Quattro virtù
hanno funzione di «Cardine». Per questo sono dette «Cardinali»; tutte le altre si raggruppano
attorno ad esse. Sono: la prudenza, la giustizia, la fortezza e la temperanza. «Se uno ama la
giustizia, le virtù sono il frutto delle sue fatiche. Essa insegna infatti la
temperanza e la prudenza, la giustizia e la fortezza» (Sap 8,7). Sotto altri nomi, queste
virtù sono lodate in molti passi della Scrittura.
La «Prudenza» è
la virtù che dispone la ragione pratica a discernere in ogni circostanza il
nostro vero bene e a scegliere i mezzi adeguati per compierlo. L'uomo «accorto controlla i suoi passi» (Prv 14,15). «Siate moderati e sobri per dedicarvi alla preghiera» (1 Pt 4,7).
La «Prudenza» è la «retta norma dell'azione», scrive San
Tommaso sulla scia di Aristotele. Essa non si confonde con la timidezza o
la paura, né con la doppiezza o la dissimulazione. È detta «auriga
virtutum – cocchiere delle virtù »: essa dirige le altre virtù
indicando loro regola e misura. È la «Prudenza» che guida immediatamente il
giudizio di coscienza. L'uomo prudente decide e ordina la propria condotta
seguendo questo giudizio. Grazie alla virtù della «Prudenza» applichiamo i principi morali ai
casi particolari senza sbagliare e superiamo i dubbi sul bene da compiere e sul
male da evitare.
La «Giustizia» è la virtù
morale che consiste nella costante e ferma volontà di dare a Dio e al prossimo
ciò che è loro dovuto. La «Giustizia» verso Dio è chiamata «virtù di religione». La «Giustizia»
verso gli uomini dispone a rispettare i diritti di ciascuno e a stabilire nelle
relazioni umane l'armonia che promuove l'equità nei confronti delle persone e
del “bene comune”. L'uomo giusto, di cui spesso si fa parola nei Libri Sacri,
si distingue per l'abituale dirittura dei propri pensieri e per la rettitudine
della propria condotta verso il prossimo. «Non tratterai con parzialità il povero, né userai preferenze verso il
potente; ma giudicherai il tuo prossimo con giustizia» (Lv 19,15). «Voi, padroni, date ai vostri servi ciò che è giusto ed equo, sapendo che
anche voi avete un padrone in cielo»
(Col 4,1).
La «Fortezza» è la virtù
morale che, nelle difficoltà, assicura la fermezza e la costanza nella ricerca
del bene. Essa rafforza la decisione di resistere alle tentazioni e di superare
gli ostacoli nella vita morale. La virtù della «Fortezza» rende capaci di vincere la paura,
perfino della morte, e di affrontare la prova e le persecuzioni. Dà il coraggio
di giungere fino alla rinuncia e al sacrificio della propria vita per difendere
una giusta causa. «Mia forza e mio canto
è il Signore» (Sal 118,14). «Voi avrete tribolazione nel mondo, ma abbiate fiducia;
io ho vinto il mondo» (Gv 16,33).
La «Temperanza» è la virtù
morale che modera l'attrattiva dei piaceri e rende capaci di equilibrio
nell'uso dei beni creati. Essa assicura il dominio della volontà sugli istinti
e mantiene i desideri entro i limiti dell'onestà. La persona temperante orienta
al bene i propri appetiti sensibili, conserva una sana discrezione, e non segue
il proprio istinto e la propria forza assecondando i desideri del proprio
cuore. La «Temperanza» è spesso lodata nell'Antico Testamento: «Non seguire le passioni; poni un freno ai tuoi desideri» (Sir 18,30). Nel Nuovo Testamento è
chiamata «moderazione» o «sobrietà». Noi dobbiamo «vivere con sobrietà, giustizia e pietà in questo mondo» (Tt 2,12). Vivere bene altro non è che
amare Dio con tutto il proprio cuore, con tutta la propria anima, e con tutto
il proprio agire. Gli si dà (con la Temperanza) un amore totale che nessuna sventura può far
vacillare (e questo mette in evidenza la Fortezza), un amore che obbedisce a lui solo (e questa è la Giustizia), che vigila al fine di discernere ogni cosa, nel
timore di lasciarsi sorprendere dall'astuzia e dalla menzogna (e questa è la Prudenza).
Nessun commento:
Posta un commento