sabato 18 giugno 2016

LA FILOSOFIA ANTICA TRA ORIENTE E OCCIDENTE


Una tradizione che risale alla scuola giudaica di Alessandria (I. sec. a.C.) sostiene che la filosofia greca sarebbe derivata dall’Oriente, anzi che i «cinque» principali indirizzi filosofici che per primi fecero la loro comparsa in Grecia sarebbero delle semplici variazioni delle culture dei «cinque» principali popoli orientali, e precisamente: il “Sistema Pitagorico” sarebbe derivato dalla sapienza cinese, il “Sistema Eleatico” dalla sapienza indiana, il “Sistema Eracliteo” dalla sapienza persiana, il “Sistema Empedocleo” dalla sapienza egiziana, la “Filosofia di Anassagora” dalla sapienza giudaica. 

Oggi questa tesi non ha più sostenitori e varie sono le ragioni adottate a favore dell’originalità greca della filosofia. Nell’epoca classica né gli storici, né i filosofi fanno il ben che minimo accenno ad una pretesa derivazione della filosofia dall’Oriente. 

Forse l’argomento più decisivo che toglie ogni dubbio circa una pretesa origine orientale della filosofia è quello che prende in considerazione i caratteri peculiari del pensiero greco. Scrive in proposito Nicola Abbagnano nella sua “Storia della filosofia” (Torino 1969): «L’osservazione decisiva che bisogna fare a proposito di questa tesi è che, se anche si presume (giacché prove in proposito non esistono) la derivazione orientale di alcune dottrine della Grecia antica, ciò non implica anche l’origine orientale della filosofia greca. 

La “Sapienza Orientale” è essenzialmente «religiosa»: essa è il patrimonio di una casta sacerdotale la cui sola preoccupazione è quella di difenderla e di tramandarla nella sua purezza. Il solo fondamento della “Sapienza Orientale” è la «tradizione». La filosofia greca, invece, è «ricerca». Essa nasce da un atto fondamentale di «libertà» di fronte alla «tradizione», al costume e ad ogni credenza accettata come tale. 

Il suo fondamento è che l’uomo non «possiede» la sapienza ma deve «cercarla»: essa non è «sofia», ma «filosofia», amore della sapienza, indagine diretta a rintracciare la «verità» al di là delle consuetudini, delle tradizioni e delle apparenze. Con ciò il problema stesso del rapporto tra filosofia greca e cultura orientale perde molta della sua importanza. 

Si può ammettere come possibile e anche verosimile che il popolo greco abbia desunto dai popoli orientali, coi quali intratteneva da secoli rapporti e scambi commerciali, nozioni e ritrovati che quei popoli conservavano nella loro tradizione religiosa o avevano scoperto per le necessità della vita. Ma ciò non toglie che la filosofia, e in generale la ricerca scientifica, presso i Greci  si manifesta con caratteri originali, che ne fanno un fenomeno unico nel mondo antico e l’antecedente storico della civiltà occidentale di cui essa costituisce ancora una delle componenti fondamentali. 

In primo luogo, difatti, la filosofia non è in Grecia, come in Oriente, il patrimonio o il privilegio di una casta privilegiata. Ogni uomo, secondo i Greci, può filosofare perché l’uomo è «animale ragionevole» e la sua ragionevolezza significa la possibilità di cercare in modo autonomo la «verità». 

Le parole con cui si inizia la «Metafisica» di Aristotele: «Tutti gli uomini "tendono" per natura al sapere, esprimono bene questo concetto giacché “tendono” vuol dire che non solo lo desiderano, ma possono conseguirlo. In secondo luogo, e come conseguenza di ciò, la filosofia greca è “indagine razionale” cioè autonoma, che non si appoggia a una “verità” già manifesta o rivelata, ma soltanto alla forza della “ragione” e in questa riconosce la sua unica guida. Il suo termine polemico è abitualmente l’opinione corrente, la tradizione, il mito, al di là dei quali essa cerca di procedere; e anche quando perviene ad una conferma della tradizione questa conferma deriva il suo valore unicamente dalla forza razionale del discorso filosofico».    

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