La Filosofia di Emmanuel Lévinas , corretto interprete
della tradizione ebraica, è incentrata sul problema dell' «Etica» della quale
ha elaborato i «princìpi primi»
per aprirla alla Metafisica. L'«Etica» equivale alla Metafisica, perché l'unica
Filosofia possibile, l'unica possibile conoscenza, è quella dei «princìpi primi» dell'agire morale. La
Bibbia e la Filosofia sono in accordo, anche se la vera Filosofia è quella che
distrugge tutti i miti costruiti dall'uomo. Il compito della Filosofia è
pensare (secondo un'espressione desunta da Barth) al «Totalmente Altro»
dall'Essere e dal Logos che sono le categorie di una comprensione riduttiva e
fallace del reale. Lévinas ha una diversa prospettiva dell'alterità radicale.
La sua Filosofia nasce dallo «stupore
del silenzio di Dio» verso le tragedie. Pensare è ascoltare la Parola dell'«infinito»
che è udibile dal volto dell'altro nella cui nudità e povertà risplende la
traccia di Dio. Ciò è possibile solo nel rispetto della sua alterità, della sua
solitudine, del suo mistero e della sua persona: è questo il principio primo
dell'«Etica» che, in questo ambito, diventa Metafisica: se non violo con le mie
categorie onnicomprensive il mistero dell'altro, cioè se non lo riduco ad
un'essenza pre-determinata e pre-giudicata, arrivo ad un tipo di conoscenza che
è reale perché è traccia dell'«infinito». L'alterità è totalmente estranea
all'ego (frattura tra sé e l'altro) e, pertanto, la mia esperienza non sarà mai
paragonabile a quella di un altro, io non posso vivere il dolore, la gioia e
altre esperienze limite di un altro.
Per
il filosofo lituano l'«Etica» costituisce la possibilità di uscita
dalla conoscenza come comprensione dell'altro che viene generalmente assimilato
a sé ed espropriato della sua alterità e diversità. L'altro, per essere tale,
non può essere ricondotto né alla conoscenza che io ne ho (che è sempre
un'interpretazione parziale), né all'amore che parte da me e intende
abbracciarlo. Lévinas vede nell'«eros» "uno dei simboli massimi dell'alterità", «eros» non è possesso, ma mistero che implica la presenza dell'infinito.
Per Lévinas
la «Fede» in Dio e' propriamente il «Desiderio» dell' «Assolutamente Altro»,
cioè dell' «Infinito». Tale «Desiderio» sta al fondo di tutto ciò che l'uomo
può essere e pensare. Il presupposto, da cui si sviluppa tutto il ricco e
suggestivo discorso di Lévinas, e' che il «Desiderio» dell' «Assolutamente
Altro» sia «Suscitato dal Desiderabile» e dunque non sia una velleità vana e
senza senso. Si tratta del presupposto che l' «Idea dell' Infinito» sia
prodotta non dal «Nulla», ma dall' «Infinito» stesso e dunque non sia un'
illusione. Cartesio aveva pensato a fondo questo teorema. Lévinas ha creduto di
poterlo ereditare e riattivare. Dio, come «Infinito» e «Trascendenza Assoluta», sta «Al di là» di tutto
ciò che appartiene all' «Essere». Trascende quella totalità dell' «Essere» in cui sin dall'inizio il pensiero filosofico ha imprigionato e
soffocato ogni libertà, innovazione e individualità dell'esistenza
(Distinzione tra «infinito e totalità»). L' «Essere» e', per Lévinas, la
dimensione della «Presenza senza Divenire».
Da Plotino incomincia quel modo di intendere l' «Al di là»
dell' «Essere», di cui parla Platone, ma che in Platone ha un significato
diverso da quello che Neoplatonismo e Teologia negativa gli hanno attribuito.
Per Lévinas la Filosofia della «Totalità dell' Essere» ha la sua massima
espressione nell'Idealismo. Ma l'Idealismo e' una delle maggiori affermazioni
ed esaltazioni del divenire dell' «Essere». Si può comprendere allora che «Senso»
abbia, per Lévinas, identificare l' «Essere» e la «Presenza senza Divenire».
Egli pensa quello che viene pensato da tutta la Filosofia contemporanea. Per
quest' ultima, la Filosofia tradizionale sa molto bene che l' «Essere» del
mondo e' «Divenire»; ma essa avvolge il «Divenire» del mondo all'interno di un «Senso»,
di un «Ordinamento Immutabile e Divino» che finisce con l' ostacolare e
soffocare il «Divenire» , ossia ciò che si vorrebbe rendere comprensibile e
vivibile. (Vedi Post Marzo 2014 Il Divenire evidenza suprema e Maggio 2014 la Fede nel Divenire)
L' Eterno della tradizione,
che dovrebbe salvare il «Divenire» (e dal Divenire) del mondo, imprigiona il «Divenire»
in una Totalità che lo uccide. Ogni violenza e' figlia di questa originaria
violenza della tradizione filosofica. Ogni «Totalitarismo» e' figlio legittimo
di questa «Totalità». Per il pensiero contemporaneo, questo soffocamento del «Divenire»,
perpetrato nelle regioni astratte del pensiero filosofico, e' l' anima stessa,
la stessa prefigurazione di ogni successiva violenza e intolleranza
totalitaria. Lévinas appartiene a questo atteggiamento tipico del pensiero
contemporaneo. Che però e' pensiero essenzialmente «Ateo». Lévinas crede invece
che l'ateismo sia soltanto un punto di passaggio che deve essere oltrepassato
dal «Desiderio» dell' «Assolutamente Altro».
La forza del Desiderio rompe il cerchio della «Totalità»
dell' «Essere», dove ogni viaggio e' sempre, come quello di Ulisse, un ritorno
a Itaca, un ritorno al medesimo, cioè alla soffocante eliminazione della diversità
e dell' Altro. «Nessun viaggio, nessun cambiamento di clima o di sfondo , così
egli scrive nella sua opera maggiore, Totalità e Infinito , sarebbero in grado
di soddisfare il desiderio». Dio e' «Assolutamente scomparso, Assolutamente
passato». E un misterioso viandante che ha voluto cancellare le proprie
«tracce».
Ma questo Dio che
si sottrae completamente all' «Essere» finisce con l' assomigliare troppo al «Nulla»:
non al «Nulla» ricco e promettente del neoplatonismo, del misticismo e della
teologia negativa, ma al «Nulla» che e' proprio «Nulla», al «Nulla» «Nullo e Assoluto»,
che ormai, per il pensiero filosofico del nostro tempo, e' l' approdo più
qualificato del «Divenire», ossia del portarsi «Al di là dell' Essere».
Contrariamente alle proprie intenzioni, il Desiderio di Dio finisce con l'
essere desiderio del «Nulla».
Nessun commento:
Posta un commento