-oggetto. Infatti il primo per le ragioni su esposte è sempre vero, il secondo, poiché è un rapporto mediato dalla rappresentazione, è suscettibile del vero e del falso. 

Vero o falso è dunque il giudizio. Ma come si forma il giudizio? Diogene Laerzio, nella sua “Vita di Epicuro”, dice che «una opinione, o idea, o nozione universale» non è altro che «la memoria di ciò che si è spesso presentato alla nostra mente». Quest’idea generale è detta “prólepsis”, ossia “prenozione”, vale a dire quell’anticipazione entro cui si inquadra la nuova “sensazione” e che dà luogo al giudizio. La “prólepsis” non è altro che l’«apprensione» (Katálepsis) fissata nella memoria. Senza la prolessi non ci sarebbe giudizio, poiché mancherebbe la categoria generale per inquadrare il fenomeno, vale a dire la “sensazione” nella sua immediatezza. 

Le prolessi, stando a Diogene Laerzio, sono chiare ed evidenti. Da dove, allora, l’errore? Dalla previsione, che è poi una scorretta applicazione dell’anticipazione, o delle idee generali, alla “sensazione” o rappresentazione. L’errore, quindi, si ha quando l’idea generale è attivata in relazione ad un’immagine fisica deteriorata. In tal caso, bisogna saper attendere la conferma. Il testo di Diogene Laerzio in questo caso è chiaro: «chiamano l’opinione anche “presunzione” (hypólepsis) e dicono che può essere vera o falsa: se riceve conferma oppure non riceve attestazione contraria è vera; se invece non riceve conferma o riceve attestazione contraria è falsa. Da ciò fu introdotta l’espressione “ciò che attende conferma”; come per esempio l’attendere l’avvicinarsi della torre e apprendere come è da vicino». 

Attendere conferma, dunque. Questo è il criterio di verità o, quanto meno, il principio di limitazione dell’errore. La "sensazione" è immediata e arazionale: detto altrimenti la "sensazione" esibisce una sua verità indipendentemente dal ragionamento. Essa è così come si dà. Per altro verso le prolessi sono chiare. Per evitare l’errore bisogna il più possibile accettare l’immediatezza della "sensazione" evitando la presunzione, ossia una scorretta applicazione delle “anticipazioni” sulle “rappresentazioni”. 

Il saper attendere è una sorta di sospensione del giudizio (epoché) in vista dell’accertamento della corrispondenza tra idee generali e fatti: una forma di controllo empirico. Centrale in tutto ciò è la “dottrina del simulacro”. Epicuro accoglie la dottrina di Democrito secondo la quale le «immagini mantenendo l’immagine dei corpi da cui provengono colpiscono gli occhi di chi vede e così nasce il vedere». Questo principio vale con diversa modificazione per tutti i sensi. La formazione del simulacro avviene grazie ad una forma di impressione dell’oggetto sul senziente e alla relativa proporzione tra i due. 
           

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