Una tradizione che risale alla scuola
giudaica di Alessandria (I. sec. a.C.) sostiene che la filosofia greca sarebbe
derivata dall’Oriente, anzi che i «cinque» principali indirizzi filosofici che
per primi fecero la loro comparsa in Grecia sarebbero delle semplici variazioni
delle culture dei «cinque» principali popoli orientali, e precisamente: il “Sistema Pitagorico” sarebbe derivato
dalla sapienza cinese, il “Sistema
Eleatico” dalla sapienza indiana, il “Sistema
Eracliteo” dalla sapienza persiana, il “Sistema
Empedocleo” dalla sapienza egiziana, la “Filosofia di Anassagora” dalla sapienza giudaica.
Oggi questa tesi non ha più
sostenitori e varie sono le ragioni adottate a favore dell’originalità greca
della filosofia. Nell’epoca classica né gli storici, né i filosofi fanno il ben
che minimo accenno ad una pretesa derivazione della filosofia dall’Oriente.
Forse l’argomento più decisivo
che toglie ogni dubbio circa una pretesa origine orientale della filosofia è
quello che prende in considerazione i caratteri peculiari del pensiero greco.
Scrive in proposito Nicola Abbagnano nella sua “Storia della filosofia” (Torino 1969): «L’osservazione decisiva che
bisogna fare a proposito di questa tesi è che, se anche si presume (giacché
prove in proposito non esistono) la derivazione orientale di alcune dottrine
della Grecia antica, ciò non implica anche l’origine orientale della filosofia
greca.
La “Sapienza Orientale”
è essenzialmente «religiosa»: essa è
il patrimonio di una casta sacerdotale la cui sola preoccupazione è quella di
difenderla e di tramandarla nella sua purezza. Il solo fondamento della
“Sapienza Orientale” è la «tradizione».
La filosofia greca, invece, è «ricerca».
Essa nasce da un atto fondamentale di «libertà»
di fronte alla «tradizione», al
costume e ad ogni credenza accettata come tale.
Il suo fondamento è che l’uomo non «possiede» la sapienza ma deve «cercarla»:
essa non è «sofia», ma «filosofia», amore della sapienza,
indagine diretta a rintracciare la «verità»
al di là delle consuetudini, delle tradizioni e delle apparenze. Con ciò il
problema stesso del rapporto tra filosofia greca e cultura orientale perde
molta della sua importanza.
Si può
ammettere come possibile e anche verosimile che il popolo greco abbia
desunto dai popoli orientali, coi quali intratteneva da secoli rapporti e
scambi commerciali, nozioni e ritrovati che quei popoli conservavano nella loro
tradizione religiosa o avevano scoperto per le necessità della vita. Ma ciò non
toglie che la filosofia, e in generale la ricerca scientifica, presso i
Greci si manifesta con caratteri
originali, che ne fanno un fenomeno unico nel mondo antico e l’antecedente
storico della civiltà occidentale di cui essa costituisce ancora una delle
componenti fondamentali.
In primo
luogo, difatti, la filosofia non è in Grecia, come in Oriente, il
patrimonio o il privilegio di una casta privilegiata. Ogni uomo, secondo i
Greci, può filosofare perché l’uomo è «animale
ragionevole» e la sua ragionevolezza significa la possibilità di cercare in
modo autonomo la «verità».
Le parole
con cui si inizia la «Metafisica» di
Aristotele: «Tutti gli uomini "tendono" per
natura al sapere, esprimono bene questo concetto giacché “tendono” vuol dire
che non solo lo desiderano, ma possono conseguirlo. In secondo luogo, e come conseguenza di ciò, la filosofia
greca è “indagine razionale” cioè autonoma, che non si appoggia a una “verità”
già manifesta o rivelata, ma soltanto alla forza della “ragione” e in questa
riconosce la sua unica guida. Il suo termine polemico è abitualmente l’opinione
corrente, la tradizione, il mito, al di là dei quali essa cerca di procedere; e
anche quando perviene ad una conferma della tradizione questa conferma deriva
il suo valore unicamente dalla forza razionale del discorso filosofico».
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